Da oltre un mese non appare in pubblico

Che fine ha fatto Kim Jong-un?

Che fine ha fatto Kim Jong-un?
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C’è chi dice abbia la gotta, c’è chi dice che sia stato operato alle caviglie a causa dei tacchi alti che porta per mascherare la sua bassa statura, c’è chi dice si sia fratturato un’anca per il peso eccessivo raggiunto per la sua passione per il formaggio svizzero, c’è chi dice sia in vacanza. Sta di fatto che il dittatore comunista coreano Kim Jong-un è sparito. Qualcuno azzarda ci sia stato un colpo di stato, e che il dittatore sia stato deposto e messo agli arresti domiciliari, altri dicono sia in esilio, qualcun altro addirittura sospetta sia stato giustiziato. Si vocifera che la Corea del Nord, se non l’ha già fatto, possa essere vicina a un cambio di leadership che vedrebbe favorita la sorella di Kim Jong-un, cioè Kim Yo Jong, 26 anni.

Quando si parla di Corea è d’obbligo l’uso del condizionale, poiché la disinformazione la fa da padrona. Il regime, a raffica, fornisce notizie false o realizzate ad hoc per i media. Addirittura, poco tempo fa, si era diffusa la notizia che gli scienziati nordcoreani avevano scoperto l’esistenza degli unicorni. Questo per dire quanto sia difficile riuscire a capire e a parlare di un Paese dove non si sa con precisione quello che accade. L’unico dato certo è che Kim Jong-un manca dalle scene ufficiali ormai da oltre un mese. Non è la prima volta che il 31enne dittatore coreano sparisce dalla scena pubblica, ma mai un’assenza era durata tanto. Dalla sua salita al potere nel 2011 era mancato al massimo per 24 giorni. Adesso è dal 3 settembre che non si vede, e la cosa è molto strana per un uomo che ama farsi vedere in pubblico: dall’inizio del 2013 non ha mai fatto meno di 11 apparizioni in pubblico al mese, raggiungendo le 33 apparizioni lo scorso giugno.

Soprattutto, però, mai il presidente coreano ha mancato occasioni importanti come quelle di questi giorni. Non si è presentato alla festa per i 69 anni del partito comunista nordcoreano, quello che detiene il potere da decenni, e non ha fatto visita al mausoleo dedicato a Kim Il-sung e Kim Jong-il, rispettivamente suo nonno e suo padre. Il 25 settembre è stato il grande assente a una seduta del parlamento. Prima ancora, non ha presenziato alle cerimonie in Corea del Sud per i Giochi Asiatici, dove invece sono andati due funzionari nordcoreani, che avrebbero addirittura aperto a nuovi dialoghi con Seul.

 

 

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Chi è Kim Jong-un. Si suppone sia nato nel 1983, anche se la sua data di nascita precisa è sconosciuta al di fuori della Corea del nord. È il più giovane capo di stato del pianeta, salito al potere il giorno dopo la morte del padre, il 19 dicembre 2011. Non ha mai fatto il servizio militare, ma ha il grado di Generale delle forze armate, oltre a essere il Comandante Supremo dell'Esercito Popolare di Corea. Avrebbe trascorso buona parte dell’infanzia e della giovinezza in Svizzera, frequentando la Scuola Internazionale di Berna sotto pseudonimo. A diventare presidente della Corea del Nord avrebbe dovuto essere il suo fratellastro, Kom Jong-nam, ma fu escluso dalla linea di successione nei primi anni del 2000 a causa del suo comportamento poco rispettoso nei confronti del padre, delle tradizioni e del regime. Kim Jong-un, invece, faccia tonda e capelli a spazzola, infagottato e goffo nelle sue divise militari, appassionato di basket e tifoso dell’NBA, è ritenuto essere esattamente come il padre. Ama farsi vedere in pubblico circondato dai suoi uomini, che prendono appunti perché in grado di dispensare saggezza in ogni occasione. Cattivissimo, si dice abbia fatto sbranare lo zio da un branco di 120 cani affamati per un post satirico su un social network cinese, interpretato come crimine contro il regime. A gennaio, nel messaggio di inizio anno alla nazione, ha minacciato una guerra nucleare, dalla quale gli Stati Uniti non saranno indenni.

