Dopo la tragedia

Genova, cosa implica la revoca della convenzione ad Autostrade

Genova, cosa implica la revoca della convenzione ad Autostrade
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Più passano i giorni e più si ha la sensazione che il crollo del ponte di Genova che Ezio Mauro ha giustamente qualificato come il «nostro Ground Zero» sia destinato a lasciare un segno sempre più profondo. In particolare le scosse di assestamento potrebbero riguardare il tema della gestione dell’intero sistema delle autostrade, primo passo verso una ri-nazionalizzazione di uno delle infrastrutture più importanti del Paese.

Se si fa un passo indietro, si può notare come uno dei tratti che le due forze di governo, 5Stelle e Lega, hanno in comune è una visione neo-statalista e per alcuni versi anche neo-assistenzialista. La delega al privato viene vista o come fattore che alimenta la corruzione o come una perdita progressiva di potere da parte della politica.

 

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Cosa implica la revoca della convenzione. Per questo la tragedia di Genova è diventata immediatamente l’occasione per una resa dei conti: più prudente in un primo momento Salvini, più determinato da subito Luigi Di Maio con il premier Giuseppe Conte (che è avvocato civilista e a quanto pare conosce bene la materia). Il Governo, per firma del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, ha inviato immediatamente una lettera alla Società Autostrade di disdetta della Convenzione; la società ha tempo 15 giorni per inviare le sue controdeduzioni. La via intrapresa è però una via complessa e aprirebbe un maxi-contenzioso dai tempi infiniti con richieste di risarcimento incrociate, tenendo presente che Società Autostrade potrebbe appigliarsi, come elemento a sua difesa, alla mancata vigilanza da parte del Ministero. La disdetta della Convenzione poi potrebbe portare alla richiesta di risarcimento delle mancate entrate, cioè gli incassi dei pedaggi, dalla data di decadenza alla fine prevista dagli accordi (2038 più quattro anni concessi nel 2014 dal governo Renzi): in tutto circa 18 miliardi.

 

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Un altra possibilità. Ecco allora che il Governo sta pensando di tagliare la testa al toro e di mettere in campo una soluzione più radicale: un decreto o un disegno di legge di riforma che abroghi o modifichi le due leggi che hanno autorizzato la nascita della Convenzione, approvate dal Parlamento nel 2006 dal Governo Prodi e poi estesa nel 2008 da Berlusconi. Una modifica di quella legge (a cui si è aggiunta la proroga concessa nel 2014 e inserita in un decreto Milleproroghe del governo Renzi) farebbe decadere automaticamente la Convenzione con Autostrade, superando la questione dei risarcimenti. La controversia legale proseguirebbe così per strade sue, in quanto il troncone penale dell’inchiesta non può certo essere fermato.

Le consequenze. Se una legge simile fosse approvata, la gestione del sistema autostradale passerebbe ad Anas, sotto la quale finirebbero i dipendenti della Società Autostrade. Ovviamente si tratterebbe di un vero terremoto non solo organizzativo, ma anche culturale e politico. Un terremoto destinato a piacere assai poco agli investitori internazionali che vedrebbero nell’Italia un Paese non più affidabile, con tutte le ricadute che è facile immaginare. Ma il governo giallo verde sa che la scommessa per mantenere il consenso è quella di dimostrare di sapere agire in fretta e di non lasciarsi intrappolare dagli infiniti contenziosi che hanno tenuto in scacco la politica negli ultimi vent'anni.

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