Il genio, l'opera, la burocrazia

Dietro le quinte di The Floating Piers Un giornalista racconta Christo

Dietro le quinte di The Floating Piers Un giornalista racconta Christo
Pubblicato:
Aggiornato:

Ormai manca sempre meno: il 18 giugno inaugurerà The Floating Piers, la maestosa passerella sulle acque del lago d'Iseo che permetterà a tutti quanti noi di toccare con mano un capolavoro di Christo, uno dei più grandi artisti dell'ultimo secolo. Di quest'opera s'è scritto di tutto e, giustamente, i media locali, nazionali e internazionali tornano ciclicamente a parlarne. Ma il lavoro svolto da Christo e dal suo team nell'ultimo anno è immenso e, per lo più, sconosciuto. A svelarci il dietro le quinte di un'opera tanto incredibile quanto unica è il giornalista americano Jeff MacGregor, che sul sito Smithsonian ha pubblicato l'articolo intitolato The inside story of Christo's Floating Piers. MacGregor (che ha scritto anche per il New York Times, Sports Illustrated ed Esquire) ha accompagnato Christo e il suo staff in buona parte della fase di preparazione della passerella e ci racconta, con uno sguardo unico, i retroscena dell'opera: dagli incontri con le comunità locali al lato più artistico del progetto, dalla personalità poliedrica e romantica dell'artista ai problemi incontrati con l'elefantiaca burocrazia nostrana. Di seguito vi proponiamo la traduzione di alcuni dei passaggi a nostro parere più interessanti del suo pezzo.

 

d7bcf562eb9f39927e0accecf7c74af5

 

«Ho pensato: "Ho quasi 80 anni. Mi piacerebbe realizzare qualcosa di veramente difficile"»
(Christo)

Il lago è intrattabile.

Il lago è il dipinto di un lago; l'acqua è un dipinto dell'acqua. Come fluttuare su un secondo cielo. Troppo blu. Troppo freddo. Troppo profondo. Impossibile. Anche le montagne. Troppo ripide, troppo verdi con gli alberi, troppo bianche con la neve. I paesi si riversano giù dalle colline e corrono verso il bordo dell'acqua con i loro color ruggine, ocra e marrone. I tetti di tegole rosse abbracciano la riva. Calma piatta, e a mezzogiorno la tranquillità ti porta da un capo all'altro del lago d'Iseo, dai vigneti alle miniere ai piccoli alberghi. Il silenzio, qui, ha un peso. Fa sentire la sua voce.

«Floating Piers sarà lunga 3 chilometri. E sarà realizzata con 220mila cubi di polietilene. Cinquanta centimetri per cinquanta. 220mila viti. Tutto a incastro»

Il suo inglese è buono, ma l'accento bulgaro si sente. Anche adesso, dopo tanti anni. Si inclina per farsi sentire.

«90mila metri quadrati di tessuto. Non solo sulla passerella, ma anche sulle strade»

I capelli sono un'aureola bianca attorno al cappello rosso e sopra la giacca a vento rossa. Veste una maglietta e dei jeans. Stivali marroni oversize. È esile, con orecchie grandi e ossa fini, con mani lunghe ed espressive. Non è alto, ma dritto nonostante gli 80 anni. Irradia energia e determinazione.

 

***

 

«Da Sulzano a Montisola, e poi fuori verso l'Isola di San Paolo» dice indicando. «Ogni pezzo della passerella è costruito con sezioni da 100 metri, poi unite tra loro». Dietro gli occhiali, gli occhi sono scuri, vivi, stanchi. Sorride. Anche questo modo di parlare è parte dell'arte. «Sono larghi 16 metri, e ai bordi pendono verso l'acqua», disegna con la mano destra un angolo che tende verso il basso, «come una spiaggia». Due dozzine di giornalisti italiani e due dozzine di politici locali annuiscono, stanno in piedi e bisbigliano.

«160 ancore. Ogni ancora pesa 5 tonnellate» dice Christo.

