Una ricerca riportata dal Guardian

Gli italiani sono i più ignoranti? Piano con le statistiche (inglesi)

Gli italiani sono i più ignoranti? Piano con le statistiche (inglesi)
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"Gli italiani sono il popolo più ignorante d’Europa. E vivono in un mondo pieno di immigrati e musulmani che non esistono". È il titolo di un pezzo di Bruno Munafò sull’Espresso che riferisce di una ricerca condotta in Inghilterra da Ipsos Mori e riportata dal Guardian. Dato che abbiamo girato il mondo e ascoltato parecchia gente, il titolo ci è suonato strano. Magari era stato pensato proprio per provocare la nostra reazione, per attirarci.

In realtà le domande della ricerca erano piuttosto mirate: Quanti sono in percentuale i mussulmani nel vostro paese; quanti i cristiani; quanti gli immigrati in generale; quanti - sempre in percentuale - i votanti alle ultime elezioni; quanti i disoccupati; quante le ragazze tra i 15 e i 19 anni. Gli Italiani hanno dato numeri un po’ a caso. Soprattutto quando hanno dovuto esprimersi su mussulmani e immigrati hanno sparato cifre altissime. E ingiustificate, secondo il giornalista.

Allora precisiamo: non siamo in generale i più ignoranti d’Europa. Su alcuni aspetti dell’attualità ci sbagliamo più di altri.

E poi, Italiani chi? Ci sarebbe piaciuto poter entrare di più nel dettaglio del campione. Perché se gli Italiani sono, per esempio, quelli che al lunedì vanno al mercato della Malpensata e al sabato a quello di piazzale Goisis, alla domanda: “quanti sono secondo te gli immigrati in Italia?” è chiaro che risponderebbero: tutti. Sono tutti immigrati, tranne i vecchi. Sono immigrati quelli che hanno i banchi - salvo, talora, quelli della frutta e verdura -; sono immigrati quelli che comprano. Anzi “quelle” che comperano, col velo d’ordinanza e stupendi bambini al seguito. “Guardati in giro - ti dicono - vengon tutti dall’Africa”. Quando l’attuale segretario della Lega, Salvini, faceva politica militante, raccontava sempre di essere uno che la mattina si faceva i mercati per conoscere i problemi della gente. Lodevole iniziativa. Dalla quale si evince come sia venuto su vedendo dappertutto, oltre alle sarde in barile, marocchini, egiziani e altri discendenti di quelle nobili popolazioni. Ma il mercato non è l’Italia.

Ti chiedono quanti sono secondo te i disoccupati in Italia o quelli che cercano lavoro? In alcuni quartieri o in alcune cittadine dai nomi insoliti - il più inquietante: Pollena-Trocchia - uno si guarda in giro e dice: tutti. Tutti o disoccupati o in cerca di lavoro, perché quelli che lo hanno trovato o non stanno più lì (è più facile che li trovi a Londra o in Svezia) o hanno un lavoro in nero, o abusivo, e non te lo dicono, perché immaginano che tu stia chiedendo loro “quanti sono quelli che non hanno un lavoro come si pensa che debba essere un lavoro”. E allora, giustamente, viene fuori: nessuno. Nessuno di quelli che sono restati lì, a Pollena-Trocchia o a Pavona.

Stare in un posto, frequentare certi mercati anziché altri, falsa la prospettiva.

La falsa anche alla rovescia, ovviamente. Vai a matrimoni di un tipo, domandi dei figli agli invitati un po’ avanti in età, e ti senti raccontare che uno è in America, l’altro in Cina, il terzo sta ancora studiando. Vai ad altri matrimoni e lì non hai bisogno di chiedere perché i figli te li vedi intorno, e capisci che se lavorano lo fanno a singhiozzo. Ma tutti si sentono in Italia, e tutti raccontano l’Italia che vedono, quella in cui si muovono.

Ovviamente la ricerca Ipsos Mori avrà usato strumenti meno approssimativi di quelli che si costruisce una persona curiosa che va al mercato o frequenta matrimoni variamente assortiti. Avrà tarato bene il campione. È probabile che un campione italiano ben equilibrato sbagli su certe cose più di quanto sbagliano negli altri paesi.

Però provate a prendere l’autobus a certe ore del giorno in una grande città come Torino, Milano o Roma. Vi sentite proiettato al centro del mondo. Non tutti sono così appassionati alle lingue da sentirsi come topi nel formaggio nell’ascoltare nel giro di poche fermate parlate africane miste a quelle dell’Est Europeo o dell’America del Sud. Ma è vero che - tranne qualche italiano fuori di testa che sbraita contro un nemico immaginario - si sentono solo quelle.

Provate ad andare al supermercato un po’ prima della pausa pranzo o prima di cena: sembra di assistere a una migrazione biblica. Tranne pochi pensionati, gli altri sono o immigrati o coppie di orientamento sessuale specifico.

Dato che in Italia è difficile che chi va al supermercato o prende l’autobus l’ora dopo faccia colazione da Tiffany o, come il diavolo, vesta Prada, è comprensibile che le ricerche scoprano che gli Italiani hanno una percezione di ciò che li circonda meno precisa che in altri paesi.

Ma non è questione di ignoranza generalizzata. È che da noi ciascuno tende a vivere nel suo ghetto. Non in quello in cui lo hanno rinchiuso gli altri. Quello in cui si chiude da sé. Poi la sera sente la televisione. E allora sì che si sballa ogni cosa.

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