Guardiola fa il tifo per la Catalogna e si candida per la sua indipendenza

Maniche di camicia, mani che mulinano nell’aria, dal pulpito Pep Guardiola ci convince che un altro credo (tattico) è possibile. Lo fa con i giocatori, perché non potrebbe farlo con gli elettori? Ha già detto che se dovesse essere eletto rifiuterà il seggio, ma l’ex allenatore del Barcellona (oggi profeta di un’altra patria, quella tedesca del Bayern Monaco) è sceso in politica. Si è candidato alle elezioni regionali del 2015 con la coalizione indipendentista "Junts pel Sí" (Insieme per il sì) della Catalogna. Quella di Pep è una presa di posizione. Già nel 2012 si era schierato con il movimento per l’indipendenza. Quella volta a Barcellona erano finiti in strada un milione e mezzo di catalani, aveva vinto Artur Mas, attuale governatore della regione. Di politica Guardiola si era occupato anche l’anno scorso mettendo la sua firma sul referendum. Oggi, anche se al 135esimo e ultimo posto della lista, Guardiola sarà parte integrante della coalizione che tiene insieme la destra di Convergència Democràtica de Catalunya (Cdc) e la sinistra di Esquerra Republicana de Catalunya (Erc) passando attraverso partiti e movimenti minori.
Pep, ma anche Xavi e Puyol. Nato a Santpedor, capoluogo di uno dei 42 distretti che compongono la Catalogna, Guardiola è sempre stato legato alla sua terra. Fino a questo punto. La colazione con cui Pep ha scelto di schierarsi ha già annunciato la secessione entro i primi 18 mesi del nuovo mandato. Le elezioni saranno il prossimo 27 settembre e dai primi sondaggi la "Junts pel Sì" potrebbe avere la maggioranza schiacciante. Infatti, secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano La Vanguardia, “Convergència y Esquerra” potrebbe conquistare fra 68 e 72 seggi (su un totale di 135) nel Parlamento di Barcellona, strappando così la maggioranza assoluta. Ma Guardiola non è il solo ad aver appoggiato il progetto secessionista. Nel 2010 Xavi Hernandez e Carles Puyol (ai tempi entrambi giocatori del Barcellona) festeggiarono il Mondiale portando in giro per il campo la Senyera (la bandiera nazionale della Catalogna).
L'impegno di Weah. Di politica si è sempre occupato anche George Weah, l’ex stella del Milan. Nel 2014 è diventato senatore della Liberia, conquistando un seggio nella Contea di Montserrado Country sconfiggendo Robert Sirleaf, figlio del Presidente della Repubblica. Weah si era imposto con il 78 per cento dei voti. Nel 2005 e nel 2011 l'attaccante africano aveva perso le elezioni presidenziali contro Ellen Johnson Sirleaf, attuale presidente della Liberia. Adesso vuole riprovarci (le elezioni sono in programma del 2017). Pallone d’Oro nel 1995, Weah vuole aiutare il suo Paese a rialzarsi dopo la lunga guerra civile finita nel 2003 e dopo Ebola, che in Liberia ha ucciso più di 3mila persone.
Rivera e gli altri. Qui da noi Gianni Rivera scese in campo (politico) nel 1987 con la Democrazia Cristiana, in cui rimase fino al '94. In seguito fu deputato alla Camera per il Patto Segni, sottosegretario alla Difesa nel governo '96-2001 dell'Ulivo, deputato del Parlamento Europeo al posto di Mercedes Bresso. Nel 2011 la svolta a destra per sostenere Letizia Moratti alle comunali di Milano, poi di nuovo a sinistra con Bruno Tabacci, senza però ottenere le preferenze minime per sedersi alla Camera. Un altro politicamente molto attivo è Massimo Mauro, ex centrocampista di Juventus e Napoli tra gli anni Ottanta e Novanta. È stato eletto in Calabria alla Camera dei deputati per le liste dell'Ulivo, nel 2006 consigliere comunale di Torino sempre nell'Ulivo. Entrato poi nel Pd, nel 2012 si è iscritto al Csp Partito Comunista-Sinistra Popolare, fondato da Marco Rizzo.