Ricorrenza in città

San Paolo, festeggia 50 anni l'ultima "casa" del vescovo Amadei

San Paolo, festeggia 50 anni l'ultima "casa" del vescovo Amadei
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Cinquant’anni fa, il 18 febbraio 1965, “a motivo del continuo sviluppo edilizio e del conseguente aumento della popolazione” e per poter “provvedere al bene spirituale dei fedeli che vi risiedono”, nasceva con decreto del Vescovo Clemente Gaddi la parrocchia di San Paolo apostolo in città, smembrata dalle parrocchie di Sant’Alessandro in Colonna, San Tomaso e Loreto. Primo parroco fu don Mario Frosio, che con grandi sacrifici e decisioni energiche riuscì a costruire la chiesa (consacrata nel 1970, prima era ospitata in un capannone), la canonica e l’oratorio. A succedergli nel 1997 è stato monsignor Luigi Merelli e, nel 2009, monsignor Alessandro Locatelli, già segretario del vescovo Roberto Amadei.

La parrocchia nacque in seguito al rapido popolarsi del quartiere. A San Paolo, tra l’altro, andarono ad abitare numerosi tramvieri, perché la sede dell’Atb era proprio di fronte a dove ora sorge la chiesa. Molti bergamaschi che si trasferivano in città e immigrati dal sud si insediarono nelle case e nei palazzi della zona, dopo aver trovato lavoro. San Paolo, in realtà, è sempre stato un quartiere sui generis, mancando di confini precisi e di una piazza centrale e diviso dalla Briantea e da via Broseta. La parrocchia ha seguito lo stesso destino e, nata per “alleggerire” altre parrocchie, partecipa oggi del processo inverso, che ha portato anche nella nostra diocesi alla nascita di unità pastorali. Negli ultimi anni la parrocchia si è vivacizzata con più presenze alle messe e alle attività caritative e l’oratorio è diventato un punto di riferimento non solo per i bambini.

 

parrocchia giovane 3

 

Dopo aver lasciato la guida della Diocesi, per la paternità che sentiva nei confronti di monsignor Locatelli, il vescovo Amadei si legò in modo particolare alla parrocchia di San Paolo. Dal 15 marzo 2009 e fino al 13 settembre, ogni domenica mattina, celebrò la messa delle 8.30. Un piccolo grande privilegio per una comunità giovane la cui storia è raccontata in queste settimane di festeggiamenti in una mostra fotografica realizzata nei locali parrocchiali. In segno di riconoscenza, ogni anno all’inizio di gennaio, San Paolo ricorda il “suo amico vescovo” con celebrazioni e iniziative culturali partecipate da numerose persone provenienti da tutta la città e dalla provincia.

Per ricordare i cinquant’anni della parrocchia sono state organizzate diverse iniziative. Oggi, domenica 25 gennaio, festa patronale, alle 10.30 sarà il vescovo di Bergamo Francesco Beschi a presiedere la Messa solenne. «Cinquant’anni di vita meritano celebrazione e festa – ha dichiarato nei giorni scorsi monsignor Locatelli a L’Eco di Bergamo – per ricordare e costruire una memoria condivisa» e per «evidenziare il ruolo civico vitale che la parrocchia ha svolto nel quartiere come luogo di cultura, svago e accoglienza (…), espressione di un modo cristiano di essere nel mondo».

Uno stile che non lascia spazio a trionfalismi: «La nostra parrocchia – ha aggiunto il parroco – è fatta anzitutto dalla vita semplice, riconoscente, generosa e paziente dei suoi fedeli, dai bambini agli adulti, ognuno dei quali ha doni e qualità particolari che arricchiscono l’insieme». Una casa tra le case, insomma. Che la gente apprezza e frequenta volentieri.

