Sindacati, sì al Mes: porterebbe a Bergamo 500 milioni «fondamentali per Rsa e sanità»
«Al di là di qualsiasi disquisizione, poter acquisire un bel po’ di milioni di euro a interesse quasi zero, da restituire in dieci anni, credo non possa che interessare a tutti», commenta il segretario Gianni Peracchi

Mes sì o Mes no? I finanziamenti che l’Italia percepirebbe grazie al tanto famigerato Meccanismo Europeo di Stabilità (meglio noto come fondo salva-Stati) continua a infiammare il dibattito parlamentare. Senza entrare nel merito delle diatribe politiche, la Cgil di Bergamo evidenzia però che «solo a Bergamo il Mes (al netto quindi delle risorse erogate dai decreti nazionali e dal Recovery Fund) porterebbe circa 500 milioni di euro»
«Al di là di qualsiasi disquisizione, poter acquisire un bel po’ di milioni di euro a interesse quasi zero, da restituire in dieci anni, credo non possa che interessare a tutti – commenta il segretario Gianni Peracchi -. A maggior ragione se queste risorse sono finalizzate a sostenere interventi in ambito sanitario. Pensate a cosa potrebbero significare 500 milioni per il nostro territorio: basterebbe anche solo una minima parte di queste risorse, ad esempio 6 milioni, per attenuare sensibilmente le difficoltà dei sistemi di assistenza residenziale o semiresidenziale bergamaschi (dalle Rsa ai Centri per disabili.), riconoscendo contributi di 50 euro al giorno per i duemila posti persi nei due mesi di lockdown. È importante che queste risorse arrivino in fretta. Si potrebbe così dare respiro ai bilanci delle strutture, ai trattamenti del personale, al contenimento delle rette, garantendo le condizioni per una rivisitazione virtuosa della presa in carico dei bisogni sanitari e assistenziali».
«Per raggiungere questo risultato è importante, soprattutto, che sul versante sanitario ci sia coesione tra tutti i soggetti, seppur in un rapporto dialettico – continua Orazio Amboni, responsabile Welfare Cgil di Bergamo - Alcune crepe che sembrava potessero aprirsi tra medicina di base e ospedaliera non hanno avuto seguito. La posizione dei medici di base, insieme al sistema della prevenzione e degli interventi di tutela e sicurezza del territorio, ha fornito un contributo prezioso che tornerà ancora più utile per la ridefinizione del sistema sanitario lombardo».
«Durante la pandemia – aggiunge Amboni -, il sistema ha sviluppato ulteriormente le eccellenze delle strutture ospedaliere e di ricerca. Purtroppo però è emerso drammaticamente un vuoto nella medicina del territorio e nel sistema della prevenzione e sanità pubblica, determinatosi per l’indebolimento graduale della medicina territoriale e per le confuse definizioni dei rispettivi ruoli di Ats e Asst con conseguenti paralisi operative».
«Qui le responsabilità della gestione politica regionale degli ultimi decenni sono, a nostro avviso, evidentissime – concludono Peracchi e Amboni -. Così come è stato evidente il livello di inadeguatezza della direzione politico amministrativa della Giunta regionale, oltre alla grave reticenza nel fornire dati ed informazioni anche a livello provinciale. Ma di questo si avrà occasione di discuterne nelle sedi di confronto opportune».