Ricordate Adam e Rami?

«I piccoli eroi del bus sequestrato, vittime anche dei media». Parla la psicanalista

La dottoressa De Cumis e l’avvocato Andronico, bergamaschi, rappresentano e tutelano quattro ragazzini coinvolti nel dramma a San Donato milanese. «Danno morale e biologico elevato»

«I piccoli eroi del bus sequestrato, vittime anche dei media». Parla la psicanalista
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di Andrea Rossetti

I riflettori della stampa, a distanza di dieci mesi, si sono attenuati. Da fine settembre, però, si sono accesi quelli della giustizia. Davanti alla Corte d’Assise di Milano, infatti, si sta tenendo il processo nei confronti di Ousseynou Sy, l’autista senegalese di 47 anni che il 20 marzo 2019 dirottò un pullman con a bordo cinquanta ragazzini di Crema con l’obiettivo, poi sventato, di portarli a Linate e immolarsi su una delle piste dell’aeroporto milanese. Li sequestrò e li minacciò di morte.

La psicanalista De Cumis e l’avvocato Andronico

Tutte e cinquanta le giovani vittime si sono costituite parte civile e quattro di loro sono seguite da un avvocato bergamasco, Antonino Ennio Andronico. Tra questi, ci sono anche Adam e Ramy, i due «piccoli eroi» che con coraggio riuscirono a contattare le autorità e a salvare i loro compagni. Al fianco dell’avvocato Andronico sta seguendo il processo anche un’altra professionista bergamasca, la dottoressa Alessandra Iaumundo De Cumis, che, nelle vesti di perito, ha valutato il danno biologico di natura psichica subito da quattro ragazzini. Li ha incontrati, ha parlato con loro, ha potuto tastare con mano la paura e la sofferenza che hanno provato e tuttora provano. L’abbiamo incontrata perché, al di là dei traumi subiti, c’è di più da raccontare. «Credo che questa storia presenti diversi livelli di “distorsione”, se così vogliamo dire», ha affermato.

In che senso?

«Partiamo dall’imputato: Sy era stato assunto nonostante avesse dei precedenti penali di non poco conto: violenza nei confronti di una minorenne e guida in stato di ebbrezza. Già la storia parte male quindi».

E poi?

«E poi ci sono stati gli evidenti errori nella gestione del trauma delle vittime. Il Ministero (che è citato in giudizio per responsabilità civile e, dunque, in caso di condanna dovrà risarcire le vittime, ndr) ha sì inviato uno psicologo, ma questo ha ascoltato soltanto insegnanti e genitori. I ragazzi sono stati lasciati soli».

Con conseguenze gravi, immaginiamo...

«Io posso parlare solo per i quattro che ho incontrato e valutato. E in loro il danno morale e biologico è certamente elevato, anche perché avvenuto in una fase della vita, quella preadolescenziale, in cui la personalità è ancora in formazione e traumi di questo tipo lasciano cicatrici ancora maggiori».

Tra questi quattro ci sono anche Adam e Ramy, i due «piccoli eroi».

«Esatto. Ed è parlando di loro che si può analizzare anche un’altra distorsione: quella mediatica».

In cosa consiste?

«Nel fatto che la sovraesposizione mediatica a cui sono stati sottoposti ha aggiunto, soprattutto in Ramy, problemi a problemi».

Intende dire che i giornali e le televisioni hanno fatto danni?

«Dico solo che l’attenzione che hanno dedicato loro, veramente eccessiva, non ha aiutato».

Li ha caricati di eccessive responsabilità?

«No, ha offerto loro una scappatoia dal dolore e dal trauma. Soprattutto per Ramy, che è quello più grande e che ha subito e subisce maggiormente questa sovraesposizione. Per intenderci: in Adam e negli altri due soggetti incontrati ho riscontrato la stessa identica sintomatologia, sebbene con peculiarità specifiche. Soffrono tutti e tre di disturbo post traumatico da stress cronico grave e complicato, con un danno biologico stimabile in un valore del trenta per cento, quindi elevato».

E Ramy?

«Fare una diagnosi, per lui, è stato complicato: ha assunto le vesti dell’eroe e questo ha “schiacciato” i traumi di quanto accaduto nel fondo della sua psiche. L’identità dell’eroe nasconde e sovrasta tutto il resto. Durante il colloquio era spento, inespressivo. Dava segni di vita soltanto quando parlava delle interviste fatte, dei personaggi importanti che aveva incontrato. Al momento, quindi, in lui ho potuto diagnosticare un disturbo dell’adattamento moderato a sintomi ansiosi e un danno biologico del quindici per cento. Ma sono certa che quando le telecamere si spegneranno del tutto per lui inizieranno i veri problemi».

Ousseynou Sy

 

È un fenomeno che ha già riscontrato in passato?

«Sì, in alcune vittime del terremoto nelle Marche. Dopo essere stati protagonisti delle cronache, alcuni soggetti si sono sentiti, oltre che terremotati, anche abbandonati e hanno sviluppato una forma grave di depressione».

Però, dottoressa, i media fanno il loro lavoro...

«Certo, lo capisco. Ma in questo caso c’è stata una strumentalizzazione dei ragazzini. Adam e Ramy erano figli di stranieri, la loro storia “piaceva”. Nessuno, ad esempio, ha mai parlato di un altro ragazzino eroe di quel pullman».

Chi è?

«Si chiama Niccolò, è più piccolo di Adam e Ramy. Un bambino. Si offrì come ostaggio per salvare tutti gli altri. Poi, quando a Ramy cadde il telefono, Niccolò lo raccolse rischiando di farsi vedere dal sequestratore. Fu anche lui un eroe, ma non ne ha mai parlato nessuno. La sua storia non faceva lo stesso effetto. E forse è stato più protetto dalle persone che ha attorno».

Cosa di non poco conto.

«Assolutamente. Per questo ho parlato di una serie di distorsioni nella vicenda: se sin dall’inizio le vittime fossero state sottoposte a un percorso psicologico accurato, la sovraesposizione mediatica avrebbe fatto molti meno danni. Da dottoressa, data anche la delicatezza della vicenda e la giovane età dei coinvolti, mi sento in dovere di raccontare quanto successo, nella speranza che si eviti di commettere gli stessi errori in futuro».

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