Una ricerca preoccupante

Genitori in ansia da confronto social (vogliono essere i migliori in ferie)

Genitori in ansia da confronto social (vogliono essere i migliori in ferie)
Pubblicato:
Aggiornato:

Non bastava lo stress cittadino, a casa e al lavoro, linkato a Whatsapp, selfie e Istangram. Ora i social inquietano anche le vacanze degli italiani, di mamme e papà soprattutto, che temono di non programmare per i loro figli vacanze all’altezza delle aspettative. O tali da non reggere il confronto con i post pubblicati sui profili degli amichetti e rispettive mamme. Lo attesta una recente indagine condotta da Groupon in collaborazione con Opium Research su un campione di 1.500 genitori con figli tra i 5 e i 16 anni.

C’è anche l’ansia da confronto. Prima c’era solo l’ansia da prestazione, associata al momento o alla preparazione che precede un evento importante. Come ad esempio nel caso dei genitori, le vacanze che devono essere perfette, accondiscendenti alle richieste sportive, di divertimento, di località preferita dai figli. A questa se n’è aggiunta una seconda, come un atto di continuità: l’ansia da confronto. Con che cosa? Con la qualità e le opportunità di vacanza offerte agli amici dei figli dai rispettivi genitori e con le quali pare inevitabile il confronto. Subitaneo, in real time, a tempo zero. Perché se fino a qualche anno fa bisognava attendere il rientro dalle vacanze per raccontarsi, per sapere che cosa fosse accaduto al compagno di classe o all’amico del cuore durante l’estate, ora lo si vede senza batter ciglio, senza neppure chiedere. Senza il gusto dell’attesa, perché tutto viene postato, lì sul display del telefono, accessibile agli amici, sottoposto ai like o dislike di chi osserva e giudica. Un verbo angoscioso, quest’ultimo, un tormentone per i genitori italiani.

 

 

Lo attesta una ricerca. Quasi tre quarti dei genitori italiani, pari al 73 per cento, sarebbero preoccupati di non offrire vacanze corrispondenti all’attesa dei propri figli, le cui aspettative sembrano ogni anno guadagnare un desiderata in più. Uno stato di ansia che per un terzo dei genitori comincerebbe molto presto: 3 mesi prima della fine della scuola e dell’inizio dell’estate. A primavera insomma. Se tutto fila liscio, ovvero se il figlio ha la vacanza top, migliore di quella del compagno, ecco che si profila un altro problema per il genitore italiano. Perché, saturata l’ansia, potrebbe subentrare il senso di colpa. Il 49 per cento, ad esempio, si mortificherebbe per la mancanza o il poco tempo da passare con i propri figli, tanto che il 43 per cento di mamme e papà avrebbe confessato di essersi finto malato o di non essere andato al lavoro una tantum per restare a casa con i propri pargoli.  E se poi sono con loro c’è l’ansia, nel 30 per cento dei casi, per il troppo tempo che i giovincelli passano al chiuso, o perché – è il caso del 32 per cento dei genitori – hanno la concessione di stare, forse troppo a lungo, incollati agli schermi di tv, computer, iPad e affini. O ancora, nel 25 per cento dei genitori, il senso di colpa nasce perché non si possano permettere di fare grandi attività  in vacanza o la vacanza stessa, oppure perché questa, se lo dicono il 20 per cento dei genitori, i figli la possono trascorrere in Italia e non all’estero a differenza degli amici dei loro figli che magari fanno cose più belle. Un circolo vizioso, insomma, senza fine.

Maledetti social. I social fanno alzare anche la pressione: proprio così. Il 28 per cento delle mamme e papà italiani dichiara di sentirsi sotto pressione/giudizio/esame, fate un po’ voi, ad ogni post che raffigura l’estate perfetta, pubblicato naturalmente dall’amico del figlio sul suo profilo, visibile e condivisibile con tutti. L’innalzamento della pressione raggiungerebbe l’apice, per il 32 per cento dei genitori, quando i figli comincerebbero a raccontare le attività che hanno visto fare, sempre sui social, maledetti!, dai loro amici. E per non sfigurare, che cosa (non) si fa? Il 31 per cento delle mamme e papà finirebbe col caricare sulle proprie pagine solo le foto che ritraggono lo squarcio  perfetto, il migliore, non quello che  rappresenta la quotidianità. In barba all’amico.

 

 

Ci vuole un regalo. Per sopperire a tutti questi sensi di colpa o per esser rimasti magari appena un filo sotto la soglia delle attese del figlio, i genitori italiani ne escogitano un’altra. Comprano un regalo, in 7 casi su 10, specie se sono mamme molto generose, con la mani un po’ buche insomma, o di facile persuasione. Secondo la ricerca, il costo medio settimanale che ogni genitore spenderebbe per intrattenere il figlio durante i mesi estivi è pari a circa 187 euro, investiti nel 33 per cento dei casi in cene a base di pizza e hamburger, in gite giornaliere a parchi tematici o cinema con una percentuale di preferenza del 32 per cento, nell’acquisto nel 24 per cento di dolci e gelati, fino al 19 per cento che predilige invece soddisfare i figli con nuove tecnologie come iPad o videogiochi. L’importo messo da parte per queste attività dai genitori italiani sarebbe comunque ben superiori a quello delle famiglie inglesi e francesi, disposte a spendere massimo 210 euro circa, 220 euro i tedeschi mentre gli spagnoli si limiterebbero a circa 150 euro.

Domanda. Ma al termine dell’estate, i bambini cosa ricorderanno di più? Di sicuro i momenti divertenti, spontanei e senza pensieri che vivranno insieme alla propria famiglia. Non il post dell’amico, le ansie da prestazione, da confronto, la pressione che si alza o il regalo ricevuto in vacanza da mamma e papà. Perché di ogni occasione conta la qualità di ciò che si offre, non la quantità.