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Come mai le testimonianze degli infermieri sono sempre anonime? Perché hanno paura

Il Codacons si schiera con loro: «Tanti lamentano uno stato di abbandono e di emarginazione, prevalentemente per l’assenza totale di mascherine e per le minacce di licenziamento qualora dovessero informare i giornalisti»

Come mai le testimonianze degli infermieri sono sempre anonime? Perché hanno paura
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Dall’inizio dell’emergenza sanitaria si sono moltiplicate le testimonianze degli infermieri al lavoro nei reparti ospedalieri o nelle Rsa, impegnati nell’assistenza e nella cura di malati Covid. Tuttavia, la stragrande maggioranza delle voci raccolte dai giornalisti e dei messaggi pubblicati dai media sono anonimi, a maggior ragione nei casi in cui venivano denunciate carenze nella gestione dell’epidemia. La motivazione del comportamento, come facilmente si può intuire, sta nelle possibili ritorsioni in abito lavorativo.

Per questa ragione, il Codacons ha deciso di offrire assistenza a tutti i lavoratori che vogliono denunciare eventuali illegalità. «L’Associazione avvocatura degli infermieri – si legge in una nota - ha ricevuto migliaia di segnalazioni scritte e firmate da infermieri che lavorano in strutture pubbliche su tutto il territorio, anche se perlopiù da Lombardia, Lazio, Basilicata, Campania e Sicilia, che lamentano uno stato di abbandono e di emarginazione, prevalentemente per l’assenza totale di mascherine e per le minacce di licenziamento se gli infermieri dovessero informare i giornalisti di quello che accade in questi servizi».

Una situazione grave, soprattutto considerando i trasferimenti di infermieri da servizi estranei alla degenza a reparti dove sono esposti ad un alto rischio infettivo, senza alcuna formazione, screening o dotazione di presidi di sicurezza. Dai racconti forniti dagli operatori emerge chiaramente la mancanza di confronto e la paura di perdere il lavoro, nonostante esista a loro tutela la legge 30 novembre 2017, n. 179 in materia di "whistleblowing". Questa norma stabilisce che i lavoratori dipendenti che segnalano reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza per ragioni di lavoro sono tutelati dall’ordinamento.

«La legge sul "whistleblowing" è ancora lacunosa e di difficile attuazione pratica – spiega però Marco Maria Donzelli, presidente del Codacons –. A fronte di una illegalità sui luoghi di lavoro le denunce in Italia, seppure in crescita, appaiono ancora insufficienti. Questo perché da un lato i lavoratori non appaiono adeguatamente tutelati nel caso in cui decidano di denunciare corruzione e atti fuorilegge, dall’altro perché merita una migliore disciplina il tema dell’utilizzabilità di atti o informazioni acquisite fraudolentemente, all’interno degli enti, da parte dei cosiddetti “whistleblowers”».

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