Cosa succede nel nostro cervello quando beviamo un espresso
Per tanti è un irrinunciabile piacere, per moltissimi è condizione essenziale per affrontare la giornata con la giusta energia: si parla, ovviamente, del caffè. Che sia di primo mattino, dopo pranzo o a metà giornata (o magari in tutti questi casi) è una bevanda che la gran parte degli italiani assume con regolarità. Le sue proprietà sono ben note: il senso di sonnolenza sparisce, ci sentiamo decisamente più energici, concentrati e attivi. Questo grazie alla presenza della caffeina, la sostanza stimolante grazie alla quale tutto questo è possibile. Ma cosa accade effettivamente nel nostro cervello quando ci beviamo la nostra quotidiana tazzina di caffè? Un recente studio americano condotto dagli scienziati Mitchell Moffit e Gregory Brown ce lo spiega con molta precisione; e, francamente, non ci offre un risultato troppo rassicurante.
La caffeina inganna il cervello. E noi ci “svegliamo”. Come accennato e universalmente noto, la caffeina ha l’effetto di darci un’improvvisa e significativa sveglia, sia fisica che mentale; ecco perché viene perlopiù assunta al mattino, per l’inizio della giornata. Tutto questo avviene grazie al particolare processo che questa sostanza attua nel nostro cervello, in particolare in cooperazione l’adenosina, una sostanza nucleoside presente nel nostro corpo che riveste un ruolo fondamentale in diversi processi biochimici del nostro organismo, fra i quali – appunto - il trasferimento di energia. Ora, l’adenosina è uno dei principali fattori dell’insorgenza della sonnolenza in un individuo: più sono alti i suoi livelli all’interno del corpo, più avvertiremo il bisogno di una bella dormita. Di notte, quando riposiamo, i livelli di adenosina sono particolarmente bassi, essendo l’organismo già in uno stato di quiete e quindi senza bisogno di altri fattori legati al sonno. Durante il giorno invece, la produzione di adenosina procede a ritmi regolari, causando i momenti di sonnolenza che tutti conosciamo, ai quali spesso facciamo fronte con un buon caffè. E a ragione: la caffeina infatti ha una struttura molecolare particolarmente simile, pressoché identica, a un frammento dell’adenosina; i recettori del cervello quindi, vittime di una sorta di inganno, legano con le molecole di caffeina invece che con quelle di adenosina, propagano nel corpo le prime invece che queste ultime, e regalando quindi energia a tutto l’organismo.
La risposta del cervello. Ma, per fortuna oppure no, il nostro cervello non è poi così fesso, e gli basta poco per accorgersi del raggiro. Nel giro di una ventina di minuti ricomincia a legarsi con l’adenosina, riattivando quindi il meccanismo fisiologico di sonnolenza, che significa anche un corretto funzionamento cardiaco. Ed ecco che riemerge il bisogno di un altro caffè, in un infinito circolo vizioso rispetto al quale occorre fare attenzione, onde evitare il danneggiamento dei delicati equilibri che convivono nel nostro corpo.