 

parrocchia giovane 1

 

Altre iniziative per ricordare l’anniversario sono in programma nei prossimi mesi. Dal 7 al 14 aprile si terrà un pellegrinaggio in Turchia sulle orme di San Paolo, dal 29 maggio al 7 giugno ci sarà la festa della comunità e domenica 4 ottobre una messa in ricordo dei 45 anni della consacrazione parrocchiale chiuderà l’anno giubilare.

Per spiegare il significato della ricorrenza, monsignor Locatelli ha fatto appello a un testo del vescovo Amadei, che riportiamo integralmente:

"La memoria di chi ci ha preceduto nell’esperienza ecclesiale è doveroso e fruttuoso atto di riconoscenza. È un ricordare momenti e strumenti significativi della continua presenza del Signore nel cammino della nostra storia quotidiana; è renderci consapevoli della ricchezza morale, culturale e spirituale riversata nella nostra storia da chi ci ha preceduto.

E il ricordare diventa ancor più necessario oggi, perché i rapidi mutamenti ci rendono senza memoria, quindi incapaci di cogliere le nostre radici, la profondità della storia che stiamo vivendo e il significato del cammino che stiamo percorrendo. Non siamo più in grado di leggere adeguatamente il momento presente, perché non illuminato dal passato e dalla fatica di chi ci ha preceduto. Passato che possiamo indagare soprattutto nella storia delle persone che hanno dato un contributo peculiare allo sviluppo culturale e religioso delle nostre comunità.

Comunità di credenti che, senza nostalgia, sanno accogliere e tradurre in modalità nuove la ricca esperienza religiosa che ci viene dal passato. Sanno interpretare e orientare a Gesù Risorto l’ancora frequente domanda religiosa.

Comunità che, con la loro presenza, interpellano l’indifferenza religiosa, molto presente, aprendola alla domanda sul senso della vita. E’ il primo passo sul cammino che porta a riconoscere in Gesù la risposta definitiva a questo interrogativo; risposta già presente nelle pieghe della vita quotidiana… Quindi l’Eucarestia offre il dono e il compito di superare la frequente litigiosità, di correggere l’abituale modo di considerare la parrocchia come distributrice di servizi religiosi senza sentirsi partecipi e responsabili del suo cammino, di vincere la tendenza a privilegiare l’attivismo rispetto alle relazioni tra le persone.  Dona la possibilità di costruire delle parrocchie dove, tradotte nelle opportunità e difficoltà odierne, si vive l’accoglienza aperta a tutti di Gesù, la sua capacità di stimare e ascoltare ogni persona, il suo amore tenace, universale, tenero, rispettoso, gratuitamente dedito al servizio dei più bisognosi: bisognosi di beni materiali, di essere alleviati dalla solitudine, di essere sorretti nelle prove della vita, di scoprire il senso profondo della vita.

Comunità che ascoltano e interpretano le voci, gli appelli, le attese, le speranze e le delusioni delle varie generazioni e delle singole persone.  Dove le diversità non sono motivo di rotture perché lette e vissute come complementari; dove tutti sono valorizzati nella loro peculiarità.

Comunità che alle nuove generazioni sanno raccontare con la vita ciò che Dio ha operato nella loro esistenza suscitando anche in essi il desiderio di condividere la maniera di esistere di Gesù Cristo. E, sempre con il clima di condivisione, sanno sostenere la fedeltà coniugale e l’impegno educativo dei genitori.

Comunità impegnate a vivere quotidianamente la sinodalità, cioè il comprendere insieme la parola di Dio, il ricercare insieme come tradurla e concretizzarla nell’oggi.  Sinodalità nell’essere attenti a capire, stimare e accogliere ciò che ogni persona dice o i passi che può compiere, non lasciandosi guidare dalla voglia di convincere gli altri che le proprie idee sono le migliori.  Questo atteggiamento, abbastanza presente nelle nostre comunità, distrugge il dialogo costruttivo, impedisce di sostenersi reciprocamente nella ricerca, mai finita, della piena verità di Gesù e, quindi, della piena verità dell’uomo e di come vivere la storia.

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