Il cane di Sant'Uberto

Il fiuto infallibile del segugio non va mai messo in discussione

Il fiuto infallibile del segugio non va mai messo in discussione
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Ogni tanto verrebbe voglia di sapere chi mette in giro parole o espressioni sbagliate che poi si impongono a tutti. Il Belíce era un fiume che si chiamava Belíce da secoli. Col terremoto si è trasformato in Bèlice. Anche l'accento ha sussultato, a Gibellina. E perché mai quelli che stanno in Scandinàvia devono chiamarsi Scandínavi? Fa più fino? Adesso persino gli Ecuadoriani che vivono da noi dicono Écuador invece di Ecuadór, come si é sempre detto dalle loro parti. Equatóre: Ecuadór. Mah! Facciano come vogliono. Dispiace, ma non è grave. Non vogliamo fare come Murray Gell-Man - il Nobel scopritore dei Quark - che quando uno si presentava col cognome che aveva sempre avuto lo correggeva - in caso di inesattezza presunta - spostandogli l'accento o modificandogli una vocale. Cose da Nobel.

Però adesso c'è l'inflazione dei cani molecolari. Hanno seguito le tracce di Yara fino al cantiere di Mapello, sono andati da una parte invece che dall'altra nel caso di Elena Ceste, stanno cercando Gilberta nei pressi di Sora. Ci sono cani con un odorato poco più sviluppato del nostro, altri - segugi, o cani da tartufo o da volpe - che sono solo naso, come l'amico cui Catullo prometteva un certo profumo se fosse andato a cena da lui. Il più nasuto di tutti - quello che si vede nei servizi sulle inchieste, quello che quando parte non lo ferma nessuno - è il Bloodhound, o cane di Sant'Uberto. È una forza della natura. Non sbaglia mai. C'è un filmato che ogni tanto gira in cui si vede un addestratore americano che, prima di consegnare il suo alla polizia - come da contratto - gli fa cercare il posto in tribuna scoperta su cui era seduto un tizio tre giorni prima, nonostante avesse piovuto per quarantotto ore filate. E il cane va a annusare proprio lì. Baci, abbracci, carezze a non finire. In America il Bloodhound funziona come prova in tribunale. Vale come un testimone, anzi di più perché non sa mentire. Addestrarne bene uno richiede tanto tempo, ma ne vale la pena anche economicamente. Perché già vederli in azione è una ricompensa di per sé impagabile. Certi addestratori, quando li devono lasciare, piangono come se avessero perso un compagno in Viet Nam.

 

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Girando in rete per vedere se c'era ancora qualcuno che li chiamava come si deve, ho trovato questo bel pezzo che spiega le loro attitudini in modo molto originale. Li si indica come il cane perfetto per chi ritenga «che il modo ideale di passare il tempo consista:

a) in una serata romantica davanti al caminetto, con triturazione totale dei cuscini del divano;
b) in un giretto in giardino a scavare tutte le piante disponibili;
c) nel rientro a casa per esplorare le profondità più nascoste del cesto della biancheria;
d) in pasti à deux [un tête à tête] nel bidone della spazzatura incustodito.» E poi altre cose sulla spaventosa produzione di bava che sparge in giro quando scuote la testa.

Ma quando lavora è di una serietà imponente. Ci sono cani, come i Welsh corgi (Pembroke o Cardigan poco importa) che quando li vedi camminare - magari due o tre insieme, e magari anche un po' sovrappeso - ti passa ogni malinconia tanto son buffi. I Bloodhound no. Non ridono mai. Si aspettano solo di esser trattati come merita la loro nobiltà. E dunque: se si sono diretti verso il cantiere di Mapello, lì è successo tutto: fidatevi. Se vanno dall'altra parte a Costigliole, anche i carabinieri vadano dall'altra parte. Se si fermano sul ponte vicino a Sora, dev'esser lì il punto. Sono i cani di Sant'Uberto - quello che vide il cervo con la croce fra le corna - mica comuni molecolari, cioè semplicemente cani. Non avete visto quanto son belli?

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