La risposta: «Falsità»

Ezio Denti, il perito di Bossetti accusato di falsa testimonianza

Ezio Denti, il perito di Bossetti accusato di falsa testimonianza
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Dopo anni di sussurri (prima) e vociare in tribunale (poi), da giugno era calato il silenzio sul caso dell'omicidio di Yara Gambirasio. La condanna in primo grado all'ergastolo comminata a Massimo Bossetti, infatti, pareva aver placato la pruriginosa fame di particolari di stampa e curiosi. Un po' di pace finalmente, per tutti. Per la famiglia Gambirasio, ma anche per la famiglia Bossetti, certo dilaniata dal dolore per la condanna del carpentiere di Mapello, ma ora in grado almeno di respirare senza telecamere continuamente appostate sotto casa.

 

La moglie dell'imputato Marita Comi fuori dal Tribunale in occasione della quarantacinquesima, ed ultima, udienza del processo a carico di Massimo Bossetti per il quale sarà emessa la sentenza per l'omicidio di Yara Gambirasio, 1 luglio 2016. ANSA/PAOLO MAGNI

[Ezio Denti in camicia al fianco di Marita Comi, moglie di Bossetti]

 

Negli ultimi giorni, però, il caso è tornato a riempire le prima pagine dei giornali. Innanzitutto perché alle 12.30 circa del 12 novembre Claudio Salvagni e Paolo Camporini, legali di Bossetti, hanno presentato il ricorso contro la condanna all'ergastolo. Un plico di 258 pagine in cui gli avvocati difensori non si limitano ad attaccare la prova regina dell'accusa, cioè il Dna di Bossetti sugli indumenti di Yara, ma le indagini nella loro globalità. Salvagni e Camnporini sono stati assistiti, così come durante tutto il processo di primo grado, da due consulenti anche per la redazione del ricorso: il professor Sergio Novali e il criminologo Ezio Denti. Proprio quest'ultimo soggetto è il secondo motivo per cui il caso della morte di Yara è tornato in prima pagina.

Il 18 novembre, infatti, Repubblica ha pubblicato un articolo nel quale si rende noto che la prefettura di Bergamo ha aperto un fascicolo contro Denti, più precisamente sui suoi titoli di studio, per vedere se applicare o meno una sanzione amministrativa. La decisione sarebbe stata presa dopo aver ricevuto dalla procura di Bergamo la notizia di altre indagini in corso, avviate sulla base di due articoli del codice penale: il 372 riguardante la falsa testimonianza, e il 495, relativo a false attestazioni a un pubblico ufficiale. Specificatamente, il pm Letizia Ruggeri ritiene che Denti, parlando a processo come testimone, abbia detto il falso a proposito della sua laurea in Ingegneria e abbia rilasciato false attestazioni a un pubblico ufficiale sui suoi studi.

 

 

Tutto risale a un'udienza del processo a carico di Bossetti tenutasi il gennaio scorso. In quell'occasione, nell'aula del tribunale orobico, Denti si presentò sul banco dei testimoni nelle vesti di perito di parte. Dopo aver esposto il suo brillante curriculum da criminologo (soffermandosi anche sulle sue numerose ospitate in tv per aver trattato diversi «casi di rilevanza nazionale»), Denti ha risposto alle domande dell'avvocato Salvagni esponendo le rilevanti scoperte fatte circa l'omicidio della giovane Yara durante le sue accurate indagini, scoperte che sbugiardavano la tesi accusatoria della procura. Quando il pm Ruggeri poté finalmente parlare, spiazzò tutti accusando Denti di non aver alcun titolo di laurea e di parlare, dunque, senza alcuna competenza. Denti, piccato, rispose di essersi laureato in «Ingegneria, sezione industriale con specializzazione in balistica applicata alla criminologia all’istituto tecnico superiore di Friburgo in Svizzera». Secondo l’ufficio statale italiano che registra lauree e diplomi, però, l'unico titolo di Denti è quello di ragioniere e perito commerciale, ottenuto tra l'altro con uno striminzito 36/60esimi. Per capirci qualcosa in più, Repubblica si è rivolta direttamente all'università di Friburgo, che ha risposto spiegando di non poter fornire nomi per questioni di privacy, ma assicurando che lì non c'è alcuna facoltà di Ingegneria.

Il tema è delicato. Denti, infatti, non è indagato per aver ricoperto il ruolo di perito pur non avendo alcun titolo specifico, quanto per aver vantato qualifiche che, a quanto pare, non esistono mentre testimoniava sotto giuramento in un processo. Una sorta di escamotage, come lascia intendere Repubblica, con cui la procura di Bergamo, per la prima volta, riuscirebbe finalmente a trasformare un «bisbiglio» in una «richiesta d’incriminazione che può fare giurisprudenza: nei processi è consentito al consulente vantarsi di un curriculum che non ha? L’avvocato può presentare come esperto un dilettante? E l’imputato che cosa ne pensa?». Perché il dibattito sul ruolo dei periti tecnici e dei consulenti è sempre più acceso nell'ambito giudiziario. Come sottolinea il quotidiano nazionale, sui fasulli titoli accademici di diversi criminologi, spesso invitati in tv a parlare da pari a pari con gli avvocati e i giornalisti, c’è molto chiacchiericcio lungo i corridoi dei tribunali.

 

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Intanto, però, Denti non sta certo a guardare e ha ribattuto duramente alle accuse. Prima a quelle della procura, ritenendo l'indagine soltanto un tentativo di «screditare un consulente della difesa di Bossetti, proprio nei giorni successivi al deposito dell’appello»; poi a quelle di Repubblica, spiegando: «Il rettore dell’Institut Technique Superieur - Ecole Libre d’Ingegnieurs et de Sciences Appliquees à L’Industrie di Friburgo, col quale ho avuto un colloquio telefonico, ha negato di aver ricevuto qualsivoglia richiesta di informazioni da parte del suddetto giornalista in merito al titolo in Ingegneria Industriale con specializzazione in balistica applicata alla criminologia, che ho in effetti conseguito presso tale istituto, e di aver provveduto ad inviare copia dello stesso alla Polizia di Friburgo, su richiesta della Procura di Bergamo. Dunque, prescindendo dalle considerazioni che il giornalista espone in merito alla necessità che i magistrati debbano essere a conoscenza delle qualificazioni professionali dei testimoni e dei consulenti tecnici, che lascio agli operatori del diritto, ed in merito alle quali mi limito a ritenere che gli stessi magistrati sono, per esperienza, avvezzi a verificare se l’esperto abbia “buona scienza” o “cattiva scienza”, al di là dei titoli dichiarati, non posso non rilevare che il testo dell’articolo offende il mio sentimento ed il mio lavoro, che ormai svolgo nel settore da anni, ben lungi dal considerarmi un “dilettante”».

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