La tv di regime. Nulla trapela dalla stampa coreana e ancor meno dalle fonti di regime, le quali affermano che in Corea del Nord non c’è alcun problema politico. Le uniche notizie ufficiali sono affidate ai documentari della tv di stato sul suo dittatore, che vengono periodicamente trasmessi. Nell’ultimo si sente una voce fuori campo che commenta le immagini di uno zoppicante Kim: «la ricchezza e la prosperità del nostro sistema socialista è possibile grazie agli scrupolosi sforzi del nostro comandante, che continua ad illuminare la via per la nostra gente nonostante patisca qualche fastidio». Dopotutto, anche le notizie sulle condizioni di salute di suo padre e suo nonno, predecessori di Kim Jong-un, non furono mai menzionate dalla televisione statale.

 

 

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L’intervista all’esperto. In una intervista al sito ilsussidiario.net Francesco Sisci, professore all’università Renda in Cina e senior fellow al Gatestone Insitute di New York, sostiene che quanto sta accadendo in Corea, uno dei regimi totalitari più chiusi del mondo, è una chiara affermazione politica. Sisci afferma che c’è la possibilità che sia lo stesso Kim Jong-un ad avere ordito un complotto “per attirare l’attenzione o fare fuori nemici interni”, per evitare di cadere nella trappola in cui è caduto mesi fa suo zio, artefice dell’ascesa al potere di Kim Jong-un, che non si è accorto della macchinazione ai suoi danni. Inoltre, se ci fosse stato un golpe, Sisci ritiene che qualcuno lo avrebbe rivendicato e invece nessuno si è fatto vivo con i tre grandi interlocutori della Corea del nord: i cinesi, gli americani e i sudcoreani. Ancor più pessimista Sisci lo è nei confronti della sorte dei 22 milioni di nordcoreani che si riverserebbero a sud in caso di colpo di Stato e di cui nessuno vuole prendersi carico. L’idea che il regime collassi, dia vita a esodi o, peggio ancora, a scontri civili, è un motivo di ansia tanto per Pechino quanto per Seul e Washington.

L’attualità del Paese Intanto, mentre non si sa che fine abbia fatto il dittatore Kim, tra le due Coree nei giorni scorsi c’è stato uno scambio di colpi d’arma da fuoco al confine. Un incidente avvenuto dopo che alcuni attivisti sudcoreani hanno lanciato, come spesso accade anche con generi di prima necessità, dei palloncini aerostatici con messaggi di protesta contro Kim Jong-un. L’esercito di Pyongyang ha sparato, e l’esercito sudcoreano ha risposto aprendo a sua volta il fuoco. Non si conosce il bilancio degli scontri.

Un altro fatto certo di questi giorni è che secondo fonti diplomatiche, citate da media della Corea del Sud, l’Onu avrebbe intenzione di portare il dittatore nordcoreano davanti alla Corte penale internazionale dell’Aja per violazione dei diritti umani. L’Unione europea, inoltre, avrebbe già inviato uno schema di risoluzione per iniziare a raccogliere il sostegno degli Stati e avviare l’azione contro Kim Jong-un. L’Ue ha già inviato all’Onu il rapporto di quasi 400 pagine che riporta di “numerosi e gravissimi crimini contro l’umanità”, paragonabili “alle atrocità dell’epoca nazista”, commessi dal regime. Un’iniziativa ancora embrionale, che secondo la Corea del Sud richiederà “molto coordinamento nella fase negoziale”. Ma prima bisognerebbe scoprire che fine ha fatto Kim Jong-un.

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