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Il commento di Gori sulla Brexit che ha alzato un gran polverone

Il commento di Gori sulla Brexit che ha alzato un gran polverone
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Le reazioni al referendum con cui il popolo britannico ha deciso per la Brexit (o almeno, il 52 percento del popolo britannico) sono state molte, la maggior parte dello stesso tenore: una sconfitta per l'Europa intera, per un progetto nato 60 anni fa e ora costretto a fare i conti con i propri errori e le distorsioni a cui ha dato vita. Tra queste reazioni, però, ce n'è una che a Bergamo sta facendo più clamore, cioè quella del sindaco Giorgio Gori. Il primo cittadino del capoluogo orobico, la mattina di venerdì 24 giugno, quando i risultati del referendum d'Oltremanica sono diventati ufficiali, sui propri profili social ha postato un commento netto e polemico: «Elettori disinformati producono disastri epocali. Per votare servirebbe l’esame di cittadinanza». Il tutto con allegato un articolo di qualche giorno fa, pubblicato da Il Post e intitolato "Devono votare anche gli ignoranti?".

 

 

Gli attacchi dei rivali. Una provocazione, certo, che però non ha lasciato indifferente il mondo politico bergamasco. Dura la reazione di Andrea Tremaglia, capogruppo di Fratelli d'Italia, il quale ha definito le parole di Gori «gravissime» perché, a suo parere, «sottintendono come ritenga ignoranti coloro che la pensano diversamente da lui. Il mutamento epocale sancito dal voto del Regno Unito è senz’altro un segnale molto forte verso il progetto dell’Unione Europea. La politica, europea ed italiana, farebbe meglio a considerare le proprie responsabilità in questa disaffezione, piuttosto che accusare i cittadini di disinformazione. Dichiarazioni supponenti come quelle del Sindaco Gori, invece, non aiutano di certo ad avvicinare i cittadini alla politica». Più o meno dello stesso tenore la reazione del consigliere regionale bergamasco del Movimento 5 Stelle Dario Violi: «Gli ignoranti, chiaramente, sono quelli che non la pensano come lui. Poteva anche dire che sarebbe meglio una dittatura illuminata, ma solo nel caso in cui l’illuminato sia il nostro Caro Sindaco. Democrazia a giorni alterni». C'è addirittura chi arriva a chiederne le dimissioni, come l'assessore regionale della Lega Simona Bordonali: «Il renziano sindaco di Bergamo contro il suffragio universale. Dimettiti e sperimentiamo l'esame di cittadinanza a Bergamo».

Le critiche dei compagni di partito. Ma neppure i compagni di partito del sindaco si sono dimostrati molto comprensivi, come dimostrano le parole del deputato bergamasco del Pd Antonio Misiani: «Massimo rispetto per Giorgio Gori, ma in tempi di drammatica frattura tra il popolo e le élite proporre un “esame di cittadinanza” per poter votare non mi sembra un’idea così brillante». Anche il segretario cittadino del Pd, Federico Pedersoli, sceglie di non schierarsi apertamente con il sindaco, sebbene opti per una linea "morbida" e non per forza di cose critica nei suoi confronti: «Credo che quella frase sia stata dettata dalla forte delusione per il risultato del referendum» si è limitato a commentare Pedersoli.

 

Giorgio Gori ascolta

 

La precisazione di Gori. Davanti a una tal pioggia di critiche, nel pomeriggio dello stesso venerdì 24 giugno, Gori ha deciso di precisare meglio la propria affermazione, spiegando cosa intendeva dire e aprendo le porte a una riflessione che, se possibile, vada oltre alle divisioni politiche:

«Voleva essere una provocazione, e a giudicare dalle reazioni – molte sdegnate, molte a favore – direi che l’obiettivo è stato raggiunto: far riflettere, e confrontarsi, su come decisioni di portata epocale siano oggi nelle mani di elettori suggestionati più che informati, impauriti più che consapevoli. Del resto era questo, esplicitamente, l’intento dell’articolo del Federalist (ripreso da Il Post) che ho linkato al mio tweet di stamattina. Non sono evidentemente in discussione i princìpi democratici. Gli inglesi hanno votato la Brexit, vale quel che ha deciso la maggioranza degli inglesi. E non è che la questione si ponga solo perché avrei preferito che vincesse “Remain”, anche se confesso lo sconcerto. Il punto è che il livello di informazione degli elettori – soprattutto in occasioni di questo tipo – non corrisponde in larga misura alla loro responsabilità, e in questo scarto si aprono praterie per le pulsioni più emotive. L’Europa di oggi ha certamente grandi limiti, ma è il risultato di una costruzione delicata e paziente a cui si sono dedicate le energie di generazioni di cittadini e governanti del Vecchio Continente. Fa quindi impressione vederla presa a picconate sono l’impulso dell’incertezza o di palese disinformazione (si è raccontato che la sanità inglese avrebbe avuto più soldi a disposizione grazie alla Brexit, palese falsità). Del resto chi non è informato è anche più pronto a credere a qualunque bufala gli venga raccontata. Non propugno, ovviamente, alcuna restrizione del suffragio universale, ci mancherebbe. E confesso di non avere una soluzione, salvo auspicare quanta più possibile consapevolezza, e corretta informazione di chi deve votare. Osservo solo che in questa afosa giornata di giugno le smagliature della democrazia – “la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre finora sperimentate”, come disse Churchill – si vedono tutte»

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