Nessuno vuole l’abbattimento

Giù le mani da San Siro

Giù le mani da San Siro
Pubblicato:
Aggiornato:

Da ieri una cosa è certa: sino al 2026 nessuno potrà mettere le mani sullo Stadio di San Siro. È qui infatti che si terrà la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici invernali di Milano-Cortina, e la scelta del tempio del calcio milanese è stata una dei punti vincenti del dossier italiano. Quindi l’uscita dei due delegati di Milan e Inter sull’ipotesi di costruire un nuovo stadio a fianco del vecchio è stata un’uscita del tutto intempestiva. In settimana le due squadre presenteranno il progetto dell’impianto condiviso che dovrebbe prendere il posto del glorioso Meazza, ma l’impressione è che i giochi resteranno bloccati a lungo.

 

 

Del resto tutti vogliono San Siro. Sul web è un autentico plebiscito per il vecchio stadio, da ogni angolo d’Italia. C’è chi si dice pronto a incatenarsi ai cancelli davanti all’eventualità di una sua demolizione. E in tantissimi si chiedono perché non continuare con questo impianto, apportando delle migliorie. La vera questione è che San Siro non è un semplice stadio, è qualcosa di più. Non fosse irriverente, verrebbe da dire che è un po’ come il Duomo: chi oserebbe toccarlo o chiuderlo? È un qualcosa che fa parte della storia vissuta, non della storia messa dietro una vetrina. San Siro ha qualcosa di speciale in quella sua struttura strana, cresciuta su se stessa dopo l’ingrandimento operato per i Mondiali di calcio del 1990. Quelle sue spirali a salire e poi a scendere sono state vissute da milioni di persone come un percorso di pellegrinaggio. Si sale con l’aspettativa nel cuore, si scende felici o delusi. Camminando poco alla volta, man mano che ci si alza di quota, la città si svela; e se la giornata è limpida emergono da lontano anche le montagne, con il Rosa a dominare lo scenario.

 

 

San Siro ha un potenziale emotivo che si registra fin da questo primo approccio, da questa sorta di pellegrinaggio a cui ti obbliga per arrivare a prendere il tuo posto, facendoti prendere coscienza di tutta la bellezza che ci sta fuori, prima di sperare di trovare anche tanta bellezza in quel che si vedrà dentro.  Tutti gli stadi sono luoghi di massa. San Siro ti lascia invece sempre la percezione che quello sia ancora un luogo di popolo. Forse è per quella sua verticalità, per cui ognuno si sente garantito nella stabilità da chi ha davanti. Forse perché in nessun altro stadio è possibile avvertire l’onda dell’afflato del pubblico nei momenti topici. È come un sussulto che scuote tutto lo stadio, cemento compreso. Per questo i cantanti amano tanto esibirsi qui; perché qui ci si sente letteralmente avvolti dalla gente e si percepisce che il boato, quando si alza, è un boato che si sparge per tutta la città. San Siro è infatti magnifico di notte, perché nel buio quella dimensione di compattezza si fa ancora più coinvolgente ed emozionante. Personalmente ho un debole per il terzo anello, quello che nei tempi di magra resta chiuso e vuoto. Quando ci si arriva, dopo avere finito la scalata, si scopre qualcosa di meraviglioso: di fronte lo stadio è più basso e ti lascia aperta una grande finestra sulla città. In fondo si vedono le guglie del Duomo, la Velasca e le altre bellezze di Milano. Come si fa demolire uno stadio così?

Seguici sui nostri canali