Esplosione sull’aereo somalo Il video che conferma l’attentato
A distanza di una settimana (era la mattina del 2 febbraio) dall'esplosione a bordo del volo D3159 della Daallo Airlines decollato da Mogadiscio e diretto a Gibuti, il caso si arricchisce di un inquietante dettaglio: la causa dell'esplosione non sarebbe stato, come inizialmente affermato dalle autorità somale, il malfunzionamento di una bombola dell'ossigeno, bensì un ordigno. Sin da subito, il Mirror aveva affermato che, con molta probabilità, a causare l'incidente era stata una bomba. Si sarebbe trattato dunque di un attentato e non di un casuale problema tecnico. Funzionari della Daallo Airlines, così come le autorità di Mogadiscio, avevano però seccamente negato l'ipotesi. Ora tutto cambia: le stesse autorità somale hanno infatti diffuso un video, girato dalle telecamere di sicurezza nella sala partenze dell’aeroporto di Aden Adde, in cui si vedono due persone che consegnano a un uomo, dopo i controlli di sicurezza, un computer portatile al cui interno è nascosta una bomba.
https://youtu.be/3-rPEEK3wIo
I fatti. La notizia, che aveva avuto risalto su diversi media internazionali, era stata ripresa anche dai media locali bergamaschi poiché nella cabina di pilotaggio del Boeing A321, al fianco del pilota, c'era anche il giovane Riccardo Bonaldi, 24 anni di Longuelo, ufficiale di volo. Il ragazzo bergamasco stava portando a termine il lungo training necessario per poter diventare pilota con la compagnia aerea greca Hermes, sulle cui rotte sarebbe dovuto volare anche l'aereo della Daallo Airlines. Proprio Bonaldi, insieme al pilota serbo 64enne Vladimir Vodopivec, è riusciuto a evitare una strage: appena pochi minuti dopo il decollo, infatti, un'esplosione ha causato un grosso foro nella carlinga del velivolo. Fortunatamente non era stata ancora raggiunta l’alta quota e il livello di pressurizzazione all’interno del velivolo era ancora basso. Per questo i 74 passeggeri, al di là del grande spavento e di qualche ferito non grave (4 per la precisione), non hanno subito conseguenze. Vodopivec e Bonaldi sono riusciti a effettuare un atterraggio d'emergenza.
È stato un attentato. L'attentatore, invece, è morto. Le prime voci di un cadavere carbonizzato volato fuori dall'aereo attraverso il foro causato dall'esplosione avevano trovato, inizialmente, poche conferme. Alla fine sono state le stesse autorità somale, però, ad ammettere che il corpo di un uomo è stato rinvenuto nel distretto di Balcad, circa 35 chilometri a Nord di Mogadiscio. Si trattava del corpo dell'attentatore, rimasto vittima del suo stesso folle gesto. Sono invece scattate le manette per i due dipendenti dell'aeroporto che avrebbero consegnato al passeggero il computer-bomba. Il giovane Bonaldi, ex studente del Lussana e, dal 2010, iscritto alla Gestair Flying Academy (che ha una sede anche all'aeroporto di Orio al Serio), contattato dopo l'evento da L'Eco di Bergamo aveva preferito non commentare l'accaduto. Soltanto un paio di giorni dopo l'incidente ha risposto via WhatsApp ai giornalisti che gli chiedevano informazioni: «Sono una persona riservata - aveva risposto -. Sto bene e sono di ritorno a casa, ma non voglio dire nulla sull’incidente essendoci un’indagine in atto».
Decisamente più loquace, invece, il pilota Vodopivec, che aveva raccontato: «Penso che sia stata una bomba. Poco dopo il decollo dall’aeroporto in Somalia, a 3.300 metri di quota, si è verificata una terribile esplosione. I passeggeri hanno cominciato a urlare. Immediatamente ho deciso di virare e tornare all’aeroporto di partenza. Per fortuna nessuno ha riportato ferite gravi». È stato proprio lui a commentare la notizia della conferma dell'attentato, come riporta il sito inglese dell'Independent: «La sicurezza non esiste lì, quando stavamo per decollare c'erano 20 o 30 persone sulla pista». Il quotidiano britannico ha anche diffuso il nome dell'attentatore poi morto: Abdullahi Abdisalam Borle. Vodopivec non ha dubbi: se l'aereo fosse stato a una quota più elevata, nonostante l'esplosione non sia stata di forte intensità, sarebbe bastata a far cadere il velivolo e provocare una vera e propria strage. In un'intervista a un quotidiano serbo, il pilota 64enne ha ammesso di aver avuto molta paura: «Abbiamo avuto sangue freddo, ma anche tanta paura. Siam dovuti atterrare passando sopra la città, cosa sconsigliata per questioni di sicurezza: spesso gli aerei che prendono quella rotta si trovano degli spari nella fusoliera. Esser stati costretti a rimanere a Mogadiscio per altri due giorni dopo l'incidente non ci ha certamente aiutati a stare più tranquilli. Avevamo capito che era stato un attentato».