È in piedi a poppa della tuga, sulla barca che i subacquei usano per installare queste ancore. La barca è una lunga piattaforma montata su lunghi scafi. Proprio come lui, la barca e i subacquei sono bulgari. I subacquei sono stati qui per gran parte dell'inverno, lavorando al buio e al freddo, nell'inimmaginabile e profondo silenzio del lago. «Un centinaio di metri di profondità» afferma Christo. La barca si trova a un centinaio di iarde al largo, in prossimità di un recinto galleggiante dove ci sono le sezioni di passerella concluse. E aspettano.

Lui si muove da un gruppo all'altro - tutti ottengono un commento, una parola, una foto - circondato da giornalisti e politici locali.

«Trentacinque barche. Trenta Zodiacs. Trenta motori nuovi di zecca»

Macchine fotografiche. Microfoni. Computer.

«16 giorni. Centinaia di lavoratori»

Il sorriso si allarga.

«Questa arte è il motivo per cui non prendo commissioni. È assolutamente irrazionale»

Negli edifici a riva, molti bulgari sono rientrati per pranzo. Due squadre avvitano insieme blocco, per blocco, per blocco di The Floating Piers, 8 ore al giorno, 7 giorni a settimana. Ci vorranno mesi. Si può sentire il rumore delle chiavi inglesi per miglia e miglia nel silenzio.

 

***

31719

 

[...]

Non è proprio giallo. Lo è? No, è più color zafferano. Come The Gates a Central Park. Come Valley Curtain. Quel colore è la loro (di Christo e la moglie Jeanne-Claude, morta nel 2009 e sua compagna di vita e di arte, ndr) firma. Arancione, ma non proprio arancione. Arancione illuminato da spruzzi di oro; temperato da qualcosa di rosso. Forse. E sarà diverso ai bordi, dove è bagnato. Più scuro. Come i capelli di Jeanne-Claude.

Jeanne-Claude Denat de Guillebon. La figlia del generale. Metodica. Tenace. Divertente. Polemica. Elegante. Bella. L'amante, la moglie e la compagna di arte di Christo Javacheff per più di 50 anni. Nati, come è noto, lo stesso giorno. Inseparabili, come è noto. Lei era il volto, colei che spiegava.

«Lavoriamo soltanto per la gioia e la bellezza» direbbe Jeanne-Claude, o «non è una questione di pazienza, ma di passione».

È morta nel 2009. Il nome Christo appartiene a tutti e due. Questo è il suo primo grande progetto senza di lei.

Forse il miglior modo per conoscerla, per conoscerli, è andare online e guardare il filmato in sua memoria del Metropolitan Museum of Art.

Quando lei dice: «Gli artisti non si ritirano. Muoiono» ti lascia di stucco.

 

***

 

Christo è seduto al bar di un hotel fronte lago mentre viene intervistato da una giornalista della rivista Elle. Le spiega come la passerella collegherà la terraferma a Montisola per la prima volta. Parla della bellezza della torre medievale sull'isola, il Martinengo, e dell'abbazia in cima, e parla della minuscola Isola di San Paolo, casa vacanza della famiglia Beretta, e le spiega la complessa ingegneria che c'è dietro e la spesa assurda e quale intensa e breve complicazione sarà tutto questo.

«16 giorni, centinaia di lavoratori, 15 milioni di dollari»

Le spiega il suo metodo di finanziamento - lui paga ogni progetto vendendo la sua arte, senza donazioni, senza sponsor - e le suggerisce di leggere lo studio del 2006 della Harvard Business School per capire i dettagli di tutto questo.

Nei mesi e negli anni che portano a una nuova installazione, produce centinaia di piccoli pezzi di arte: bozzetti, modelli, quadri, collage. Fa tutto da solo. Oggi il suo studio a New York è pieno di tele di svariate dimensioni e di svariate tonalità di blu; laghi e passerelle di ogni lunghezza disegnati a penna o matita o pastello; isole, torri e abbazie precise come foto satellitari o soltanto abbozzate con pochi tratti veloci; semplici blocchi di colore o complesse e precise analisi architettoniche. Alcuni pezzi di multipannelli sono larghi diversi metri per un metro o più di altezza, e li vende per centinaia di migliaia di dollari a una stretta cerchia di fedeli collezionisti.

Nient'altro sarà realizzato su The Floating Piers una volta che l'opera sarà venuta e andata.

