Il titolo, "Laudato si’, mi Signore"

Enciclica, il giallo de L'Espresso non dice una cosa: è commovente

Enciclica, il giallo de L'Espresso non dice una cosa: è commovente
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Il settimanale L’Espresso ha pubblicato quella che viene definita una bozza della Lettera Enciclica di papa Francesco che verrà presentata ufficialmente giovedì 18 giugno, dopodomani. L’abbiamo letta e - forse non sono cose che si possano dire in rete - ci siamo commossi fino alle lacrime. I giornali hanno già parlato di giallo dell’enciclica, perché questa bozza sarebbe stata fatta uscire prima del testo definitivo per indebolirne il messaggio mediante qualche dibattito improvvido e, di conseguenza, per ferire l’autorità del Papa.

Ma c’è poco da ferire o da indebolire: è una lettera bellissima, che riassume anche formalmente - sono tantissime le citazioni dei papi precedenti e dei documenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo - il cammino compiuto della Chiesa negli ultimi decenni. Diversamente da tutte le precedenti è rivolta al mondo intero e non solo ai cristiani; si esprime in un linguaggio di una semplicità esemplare; non inizia con una frase in latino ma col primo verso di una poesia in volgare italiano: Laudato si’, mi Signore, di Francesco d’Assisi.

Ci siamo commossi perché vi abbiamo ritrovato, riproposto alla luce degli eventi più recenti, quanto di inascoltato - soprattutto dai fedeli - i grandi del nostro tempo hanno tentato di proporre alla considerazione del mondo. Le loro parole risorgono, a distanza di anni, nella veste di straziate profezie, di grida disattese che hanno tentato, senza successo, di contrastare la sbadataggine con cui procedono le vittime designate di una volontà di potenza impazzita e diffusa.

Papa Francesco vi appare, più che come un geniale innovatore, un fedele e attento figlio del magistero della Chiesa che è stato chiamato a guidare. Un innamorato della grandezza e della bellezza che il Signore ha voluto spargere a larghe mani nel mondo come nel cuore degli uomini.

La lettera è molto lunga e ci sarà modo di tornarci sopra. Un particolare almeno vogliamo però regalarlo da subito: il ricordo che il Papa dedica alla raccomandazione di san Francesco di riservare sempre, nell’orto del convento come in qualsiasi altro, uno spazio alla germinazione spontanea, al non programmato né programmabile. Non è solo un omaggio alla biodiversità. È la metafora viva (anche Paul Ricoeur è tra i grandi ricordati nell’enciclica, assieme a Romano Guardini e altri) dell’atteggiamento che si vorrebbe raccomandare al mondo e alla forma con cui dovrebbe esercitarsi la libertà e il potere di ciascuno.

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