il flash mob a Bergamo

Le foto degli infermieri in piazza per rivendicare il loro diritto a non essere solo eroi

La manifestazione si è svolta questa mattina (lunedì 15 giugno) in piazza Vittorio Veneto e in altre 36 piazze italiane, simbolo di un movimento infermieristico nazionale. «Al Governo chiediamo il giusto riconoscimento economico e professionale»

Le foto degli infermieri in piazza per rivendicare il loro diritto a non essere solo eroi
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di Federico Rota. Foto di Devid Rotasperti

«Abbiamo sempre lavorato con dedizione, senza mai venire meno ai nostri doveri. Ora chiediamo che la nostra professionalità venga sempre riconosciuta, non soltanto in questo periodo di emergenza. Al Governo chiediamo di essere coinvolti ai tavoli ministeriali, per ottenere un contratto unico per tutte le professioni infermieristiche». È quanto rivendicano con forza gli infermieri che questa mattina (lunedì 15 giugno) sono scesi in piazza Vittorio Veneto a Bergamo e in altre 36 piazze italiane manifestando per i propri diritti. «Siamo delusi non solo per la fatica, ma per l’indifferenza e il mancato riconoscimento sia morale sia professionale - sottolineano Angela Mannina, Laura Mangili, Monica Orlandini, Valentina Tricarico e Serena Falgari (nella foto in copertina), referenti del flash mob bergamasco -. Siamo soprattutto stanchi di essere al centro di frasi di rito o semplici protagonisti di applausi dai balconi. Abbiamo una dignità, specificità e ruoli precisi, ma fino ad ora siamo sempre stati nell’ombra di altre professioni sanitarie. Non siamo professionisti “usa e getta”».

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Gli infermieri si sono disposti lungo i due lati della piazza e sono rimasti in piedi, a distanza e con le braccia conserte. Si è trattata di una manifestazione pacifica e silenziosa, simbolo di un movimento infermieristico nazionale, senza connotazioni politiche o sindacali. Gli unici elementi distintivi sono state una maglietta bianca e la mascherina chirurgica con la scritta “infermiere”. «Ci hanno chiesto di isolarci dai nostri cari, di non andare in ferie e di essere sempre a disposizione - proseguono -. Ci siamo ammalati, siamo stati definiti untori e alcuni di noi sono morti. Ogni giorno affrontiamo questo virus e molte altre malattie. Abbiamo fatto tutto questo perché si tratta del nostro lavoro, ma ora chiediamo che ci venga riconosciuto quanto ci spetta». «Non vogliamo premi, riconoscimenti economici all’emergenza o un “bonus Covid” – specifica Serena Falgari -. Parlo a nome di tutti i professionisti che sono qui oggi: vogliamo semplicemente essere riconosciuti per ciò che siamo sempre stati. Siamo infermieri di pronto soccorso, ambulanza, di terapia intensiva, di reparto o ambulatorio. Siamo nelle Rsa, nelle cliniche riabilitative, ovunque ci sia necessità di noi. Siamo la spina dorsale del sistema sanitario nazionale».

«La figura dell’infermiere ha precise responsabilità civili e penali, ma non ha un contratto separato come quello dei medici. Per questa ragione chiediamo di uscire dal comparto della sanità e un contratto unico per le professioni sanitarie – spiegano -. Il comparto, infatti, include anche tecnici, impiegati, operai, Oss, ma la nostra professione viene messa alla pari di tutte le altre. Inoltre, è necessario abbattere il precariato con la stabilizzazione dei contratti a tempo determinato e omogeneizzare i diversi contratti in essere del pubblico e del privato: stesso salario, stessi diritti e stessi doveri. Chiediamo che venga superato il vincolo di esclusività che ci incatena al datore di lavoro perché la professione appartiene a noi, abbiamo studiato per ottenerla. Non vogliamo essere visti come una professione manuale, bensì intellettuale. Chiediamo il riconoscimento delle competenze specialistiche, attraverso la valorizzazione dei percorsi di studi, e che venga riconosciuto il lavoro notturno. Nell’ultima riforma pensioni ci hanno estromessi dall’essere riconosciuti come “lavoro usurante”. Infine, ma non per importanza, riteniamo di avere il diritto a goderci la famiglia e a lavorare nella regione d’appartenenza: per questa ragione riteniamo necessaria l’agevolazione della mobilità interna ed esterna».

Al termine del flash mob sono stati fatti volare in cielo palloncini rossi in ricordo dei 40 infermieri deceduti a causa del Coronavirus. «Siamo qui riuniti anche a nome di tutti i nostri colleghi che, per motivi di lavoro, non hanno potuto esserci e, soprattutto, in ricordo di coloro che sono morti in servizio – conclude Laura Mangili -. La maglietta bianca è il simbolo del vuoto che hanno lasciato in noi le false promesse e i traumi emotivi che abbiamo subito. D’altro canto speriamo che possa simboleggiare anche la nuova pagina su cui scrivere le basi per un giusto riconoscimento economico e professionale».

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