la denuncia

Il 18 giugno sciopero degli operatori sanitari delle strutture private

Il mancato contratto (dopo 14 anni) e la richiesta di fondi pubblici da parte dei datori di lavoro ha fatto scattare la molla della protesta.

Il 18 giugno sciopero degli operatori sanitari delle strutture private
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Uno sciopero nazionale degli operatori sanitari che lavorano nelle aziende private è stato indetto il 18 giugno prossimo. La procedura di conciliazione al Ministero del Lavoro è andata clamorosamente fallita. «La trattativa per il rinnovo contrattuale - denuncia la Cisl in un comunicato -, atteso da 14 anni, che stava continuando da due anni e mezzo, fra alti e bassi, ha subito l’ennesima battuta di arresto. L’obiettivo è chiaramente quello, per i datori di lavoro, di portare a casa ancora più risorse pubbliche, nella fattispecie risorse regionali, quindi prelevate dai cittadini. Un atteggiamento vergognoso, inaccettabile e lesivo della dignità dei 77.000 lavoratori della sanità privata italiana, 15.000 dei quali nella sola Lombardia».


«Non ci avevamo mai creduto al fatto di essere eroi o angeli. E ci dava anche un po’ fastidio l’etichetta. Il nostro lavoro è sempre stato questo e continuerà ad esserlo. I ringraziamenti e il sostegno della cittadinanza, degli esercenti e dei benefattori ci hanno fatto davvero tanto piacere e, in alcuni momenti, ci hanno dato una grande energia positiva e una grande motivazione a non mollare. Adesso che l’emergenza sanitaria sembra assumere dimensioni più gestibili, le lavoratrici e i lavoratori della sanità privata si vedono beffati e traditi, nel peggiore dei modi, dalle associazioni datoriali che rappresentano le proprietà aziendali». Sono parole dure quelle espresse dagli operatori della sanità che lavorano nelle strutture private.

«In Lombardia la sanità privata eroga per nome e per conto di Regione Lombardia, prestazioni per il 51,7% del Sistema sanitario regionale - continua il comunicato -, quindi di sanità pubblica. In sostanza gli imprenditori della sanità privata, ci fanno sapere senza scrupoli e reticenze, di non avere la benché minima intenzione di sottoscrivere il contratto scaduto da 14 anni per la sanità privata e, da 5 anni per le residenze socio-sanitarie assistenziali, le cosiddette RSA». «Le strutture sono state tutte integrate nelle reti ospedaliere di contrasto all’emergenza sanitaria Covid-19, hanno dovuto interrompere l’attività ordinaria per garantire le prestazioni che il servizio pubblico non riusciva a garantire - afferma Katia Desio (Segreteria Fp di Bergamo) -. Le associazioni datoriali della sanità privata lamentano una crisi finanziaria ed economica, a causa delle risorse impegnate per fronteggiare la pandemia da Coronavirus, tale da mettere in discussione la sopravvivenza delle aziende e non soltanto il rinnovo contrattuale dei lavoratori. Per questo motivo vengono richiesti nuovi finanziamenti alle Regioni. Ma come è possibile approfittare di un’emergenza sanitaria per battere cassa? Servirà riflettere sul rapporto tra sanità pubblica e sanità privata in Italia: un rapporto sempre più sbilanciato  – soprattutto nel contesto emergenziale vissuto in questi mesi – trainato dal pubblico con risorse sempre più risicate. Il sistema sanitario è sempre meno pubblico; che si speculi sulla nostra salute non è ideologia, ma pura verità. Se non saremo capaci di fermare chi tenta di distorcere il sistema a proprio favore ci troveremo anche domani nella stessa situazione di oggi e di ieri. Il 75% del bilancio regionale riguarda la sanità. Attualmente il principio di sussidiarietà solidale, ispiratore della legge regionale n. 31/1997 che determina il partenariato pubblico-privato, sta venendo meno. Il settore privato ormai entrato prepotentemente nel sistema sanitario regionale sta riservando per sé i settori più remunerativi della sanità e dell’assistenza, lasciando al settore pubblico i settori meno redditizi e più dispendiosi».

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