 

***

 

Al capannone distante poche centinaia di metri dalla riva, il team di The Floating Piers lavora in un container riconvertito. La piccola stanza è ordinatissima. Piena di tavoli e scaffali e armadietti e computer, stracolma di attrezzature e documenti, animata dall'obiettivo finale. Tre persone tengono, a tre telefoni, tre conversazioni in tre lingue diverse. La macchinetta del caffè sibila e borbotta.

C'è Wolfgang Volz, project manager. È l'intelligente, affascinante, massiccio tedesco che ha lavorato con Christo e Jeanne-Claude su ogni progetto dal 1971. Vladimir Yavachev, operation manager, è nipote di Christo - alto, moro, simpatico. Subacqueo e direttore della fotografia, ha iniziato la sua carriera con Xper e JC più di 20 anni fa portando l'attrezzatura di Wolfgang. Anche sua moglie e sua figlia, Izabella e Mina, sono qui. E lavorano. Frank Seltenheim, assembly manager - ha iniziato come uno degli "alpinisti" addetti alla posa del drappeggio sul Reichstag. Antonio Ferrera, documentarista, registra ogni istante di ogni progetto. Marcella Maria Ferrari, detta Marci, nuovo chief administrator. «È già una di noi», dice Wolfgang, che, contemporaneamente, è anche al telefono con New York. New York, in questo caso, è Jonathan Henery, nipote di Jeanne-Claude e vicepresidente di tutti i loro progetti. Magro, sulla quarantina, ha lavorato spalla a spalla con lei per 20 anni e ora fa quello che faceva lei. Organizza. Cataloga. Carica. Media.

 

***

25122df30206256c291f84cdc3ed36ce

[...]

Catastrofe.

Di fronte a tutti questi giornalisti, Christo ha detto che le corde usate per il progetto arrivano dagli Stati Uniti.

«Vengono dalla Cavalieri Corderia» dice Vlad, «quella sulla strada che porta a Sale Marasino! A cinque chilometri da qui! Dove parlerai stasera!»

«Oyoyoy» afferma Christo, la sua fumettistica espressione per mostrarsi sorpreso, confuso o soltanto ironico.

«Per prima cosa bisogna dire che le funi per il galleggiamento della passerella provengono dalla Cavalieri Corderia di Sale Marasino». Vladimir lo dice in tono acceso.

È una cosa importante. Ogni progetto ha come fornitori molti produttori locali. Quasi un quarto di milione di cubi galleggianti vengono prodotti tutti i giorni in quattro stabilimenti del Nord Italia, ad esempio. Buone intenzioni e un buon business.

«Oyoyoy. La Cavalieri Corderia di Sale Marasino»

Glielo sentirete sussurrare per tutto il resto della giornata.

La presentazione al centro di Sale Marasino è la stessa che ha esposto due settimane fa in una scuola di New York, ma la traduzione simultanea lo rallenta un po'. Wrapped Coast. Valley Curtain. Running Fence. Surrounded Islands. Pont Neuf. Reichstag. The Gates.

Questo modo di parlare di Christo, attraverso frasi sconnesse ed entusiastiche, rende il lavoro della traduttrice molto più complicato; lei offre la versione italiana "prestissimo", ma non riesce mai a recuperare.

Per prima cosa dice: «Voglio ringraziare i cordai della Cavalieri Corderia per il lavoro che stanno facendo. Eccellente». La sala esplode in un applauso.

Il piccolo teatro è gremito, forse ci sono 300 persone. Questa è una delle ultime tappe del tour di presentazione. Hanno fatto questo spettacolo in quasi ogni paese del lago. Il pubblico vede tutti i progetti in PowerPoint - da Wrapped Coast a The Gates - in una serie di foto, poi un paio di schizzi dei 220mila cubi di The Floating Piers. 70mila metri quadrati di tessuto. 160 ancoraggi. Cinque tonnellate, ecc... e così via.

Ora è lui davanti a tutti. Dove solitamente c'era lei.

«L'arte non è solo la passerella o il colore o il tessuto, ma è il lago, sono le montagne. L'intero paesaggio è l'opera d'arte. È tutto incentrato su di noi e sull'avere un rapporto personale con il paesaggio. L'arte è in questa sensazione. Voglio che camminiate a piedi nudi. Una cosa molto sexy».

Traduzione. Applausi. Poi domande e risposte.

