Esam, il "padre" della Monterosso per cui tanti si stanno battendo

Il presidio è tutti i giorni dalle 12 alle 14 davanti al Don Orione. Lì si radunano i dipendenti della cooperativa Monterosso per protestare contro la decisione della direzione del Centro di avvalersi, senza alcuna spiegazione, di un’altra cooperativa, la Quadrifoglio di Pinerolo, dopo trentun anni di onorato servizio. Nessuno di loro perderà il posto, ma i duecento soci della Monterosso non ci stanno a essere trattati come pura forza lavoro. Per loro la cooperativa di cui hanno sempre fatto parte è una famiglia e il suo presidente, Abd El Monim Mohamed Esam, o semplicemente Esam, è un “padre” che intendono difendere a tutti i costi. Hanno scritto perfino a Papa Francesco per dirgli il loro dispiacere. Esam è un egiziano di 61 anni, in Italia dalla fine del ‘79. Laureato in Economia e padre di quattro figli, risiede a Cavernago. A Bergamo è arrivato a 22 anni. Ricorda: «Sono andato all’ostello della gioventù di Monterosso e la sera giocavo a pallone all’oratorio. Lì ho conosciuto don Giovanni Bonanomi, il parroco e fondatore della Monterosso. Don Giovanni mi ha convinto a buttarmi nel sociale». La Monterosso è sbarcata al Don Orione nel 1987 ed Esam due anni dopo ne è diventato il presidente. Dai pochi milioni di lire di fatturato degli inizi, è arrivata agli attuali dieci milioni di euro. I dipendenti, da una decina sono ora quattrocento, duecento dei quali impiegati nei servizi ausiliari al Don Orione. Sono quelli che dal 10 febbraio passeranno alla Quadrifoglio.
Esam, come mai lei è così amato dai soci-lavoratori della cooperativa?
«Perché i rapporti tra di noi sono sempre stati di reciproco rispetto. Anch’io sono uno di loro e loro sono la Monterosso. Andiamo tutti d’accordo e condividiamo lo scopo di servire gli ospiti delle strutture in cui siamo inseriti. Lo stiamo facendo al Don Orione anche dopo la disdetta».
Tutti i giorni ci sono manifestazioni al grido di “Monterosso noi siamo, Quadrifoglio non vogliamo”.
«Sarà così fino all’8 febbraio, ultimo giorno di servizio al Don Orione. Avrà notato che non è un presidio triste o arrabbiato. Il legame tra di noi è talmente forte che anche in un periodo così difficile la nostra gente sorride».
Sabato scorso hanno portato la loro solidarietà i lavoratori della Monterosso che operano in altre strutture.
«Sono arrivati coi familiari e con i bambini, è stato un gesto bellissimo».
Come ha fatto ha creare “una famiglia” fra persone di etnie, culture e religioni diverse?
«La Monterosso è nata da subito come una cooperativa multietnica ed è un modello di integrazione. Oggi il 50 per cento dei nostri dipendenti è composto da immigrati di oltre venti etnie, l’altro 50 per cento da italiani. Negli anni duri della crisi, la cooperativa ha fatto il possibile per aiutare le famiglie dei soci a pagare le rate dei mutui, le bollette, l’asilo o l’università dei figli. Affrontiamo insieme i problemi. La nostra è una famiglia unica».
Che ora perde il suo punto di riferimento.
«Non perdiamo niente, perché se Dio vuole andremo avanti anche dopo».
Al Don Orione?
«Non penso proprio. Ma abbiamo progetti favolosi e forse anche per questo abbiamo dato fastidio. Apriremo un hospice a Cavernago. Nessuna concorrenza, ma al Don Orione invece di essere contenti di veder nascere una realtà sociale da una loro costola, ci cacciano dopo 31 anni».
Ha capito il perché?
«No, non ne ho idea. Ho sempre lavorato con direttori eccellenti: don Longo, don Paolo, don Ugo, don Luciano e con ognuno ho mantenuto un buonissimo rapporto. So che stanno soffrendo per quello che sta succedendo».
E quindi?
«Andremo avanti con i nostri progetti senza danneggiare in nulla il Don Orione. Il Padreterno non ci lascerà da soli: alle malignità e alla cattiveria risponderà Lui».
Vi difenderete in tribunale?
«Non lo avevo mai neppure pensato e mi spiace tantissimo, ma a questo punto ricorreremo con tutte le nostre forze, i documenti non ci mancano. È una questione di giustizia».
Il direttore don Alessio Cappelli ha detto che dovreste farvi l’esame di coscienza.
«Io lo faccio tutte le sere e ci sentiamo talmente a posto che in tribunale andranno a testimoniare più di duecento dipendenti che hanno sentito con le loro orecchie, per tutto il mese di settembre e fino al 16 ottobre, don Alessio dire che finalmente...