di Paolo Aresi (foto di Devid Rotasperti)
L’attenzione deve essere alta, la prudenza doverosa. Ma la paura, l’ansia da accerchiamento no, quelle evitiamole. Guardiamo con attenzione i numeri che riguardano Bergamo e provincia e scopriamo che – come era ampiamente previsto – i casi salgono: aumentano soprattutto i positivi. Però attenzione: teniamo presente che la stragrande parte delle persone che i tamponi scoprono positivi al coronavirus in realtà stanno bene. Non siamo a marzo.
Giovedì 15 ottobre i positivi erano 71 in in più. Ma pressoché nessuno in condizioni preoccupanti. Cresce tuttavia anche il numero di persone con sintomi e pure quello dei ricoverati. Quindi è giusto preoccuparsi, ma senza angosce. Perché a ieri i ricoverati in terapia intensiva, al Papa Giovanni, in totale erano sette (quattro bergamaschi e tre da fuori provincia), mentre altri dodici erano ricoverati, con sintomi meno gravi, nel reparto per le malattie infettive. Un numero basso, che nemmeno lontanamente si può paragonare a quanto accaduto a marzo e aprile. Quindi, niente angosce. Tuttavia tanta prudenza, quella sì: perché se non staremo molto attenti applicando tutte quelle norme che vengono suggerite dagli esperti e dal Governo, l’epidemia potrebbe davvero ripartire in forma grave.
Nonostante l’autunno sia arrivato e i primi freddi abbiano ghermito la penisola e pure la Bergamasca, l’epidemia di Covid-19 è ancora ben tenuta a bada proprio perché – a differenza del febbraio e marzo scorsi – ci stiamo difendendo. Con le mascherine, con le distanze, evitando gli assembramenti, con i disinfettanti delle mani e degli ambienti. Per il coronavirus è vita grama. Bisogna andare avanti così e si eviteranno disastrosi lockdown. Forse serviranno altri provvedimenti, in particolare per risolvere il problema degli affollamenti sui mezzi di trasporto: il sovraffollamento è una condizione molto favorevole al contagio.