«Quanto costerà?» È quasi sempre la prima domanda.

«Niente. È gratis. Paghiamo noi tutto»

«Come si prendono i biglietti?»

«Non servono biglietti»

«A che ora chiude?»

«Sarà aperta tutto il giorno, tempo permettendo»

«Cosa succederà quando verrà smontata?»

«Ricicliamo tutto»

«Come fai ad avere tutte queste energie?»

«Mangio ogni giorno, a colazione, una testa d'aglio. E lo yogurt»

E Christo risponde sempre ad altre due domande, anche quando nessuno le fa.

A cosa serve? Che cosa fa?

«Non fa nulla. È inutile»

E lui è raggiante.

 

***

 

Adesso fa fotografie e firma autografi a tutti coloro che glieli chiedono. Poi il sindaco lo porta a cena in cima alla collina.

Una graziosa e rustica trattoria immersa nella natura. Orazio. Nella sala da pranzo principale, in onore di Christo, una serie di piatti locali e prelibatezze. Piatti e piatti di antipasti e carne e pesce e pane e vino e aceto dai terreni e dalle aziende agricole e dai corsi d'acqua intorno al lago. Un ragazzo agitato si alza e fa un discorso sulla qualità senza pari dell'olio di oliva biologico locale. Quando finisce, due cuochi portano in sala un intero maialino arrosto.

In un tavolo nel retro, Christo mette in un piccolo piatto delle verdure in salamoia e un po' di arrosto di maiale e pane e olio d'oliva, incoraggiando nel contempo tutti gli altri a mangiare. «A volte dobbiamo addirittura ricordargli di mangiare», dice Vladimir. Wolfgang è continuamente al telefono per l'imminente incontro a Brescia con il prefetto, una sorta di governatore regionale. Una persona molto potente.

Dopo cena, ancora due cose. Innanzitutto qualcuno gli regala una bicicletta "impacchettata". Un pensiero che ricorda il suo primo lavoro; ciò significa che da qualche parte, in una collezione, c'è un moto da lui "impacchettata" nei primi anni '60 che vale qualche milione. Lui è molto contento del pensiero.

Poi un autore locale, Sandro Albini, prende per il gomito Christo e passa diversi minuti a spiegargli la sua teoria secondo la quale lo sfondo del dipinto La Gioconda sarebbe in realtà il lago d'Iseo. Fa un discorso convincente. Leonardo ha visitato questi luoghi. I tempi coincidono. Il signor Albini è una persona tranquilla ma determinata, e il discorso va avanti per un po'.

Questo ci dà la possibilità di pensare a Leonardo, all'arte e a Christo e a come gli artisti lavorino in tarda età e a che cosa ciò possa significare. Alcuni di loro semplificano le loro opere man mano che invecchiano, la linea diventa gesto, la pennellata schematica; altri, invece, complicano la loro arte, e il lavoro diventa barocco, rococò, trovano o nascondono qualcosa in una serie di elaborazioni. Alcuni si copiano. Altri smettono.

 

CHRISTOJEANNECLAUDE5

 

[...]

L'idea della passerella è di più di 40 anni fa. Christo e Jeanne-Claude l'avevano avuta dopo aver parlato con un amico in Argentina, che aveva suggerito loro di fare un'opera ambientalista per il Rio de la Plata. Ma non ottennero i permessi. Poi ci hanno riprovato alla baia di Tokyo, ma la burocrazia rese il progetto impossibile. Da qui il pensiero:

«Ho quasi 80 anni. Mi piacerebbe realizzare qualcosa di veramente difficile»

Il vecchio è l'erede del sogno del giovane. Il vecchio onora una promessa. Gli artisti non vanno mai in pensione.

Christo ringrazia il signor Albini e si dirige verso la macchina.

Ora torna al capannone.

Ora torna al lavoro.

Poi a dormire.

 

***

 

[...]

Ora Brescia, e il prefetto.

La stessa presentazione, ma in una grande sala di marmo, davanti a un modesto pubblico di personalità del posto. Il prefetto, mascella squadrata, bello, privo di senso dell'umorismo e vestito con un completo blu perfettamente su misura, introduce il discorso. Poi Christo.

