tutta colpa del 5g

Che ansia: è già ora di ricambiare tv E tu ce l'hai il decoder Dvb-T2?

Che ansia: è già ora di ricambiare tv E tu ce l'hai il decoder Dvb-T2?
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Un anno fa lo Stato aveva incassato ben 6,5 miliardi dall’asta per l’assegnazione delle frequenze per il cosiddetto 5G, il cosiddetto internet delle cose. Un’asta che aveva superato tutte le aspettative che però nascondeva un risvolto che solo ora viene alla luce: le frequenze assegnate sono quelle oggi usate per il digitale terrestre delle nostre tv. Così se i vincitori di quella gara, cioè le grandi compagnie di telecomunicazioni, decidessero di spegnere le frequenze acquisite, 18 milioni di italiani si troverebbero senza più il segnale del digitale terrestre. Insomma, una nuova rivoluzione si annuncia per gli schermi domestici, dopo quella, non lontana, che nel 2012 aveva accompagnato il passaggio dall’analogico al digitale. Infatti entro luglio 2022, tutti i canali e tutti i programmi saranno irradiati con una nuova tecnologia (che si chiama Dvb-T2). Questa tecnologia permetterà di comprimere le trasmissioni tv. La compressione delle trasmissioni e del segnale a sua volta permetterà alle emittenti (Rai, Mediaset e le altre) di proporre gli stessi canali di oggi su un numero molto più basso di frequenze. Per lo Stato sarà un’occasione di ulteriore guadagno, perché in questa operazione si libereranno spazi per altri canali tv nazionali.

 

Per gli utenti invece si prospetta un costo non previsto. Sono pochi i «televisori principali» delle famiglie già pronti al cambio, anche se già dal primo gennaio 2017 le reti di distribuzione dell’elettronica hanno l’obbligo di vendere televisioni già allineate al nuovo standard, cioé Dbt2 Ready. Per la maggior parte dei casi bisognerà mettere mano all’apparecchio (sostituendolo oppure dotandosi di un decoder) per non perdere il segnale. Per questo il governo Gentiloni, prima di cadere, aveva deciso di stanziare un fondo, ricavato dai proventi incassati con le aste per le frequenze 5G, per finanziare la transizione digitale. Il fondo prevede incentivi alle famiglie che acquisteranno smart tv oppure decoder Dvbt2 per rendere compatibili le tv più vecchie. L’ammontare complessivo, 150 milioni in tre anni.
Non sarà una rivoluzione da poco, perché i numeri resi noti si riferiscono alle televisioni principali delle famiglie. Ma in ogni casa c’è più di uno schermo e in genere quelli secondari sono ancora più vecchi dei principali. Quindi l’impatto potrebbe essere maggiore rispetto a quanto annunciato. Secondo una ricerca della Fondazione Bordoni, istituto di ricerca specializzato nelle tlc e facente capo al Ministero dello Sviluppo Economico, nelle case degli italiani ci sono 3,8 milioni di apparecchi in grado di ricevere il segnale Dvbt2, ossia il digitale terrestre di seconda generazione. A questi utenti vanno aggiunti i 5milioni abbonati a Sky, che ricevono il segnale attraverso il decoder e quindi non si accorgeranno neanche del passaggio. Per tutti gli altri invece si tratterà di mettere mano al portafoglio. Infatti si stanno delineando i criteri di assegnazione dei contributi garantiti dal fondo triennale di 150 milioni. Il tavolo governativo TV4.0 ha stabilito per ora che i «beneficiari del contributo debbano essere i residenti nel territorio italiano appartenenti alla I e II fascia dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Tali categorie di utenti, infatti, in assenza del contributo pubblico, non sarebbero in grado di ricevere i segnali televisivi trasmesse con le nuove tecnologie». Il contributo sarà di 50 euro e sarà usufruibile per un solo apparecchio.

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