La redazione si sente tradita

Il Corriere spegne 140 candeline Ma da festeggiare c'è ben poco

Il Corriere spegne 140 candeline Ma da festeggiare c'è ben poco
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Compie 140 anni il Corrierone e festeggia trovandosi su un campo di battaglia. L’addio degli Agnelli proprio alla vigilia dell’anniversario è stato un po’ come un colpo a tradimento. Tanto più che il gruppo torinese è passato all’alleanza con il concorrente numero 1 del Corriere, cioè la Repubblica di Carlo De Benedetti.  «Non sono sempre i migliori che se ne vanno», ha reagito, con un tocco di ironia - amarissima ironia -  il  comitato di redazione con un Comunicato pubblicato quest’oggi sul quotidiano milanese.

 

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Agnelli fuori dall'editoria. In sostanza il gruppo Fiat si disimpegna da via Solferino e sceglie il gruppo Espresso, con l’evidente intenzione però di uscire dall’editoria, dopo oltre un secolo. Infatti l’editore della Stampa diventerà un piccolo satellite nel sistema debenedettiano. Per altro la porzione del Gruppo Espresso che spetterà a Fca sarà redistribuita fra i suoi azionisti. La holding Exor, cassaforte degli investimenti della famiglia Agnelli presieduta da John Elkann, avrà alla fine un peso molto ridotto. La Fiat, secondo quanto Marchionne ha sempre predicato, deve tornare a fare auto e smettere di impegnarsi in business poco redditizi. «Finita la stagione dei dividendi, ora che lo sfascio finanziario è compiuto, e che il Corriere è lanciato in un progetto editoriale coraggioso e senza precedenti, basato unicamente sullo sforzo della redazione, la famiglia Agnelli saluta e se ne va a rafforzare il principale concorrente del Corriere della Sera», è il giudizio del Comitato di redazione milanese.

La sede venduta. Del resto giornali oggi di redditizio hanno poco, come sanno bene al Corriere della Sera, che si trova ad essere sempre più solo con tutti i suoi grandi problemi. Solo, e senza neanche più la sua storica sede di via Solferino, che l’amministratore delegato voluto da Fiat, Pietro Scott Jovane, aveva venduto a un fondo di investimento americano per coprire i buchi di bilancio. Si trova senza più la casa editrice madre, in quanto la Rizzoli lo scorso anno aveva ceduto la divisione libri a Mondadori.

 

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Il successo de La Lettura. Insomma stiamo assistendo al lento affondamento del più glorioso giornale nazionale? Presto per dirlo. Certo le difficoltà sono enormi, nonostante alcune sfide brillantemente vinte (l’inserto domenicale La Lettura è stato un successo e ha rivelato anche una voglia di fare un giornale più moderno, capace di intercettare un pubblico che si è allontanato dalla carta). Ma le rigidità con cui via Solferino deve scontrarsi sono enormi. Lo sa Luciano Fontana, direttore low profile, che è stato scelto perché non c’erano altri candidati che accettassero di guidare piani di dimagrimento come quello che il Corriere sta affrontando (e il peggio, si dice, deve ancora arrivare). Fontana, che per altro viene dal Partito Comunista e che ha iniziato la sua avventura professionale all’Unità, oggi ha sposato una linea più conservatrice, con un allineamento alle posizioni più belliciste sul caso Libia. Ha trovato anche visibilità con la vicenda del suo editorialista Angelo Panebianco, contestato da facinorosi all’università, proprio per le sue posizioni sulla Libia.

 

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«Pronti alle sfide del futuro». Ma al comitato di redazione, un tempo molto attento anche alla minima sfumatura politica della linea del giornale, queste posizioni non sembrano più far problema. «La redazione del Corriere della Sera», si legge infatti nel comunicato, «resta pronta a raccogliere le sfide del futuro nella consapevolezza del proprio ruolo di leader nel mercato dell’informazione». La convinzione c’è. Ma oltre a quella non sembra esserci molto altro.

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