«Quello che faccio è inutile. Assurdo» e così via, attraverso gli anni e i progetti. Si sofferma qualche minuto su due progetti futuri. Over the River e The Mastaba, un enorme progetto architettonico, permanente questa volta, una sorta di antico monumento funebre alto centinaia di piedi e realizzato con secchi di petrolio nel deserto di Abu Dhabi.

Quando Christo parla di queste cose, si ha la sensazione, sottile ma molto potente, che sia in attesa che Jeanne-Claude gli finisca la frase.

Dopo il PowerPoint del progetto, una piccola festa per le autorità locali nelle stanze del prefetto.

Antipasti fantasiosi, piccoli e ambiziosi, da consumare in piedi. Flutes di Franciacorta. Un intero tavolo di panettone fresco.

Per l'ora successiva, Christo si trova in mezzo a un flusso continuo di personalità locali che gli si presentano. Stringe la mano e rimane ad ascoltare ognuno di questi. Antonio si muove leggero vicino a lui con la sua macchina fotografica. Tutti fanno le stesse domande. Quando? Quanto? Qual è il prossimo?

C'è sempre, però, un po' di spazio per lei.

Se lo guardi da vicino si può vedere. O forse lo capisci appena lo vedi. Voglio vederlo. C'è uno spazio alla sua sinistra. E il movimento che fa con la mano sinistra mentre parla con i politici e i burocrati. Lo vedi nel modo in cui piega la mano e sfiora con il pollice la punta delle dita, come se stesse raggiungendo la sua mano.

 

***

 

Ora siamo a Ovest di Brescia, sull'autostrada. Christo, Wolfgang, Antonio. Si va veloce. 140, 150, 160 chilometri all'ora, la grande Mercedes è una locomotiva nel buio.

Wolfgang guida. Christo è sprofondato sul sedile posteriore. Antonio davanti con la macchina fotografica in grembo. «Penso sia andata bene», dice. «Sono stati molto carini. Ci hanno davvero steso il tappeto rosso».

«Lo hanno fatto», dice Wolfgang.

Christo è tranquillo per la prima volta dal mattino, guarda fuori dal finestrino.

«Però...»

«Penso che gli piacciamo... Che gli piaccia il progetto»

«Però», dice Wolfgang, «vorrei un po' meno tappeti rossi e un po' più di azione».

Distrattamente, guardando fuori dal finestrino, Christo annuisce.

«Hai visto quella sala conferenze», dice Wolfgang ad Antonio. «Abbiamo speso un sacco di tempo in quella sala conferenze. Ore, ore e ore».

«Per i permessi?»

«Sì. Abbiamo tutti i permessi e tutte le autorizzazioni. Adesso. Ma ci sono voluti un sacco di incontri intorno a quel tavolo. Mese dopo mese. Io e Vlad avanti e indietro. Christo. Avanti e indietro. Sono molto, come dire, "cauti"».

 

***

 

Anche questo fa parte dell'arte, gli incontri privati e le audizioni pubbliche, le proposte e le controproposte, e i politici locali che sorridono e annuiscono. I photo shooting.

«E il piano del traffico?» chiede Christo. «Potresti dirmi se ha letto il piano del traffico?»

«Non lo so», dice Wolfgang. «Non penso»

«Oyoyoy», sospira Christo da un angolino della vettura.

Il piano del traffico per The Floating Piers è lungo 175 pagine. Ci è voluto un anno per prepararlo. È costato 100mila euro.

«Forse lo ha letto», dice Wolfgang, le mani immobili sul volante. «Forse no. È imperscrutabile».

The Floating Piers potrebbe avere 500mila visitatori in 16 giorni, il tutto in una città con una sola strada principale.

«Oyoyoy»

«Sì. Infatti. Oyoyoy»

«Quando lo leggeranno?»

«Chi lo sa. Non hanno alcuna fretta»

«Noi sì», dice Christo.

«Sempre», dice Wolfgang.

«Sarebbe meglio iniziare presto»

«Senza dubbio»

«E non lasciare questo all'ultimo minuto. Gli autobus. La polizia. Le strade. La gente. Oyoyoy. Come possono non averlo ancora letto?»

