Il caso dei barbieri della Camera Ricchi, delusi ma… promossi

Nell’agosto 2013, La Repubblica pubblicò un interessante articolo dove venivano riportati tutti gli stipendi dei dipendenti di Montecitorio. Cifre naturalmente da capogiro, che crearono scandalo e indignazione nella popolazione. Com’era possibile che in un momento di ristrettezze per l’intera Nazione, in cui quotidianamente si chiedevano sacrifici a operai e impiegati, la Camera arrivasse a spendere 136mila euro l’anno di stipendio per il più anziano dei sette barbieri in servizio? Non si sa, ma fatto sta che era ciò che accadeva. E a distanza di due anni e mezzo, poco è cambiato. Almeno fino all’inizio del 2016, quando l'Ufficio di presidenza della Camera non ha più potuto rimandare una decisione al riguardo dei costi eccessivi per i dipendenti di Montecitorio. Dopo lunghe trattative, proteste, mezzi scioperi e lunghi, lunghissimi incontri, alla fine è stato deciso con voto quasi unanime (si è astenuto soltanto Simone Baldelli di Forza Italia) un taglio degli storici barbieri in servizio nel salone tutto specchi cui si accede dal fondo dell’atrio della toilette di Montecitorio.
Spending review. Anzi, non proprio. Bene, direte voi. Una scelta obbligata, penseranno in molti. Del resto negli ultimi anni il Reparto Barberia ha ridotto gli introiti: 90mila euro circa a fronte di un costo di 500mila euro per il bilancio di Montecitorio. Tradotto: 400mila euro di perdita. Calcolando che i 7 barbieri in servizio non tagliano capelli o barba più di 23 volte alla settimana (parola de Il Giornale), una soluzione andava trovata. Peccato che, anche questa volta, la soluzione è il classico mezzo “accordicchio” tutto italiano che salva capre e cavoli. Insomma, una stretta di mano a base di tarallucci e vino. La delibera approvata dal massimo organo guidato da Laura Boldrini prevede infatti che il servizio di barberia per gli onorevoli (esteso per pari opportunità anche alle deputate come servizio di parrucchiere) resterà aperto. Semplicemente il numero di barbieri impiegati passerà da 7 a 4. In tre, quindi, dovranno lasciare quel lavoro da sogno, che, a fine carriera, permette di arrivare a guadagnare la decisamente invidiabile cifra di 136mila euro l’anno.
Qui però si nasconde il colpo di genio: i 3 barbieri “in esubero”, infatti, non verranno licenziati, ma destinati ad altri incarichi. Precisamente “promossi” ad «assistenti parlamentari». Il tutto dovrebbe attuarsi tra l’1 e il 2 febbraio e di promozione si può effettivamente parlare, visto che l’incarico di barbiere a Montecitorio è inquadrato come ruolo di «operatore tecnico», livello più basso rispetto all’«assistente parlamentare» a cui, teoricamente, si dovrebbe accedere per concorso. Ma che fa di preciso un assistente parlamentare? Così descrive questo impiego un documento della Camera: «Gli assistenti parlamentari svolgono attività operative o di coordinamento nei settori della vigilanza, della sicurezza delle sedi, della rappresentanza e dell’assistenza alle attività degli organi parlamentari». Una soluzione che accontenta tutti quindi. O quasi…
Promossi ma scontenti. Il Corriere della Sera ha fatto un giro negli storici locali dei barbieri, aperti anche ai giornalisti. A precisa domanda, i 7 protagonisti della vicenda aggrottano la fronte: «Ancora nulla di ufficiale ci è stato comunicato. Non sappiamo chi andrà e chi no», spiegano. Dalle loro facce non paiono molto convinti della soluzione trovata: «Ho sempre fatto questo mestiere. Da quando ero bambino. Non so fare altro...» dice uno di loro. La sensazione è di essere stati scelti come vittime sacrificali di una spending review che, in realtà, non c’è stata e difficilmente ci sarà in futuro. «Sta a vedere che gli sprechi di questo Palazzo stanno tutti qua dentro», mugugnano al giornalista del Corriere. In realtà va detto che l’ipotesi promozione, seppure scritta, non sia ufficiale. Come hanno sottolineato i diretti interessati, non si sa ancora quale sarà il destino dei tre barbieri in esubero. E non si sa neppure quali dei 7 attualmente in servizio saranno i prescelti.
Di certo neppure all’Ufficio di presidenza della Camera son tutti contenti della soluzione trovata. Uno dei 21 deputati membri dell’organo (che è voluto restare anonimo) ha infatti rivelato a Il Giornale che «non potevamo fare altrimenti. Non si possono licenziare e quindi l’alternativa era tenere tutti i barbieri della Camera e pagarli inutilmente, o spostarne alcuni ad altre mansioni trasformandoli in assistenti parlamentari. Faranno i commessi, mica vanno a fare i consiglieri legislativi!». Il risparmio sarebbe di circa 200mila euro, passando dagli attuali 500mila euro l’anno di spesa agli stimati 300mila di quest’anno. Ancora troppo, se si considera i prezzi bassi della Barberia: 18 euro taglio e messa in piega, 8 euro la barba. C’è chi chiede da tempo di esternalizzare il servizio, ma le sigle sindacali che difendono i (tanti) dipendenti della Camera non ne vogliono sentir parlare. E, come direbbe Totò, intanto noi paghiamo.