più di 2.600 interventi

Soccorso Alpino, un'estate di fuoco tra inesperti e amanti dell'estremo

Soccorso Alpino, un'estate di fuoco tra inesperti e amanti dell'estremo
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Hanno tenuto alto il livello di guardia, perché ormai le chiamate fioccano e le tragedie sono dietro l'angolo. Dall'inizio dell'estate il Soccorso Alpino nazionale, il Cnsas, ha già compiuto più di 2.600 interventi. Gente che si perde nei boschi, escursionisti da strapazzo, disattenti, individui che non hanno rispetto della montagna. Non sempre le tragedie si possono evitare. Sei escursionisti morti nell'ultima settimana sul Monte Rosa, tre base jumper scomparsi sulle Alpi. No limits è bello. Mica vero. Pochi giorni fa tre svizzeri sono precipitati per 800 metri dal colle Gnifetti, e poi è toccato ai tedeschi scivolati dalla cresta del Castore. «C'è tanta inconsapevolezza - ha spiegato alla Gazzetta dello Sport Gabriele Ghisafi che fa la guida alpina -, è come se io andassi a Genova, prendessi una barca a vela e mi mettessi in testa di arrivare in Sardegna da solo. Troppi errori, anche piccoli, che possono essere fatali. Dovrebbe essere l'abc per un alpinista».

 

 

Il 50 percento degli interventi del Cnsas riguarda proprio gli escursionisti. Cioè gente che si mette un paio di scarponi e va in montagna alla ricerca di qualcosa di estremo. Il dato scende sensibilmente quando prendiamo in considerazione gli alpinisti, quelli veri. Per loro solo 10 percento degli interventi. Da maggio in poi gli elicotteri sanitari del 118 si sono alzati in volo più di 650 volte, arrivando a picchi di otto interventi giornalieri nel periodo estivo. Non si salvano, poi, i mountain bikers, che sono il 7,3 percento dei casi (+3,3 percento rispetto a due anni fa). Per un totale di 3mila ore a soccorritore. Dal Cnsas, ente che nasce alla metà degli anni Cinquanta, fanno sapere che il vero dato in aumento è quello degli sportivi estremi. Questa è stata l'estate dei base jumper, ragazzi che si buttano da grandi altezze simulando voli che spesso finiscono in tragedia.

 

 

E così i quasi 1.400 uomini impegnati dal soccorso alpino nazionale devono fare gli straordinari. L'ultima tragedia di base-jumper risale al 26 agosto scorso. Armin Schmieder, 28 anni, di Merano, è precipitato durante un volo con la tuta alare nel Canton Berna. Ha messo il telefono in tasca e da allora non si è più visto nulla, si è soltanto ascoltato il suono del vento, poi un urlo, il rumore di una caduta e il silenzio, seguito dal suono dei campanacci di alcuni bovini al pascolo nella zona. Era in diretta Facebook. Subito gli spettatori hanno iniziato a preoccuparsi, poi è arrivata la conferma della morte da parte dei soccorritori. Il 22 agosto era stata la volta dell’italo-norvegese Alexander Polli, schiantatosi contro un albero a 1.500 metri di quota sopra Chamonix. Il 13 giugno, nella stessa zona, era morto il 33enne padovano Dario Zanon.

 

 

In generale, soltanto ad agosto, il soccorso alpino si è mosso oltre 1.200 volte, un dato in linea con il 2015 (1238 interventi a fine mese di agosto) e costante rispetto al 2014 (1299 interventi). Un numero che comunque fa riflette sull'attenzione necessaria per chi va in montagna. L'escursionismo a medie quote fatto con troppa leggerezza, con poca attenzione, o senza i requisiti adatti può risultare un problema. Al punto da generare interventi e salvataggi. Interessante anche il dato sulle nazionalità delle persone soccorse vedono in testa, dopo gli italiani (77,4 percento), i tedeschi (6,9 percento del totale), poi i francesi (2,3 percento), gli austriaci (1,6 percento), gli olandesi e gli svizzeri (attorno all’1 percento). Non sono mancati singoli interventi per aiutare cittadini di Paesi molto più esotici: Burkina Faso, Nigeria e un singolo nepalese.

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