I segreti delle star messi in rete «La Jolie viziata e senza talento»

La Sony sta vivendo, da 10 giorni a questa parte, il peggior momento della sua storia. Tutta colpa della Sony Pictures, ovvero la succursale hollywoodiana dell’azienda giapponese, il potentissimo ramo aziendale che si occupa della produzione cinematografica. La casa produttrice, infatti, è stata vittima, nei primi giorni di dicembre, di un attacco hacker senza precedenti, che avrebbe comportato la sottrazione dai server della Sony di ben 100 terabyte di materiale. Gli autori del colpo sono i misteriosi “Guardiani della Pace”, un non ben identificato gruppo di hacker su cui anche l’Fbi ha iniziato ad indagare dato che la portata dello scandalo sta, giorno dopo giorno, ingrandendosi sempre più. Già in precedenza i "Guardiani della Pace" avevano colpito la Sony, diffondendo film inediti di prossima uscita, ma ora le informazioni vengono liberate nella rete a gettito continuo, goccia dopo goccia: informazioni finanziarie, dati sensibili, strategie di marketing, numeri di telefono di attori e email riservatissime. Settimana scorsa, secondo Bloomberg, la fonte del “leak” è stata rintracciata. Si tratta dell’hotel St. Regis di Bangkok, un cinque stelle con wi-fi ad alta velocità. Non si sa se la connessione sia avvenuta in una stanza degli ospiti o in un’area pubblica. Pare sempre più probabile che gli hacker siano stati assoldati dalla Corea del Nord per punire la Sony, rea di aver realizzato il film The Interview, in cui il dittatore Kim Jong-Un viene ucciso.
I primi duri colpi. I vertici della Sony Pictures hanno iniziato a tremare il 9 dicembre, quando nel web sono stati pubblicati i primi documenti riservati sottratti. I numeri di telefono privati di Brad Pitt, Julia Roberts e Tom Hanks sono diventati di dominio pubblico, insieme ai dati di studio marketing della Sony: delle tabelle con il gradimento, attore per attore, nei vari Paesi. In base a questi dati venivano fatti i cast per i film. Si scopre così che il rifiuto di Leonardo DiCaprio di interpretare Steve Jobs nel kolossal sulla vita del fondatore della Apple ha abbattuto il gradimento e l’interesse per il film di ben 25 punti percentuali. Non contenti, gli hacker hanno pubblicato anche una serie di false identità con cui le star di Hollywood spesso vengono accolte negli hotel di mezzo mondo, alla disperata ricerca di un po’ di privacy: Natalie Portman diventa Lauren Brown, Jude Law si fa chiamare Mr. Perry, Daniel Craig diviene Olwen Williams e Jessica Alba ha optato per il particolare nome Cash Money.
Mail riservate. Il vero cazzotto, però, è stato sferrato degli hacker quando hanno iniziato a rendere pubbliche alcune discussioni via mail tra Amy Pascal, presidente della Sony Pictures, e i più svariati personaggi dello show business americano. La prima a farne le spese è stata Angelina Jolie. La bellissima attrice, infatti, viene definita dalla Pascal e Scott Rudin, produttore cinematografico, «una monella viziata per niente talentuosa». Lo sguardo gelido con cui la Jolie ha salutato la Pascal pochi giorni dopo, in un incontro pubblico immortalato dai fotografi, parla da sé. E, come se non bastasse, è del 13 dicembre la notizia dell’assenza della Jolie alla prima del suo ultimo film, prodotto dalla Sony, Unbroken. Ufficialmente per varicella, ufficiosamente pare proprio per i dissapori con la Pascal.
Fitta anche la corrispondenza virtuale relativa al film sulla vita di Steve Jobs, che a lungo è stato in mano della Sony per poi essere prodotto, invece, dalla Universal. In particolare, al centro delle mail, c’è la scelta dell’attore che avrebbe dovuto interpretare Jobs. Il nome più caldo di tutti era Leonardo DiCaprio, il quale, però, dopo un lungo tira e molla ha detto di no, mandando su tutte le furie la Pascal, che ha definito il comportamento dell’attore «orribile e spregevole». Un altro nome tra quelli dei papabili era quello di Michael Fassbender, definito nelle mail «non ancora una stella, ma un bravissimo attore. Peccato sia superdotato». Non mancano anche scambi di battute a sfondo velatamente razzista, tra la Pascal e Rudin, sul presidente Obama.
