Un'indagine inglese

La tv può far bene agli occhi Davvero, ma ecco in che senso

La tv può far bene agli occhi Davvero, ma ecco in che senso
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Sarà (forse) la tv a dare un aiuto nella definizione della diagnosi di glaucoma. Una malattia, importante, che colpisce il nervo ottico e che può portare alla perdita parziale o totale della vista, se non accuratamente diagnosticata e trattata. E proprio la scoperta spesso tardiva della malattia può comprometterne l’evoluzione. Secondo un gruppo di ricercatori inglesi della  City University London, che hanno pubblicato su Frontiers in Aging Neuroscience il loro studio finanziato dalla charity inglese Fight for Sight, questo scoglio iniziale però potrebbe essere risolto osservando i movimenti oculari compiuti davanti a uno schermo.

L’indagine. La tv, forse per la prima volta, potrebbe essere terapeuticamente utile e contribuire a una causa sanitaria importante: potrebbe cioè aiutare a definire, soprattutto nelle persone in età maggiormente a rischio, alcuni segnali chiari e soprattutto premonitori che qualcosa nella loro vista non va come dovrebbe.

Ricercatori inglesi avrebbero infatti dimostrato che il glaucoma, una condizione che raggruppa diverse patologie oculari neurodegenerative degli anni d’argento e di cui nel mondo sono affetti almeno 65 milioni di persone, può essere scoperto studiando le mappe dei movimenti oculari e i comportamenti dei bulbi. Questo grazie ad un apposito tracciante che ne registra l’andirivieni nel corso della visione di un film.

 

Man sitting on a sofa watching tv with hands folded behind his head

 

Per arrivare a tale conclusione, gli esperti hanno arruolato 32 soggetti in età matura senza problemi alla vista e 44 pazienti affetti da glaucoma, tutti seguiti con visite oculistiche complete. Poi, a ciascuno, sullo schermo di un computer sono stati mostrati tre spezzoni di film o di programmi televisivi, mentre Eyelink 1000 (il tracciante oculare) registrava ogni singola variazione nel movimento degli occhi, ma soprattutto la direzione nella quale il soggetto osservava. E proprio questo elemento sembrerebbe avere fatto la differenza diagnostica: tutte queste informazioni sull’attività oculare, infatti, sono state raccolte, studiate e analizzate a fondo per arrivare a creare delle mappe dettagliate che consentissero la diagnosi di glaucoma.

Una diagnosi difficile e (si spera) una soluzione. I numeri sono ancora piccoli, i risultati preliminari, ma pongono premesse importanti per la definizione di un test, non invasivo, che potrà in futuro (una volta validato) facilitare la diagnosi del glaucoma, tanto subdolo quanto cattivo. I primi segnali della malattia, infatti, sono silenziosi e le alterazioni, almeno all’inizio, insidiose, quasi asintomatiche, perché riguardano soprattutto la visione periferica.

Scambiata così per un deficit di poco conto, la malattia progredisce indisturbata: si manifestano difficoltà visive, i meccanismi percettivi compensatori diventano inefficaci ed emergono danni che possono arrivare alla perdita completa del visus. In maniera irreversibile, vale a dire che una volta che sono insorti non hanno rimedio. Quindi diventa fondamentale capire il glaucoma precocemente.

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