l'appello

Gli informatori scientifici del farmaco: «Regione ci inserisca nei piani di vaccinazione anti-Covid»

In Lombardia questo settore occupa ben 6.500 addetti, di cui circa 200 in provincia di Bergamo. Da oltre 10 mesi non possono svolgere l'attività negli ospedali a causa delle limitazioni regionali

Gli informatori scientifici del farmaco: «Regione ci inserisca nei piani di vaccinazione anti-Covid»
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La campagna di vaccinazioni anti-Covid è ormai entrata nel vivo, con le Ats e le Aziende socio sanitarie territoriali lombarde impegnate a rispettare la tabella di marcia imposta dai piani vaccinali. Come noto, le prime somministrazioni sono dedicate al personale e agli operatori sanitari interni ed esterni agli ospedali, ai medici di base e ai pediatri, oltre che ai volontari delle Croci impegnati nei servizi di emergenza urgenza.

Dal piano messo a punto da Regione Lombardia ne sono però rimasti esclusi gli informatori scientifici del farmaco operanti sul territorio che chiedono, nel rispetto della giusta precedenza a chi si trova in prima linea nella lotta contro il virus, di essere inseriti «quanto prima nei piani di vaccinazione al pari di tutte le altre figure professionali riconosciute dal sistema sanitario nazionale con le quali ci troviamo quotidianamente ad operare e a condividere i medesimi luoghi di lavoro».

«Riteniamo anche utile mettere a disposizione delle strutture pubbliche e private la professionalità della associazione nazionale Aiisf e Fedaiisf verso progetti di informazione e comunicazione scientifica sui temi legati alla campagna vaccinale contro il Covid – spiega Andrea Arena, presidente Aiisf (Associazione italiana informatori scientifici del farmaco) di Bergamo -. Il piano strategico ben identifica le finalità, la strategia e le priorità di sanità pubblica, ma indica anche criticità in ambito di divulgazione proprio sulla stessa campagna vaccinale».

In Lombardia questo settore occupa ben 6.500 addetti, di cui circa 200 in provincia di Bergamo. L'attività di divulgazione degli informatori scientifici del farmaco, tra le più regolamentate, copre tutti i settori della sanità, anche quelli meno sollecitati dall’emergenza Covid-19 e più tipicamente orientati verso la prevenzione e la cura di patologie croniche o ad alto impatto sociale come le malattie oncologiche o quelle rare. Un’attività che, dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, è rimasta al di fuori degli ospedali in virtù di un’ordinanza regionale che blocca l’accesso alle strutture ospedaliere per questi professionisti.

«Ad oggi, mentre diversi medici di famiglia e pediatri hanno iniziato a riceverci, ancora non possiamo accedere in tutte le strutture ospedaliere pubbliche e private della provincia – sottolinea Arena, che fa anche parte del coordinamento regionale dell’associazione -. Questo nonostante l’adozione, da parte nostra, dei migliori protocolli di sicurezza abbia dimostrato di aver contrastato la diffusione del contagio con i medici di famiglia e pediatri. Non vogliamo nascondere la nostra preoccupazione per il fatto che qualora fosse mantenuto il blocco della nostra attività professionale, o anche il semplice ritorno a metodiche di lavoro da remoto, si metterebbe fortemente a rischio il posto di lavoro di centinaia di professionisti con conseguenti ripercussioni su centinaia di famiglie bergamasche».

La figura dell’informatore scientifico del farmaco è il punto di contatto tra la ricerca e la produzione farmaceutica con gli operatori sanitari. «Tale attività è sempre stata svolta tramite appuntamento dai medici o nelle strutture ospedaliere -  aggiunge il presidente Arena -. Lo smart working per la nostra categoria è una soluzione emergenziale. Per la nostra professione è infatti fondamentale il contatto “de visu” con l’operatore sanitario, perché si basa su un rapporto professionale fondato sullo scambio continuo di competenze e informazioni. Va anche tenuto conto che l'attività di aggiornamento che viene fornita copre tutti i settori della sanità, anche quelli che rischierebbero di essere dimenticati e stravolti dall'onda anomala dell'emergenza Covid».

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