Non ci fa una bella figura neppure George Clooney, che appare come tremendamente insicuro nello scambio di mail con la Pascal in seguito all’uscita del suo film The Monuments Men. Clooney scrive: «Ho bisogno di protezione dalle recensioni. Facciamolo diventare un successo. Non dormo da 30 ore e sono le 7 del mattino». La Pascal risponde: «Ti tuteleremo facendo soldi. È questa la vendetta migliore». Risposta che soddisfa molto il bel George («Ti adoro Amy. Sei l’unica persona a capo di uno studio che ama i film. Temo di averti deluso e non era mia intenzione. Me ne scuso, non accadrà di nuovo»).
Gatte da pelare anche per il NYT. A finire nel tritacarne mediatico del “Sony leaks” c’è anche una delle più apprezzate firme del New York Times, Maureen Dowd, editorialista di punta con tanto di premio Pulitzer in bacheca. A ridosso della notte degli Oscar, la Dowd ha scritto un editoriale in cui attaccava i vertici del cinema americano scrivendo: «Gli elettori degli Oscar e i pezzi grossi dell’industria sono ancora per la stragrande maggioranza bianchi, maschi e di mezza età». Un pezzo che, si scopre oggi, è stato volutamente scritto per fare bella pubblicità all’amica Pascal: la Dowd, infatti, scriveva che le donne come la dirigente della Sony prendono molti meno soldi degli uomini. Peccato che i dati diffusi dagli hacker mostrino come la Pascal incassi 3 milioni di dollari l’anno, tanti quanti il ceo della Sony. Ma il vero imbarazzo per il New York Times è il fatto che, dalle mail, si scopre che la Dowd, prima di ogni pezzo sul cinema, faceva correggere il suo articolo (cosa mai avvenuta) al marito della Pascal, Bernard Weinraub, ex giornalista del Times, con l’intento di far «venir fuori alla grande» l’amica da ogni situazione.
Il caso Bond. Indiscrezioni giungono anche da Londra, dal Times. Il noto quotidiano londinese, infatti, ha reso noto che la Sony avrebbe sospeso le riprese del nuovo film di James Bond, 007 – Spectre (in cui ci sarà anche Monica Bellucci), perché sconvolta dallo scandalo e, al momento, non in grado di sostenere i costi delle riprese del film, che dovrebbero ammontare all’incredibile cifra di 300 milioni di dollari. Non una notizia che impressione chi, in questi giorni, ha seguito con attenzione la pubblicazione di tutti i file rubati alla Sony. Tra le mail diffuse, infatti, c’è un fitto scambio di opinioni sulla sceneggiatura del nuovo 007, su cui la casa produttrice punta molto. La prima parte del film ha convinto pienamente la Pascal e i vertici Sony, mentre non si può dire lo stesso per il resto del copione: l’incontro tra James Bond e il cattivo di turno (interpretato da Christoph Waltz) è definito «mal motivato e forzato» e anche la parte in cui Bond (per la prima volta) si innamora non piace, perché non si vede la vulnerabilità del personaggio mentre scompare totalmente l’ironia che ha sempre contraddistinto l'agente segreto. Infine, a deludere, sarebbe il finale, definito debole, scontato e di poco impatto.
La Sony sta tentando in tutti i modi di leccarsi le ferite, ma riprendersi non sarà facile. La casa produttrice è infatti stata colpita sugli elementi più importanti per un’azienda del settore: la reputazione e il rapporto di stima con gli attori. La sedia sotto la Pascal trema e i finanziatori sono sempre più in procinto di salutare. Intanto i fantomatici "Guardiani della Pace" prometto un bel regalo di Natale.