«Forse lo ha letto. Forse tutti lo hanno letto»

«Perché aspettare? Che cosa hanno da fare? Niente. Niente. Devono solo essere d'accordo. Basta dire di sì. Non hanno nemmeno bisogno di pagare per qualcosa. Paghiamo noi tutto»

Poi tutti si tranquillizzano. L'Italia diventa il passato. Il pannello strumenti si illumina.

«Eppure», dice Antonio, «sono stati molto gentili»

 

***

 

christo-lago-iseo-foto-wolgang-volz

 

Forse questa è la vita che sceglieremmo per noi se solo potessimo. Le notti in giro per il mondo, in luoghi strani e meravigliosi. Noi e la nostra famiglia. Amati da tutti.

Siamo in un ristorante a Palazzolo sull'Oglio, un piccolo paese mezz'ora a Sud del lago.

«Bellissimo! Grande!» Grida in italiano una donna per strada mentre dalla porta vede Christo passare. Grande! Bella!

Vlad ha trovato questo posto. Una cucina familiare gestita da Maurizio e Grazia Rossi, in mano alla loro famiglia da quattro generazioni. Un posto semplice. Vicino alla stazione. Legno scuro, porte di vetro smerigliato. Un posto da operai. Sul bancone c'è una macchina per caffè espresso Faema E 61, grande e luminosa come il paraurti di una Cadillac d'epoca. La sala da pranzo sul retro è adornata da quadri di pittori locali. È il tipo di ristorante di cui senti la nostalgia anche se ci sei seduto dentro adesso.

«Rilassati», dice Christo. «Siediti. Mangia»

E lo fanno. Frank è qui, e Izabella e Mina, e Antonio e Wolfi e Vlad, e Marci e Christo, e la dolce faccia lunga del presidente dell'associazione del lago, Giuseppe Faccanoni. Tutti attorno al grande tavolo. Menu semplice. Grandi porzioni. Trippa. Passata di fagioli. Lasagne bianche. Pesce locale. Carne locale. Il vino locale. Lo zio del proprietario fa il formaggio. Franciacorta dalle pendici del Lago d'Iseo. «Salute!»

Le conversazioni e i frammenti di frasi intorno al tavolo si sovrappongono tra loro come nei dialoghi di Preston Sturges. Ad esempio: si sono trasferiti da un hotel sul lago in un castello in collina.

«Stiamo risparmiando 30mila € al mese», dice Vladimir. «Mina, tesoro, che cosa vuoi?»

«C'è una sala da biliardo», afferma Christo.

«Non voglio le polpette», dice Mina.

«Ma nessuno lo ha ancora usato», dice Wolfgang. «Io ho la trippa. Stiamo lavorando tutti sette giorni su sette»

«Grazie», dice Maurizio.

«Forse le polpette», dice Izabella.

I piatti vanno e vengono, le polpette vengono mangiate, il vino versato. Alla fine, per un attimo, il piano del traffico torna al centro della discussione.

«Oyoyoy»

 

***

 

Mina dorme sulle ginocchia di Izabella. È tardi. Wolfi e Marci stanno parlando al telefono con i carabinieri. È scattato un allarme al capannone, ma nessuno sa perché. Wolfgang pensa che il guardiano notturno lo abbia fatto scattare.

Ora è il momento del dessert, e Maurizio vuole che Christo provi l'halvah fatto in casa. «So quello che piace al mio bambino e so cosa piace a Christo» gli dice Vlad. «Non gli piace l'halvah».

Non gli piace l'halvah.

Così gli portano una grande fetta di torta alla vaniglia con panna fresca. Per il resto del tavolo, il proprietario tira fuori biscotti fatti da una cooperativa di donne rifugiate dal Nord Africa. Poi caffè espresso. E si arriva a mezzanotte.

Vlad porta la maggior parte del tavolo al castello. Wolfi torna al capannone sul lago per lavorare un paio d'ore in tranquillità, e per controllare l'allarme.

 

***

 

Un mese dopo è tornato a New York. Si alza presto. Lavora fino a tardi. È nello studio al piano di sopra, sta facendo alcuni pezzi per pagare la passerella.

Vlad chiama. Wolfi chiama. Marci chiama. Chiede che chiamino tutto il giorno, ogni giorno, con gli aggiornamenti dall'Italia: le sezioni finite; le ancore piazzate; le fatture pagate e da pagare; i camion che arrivano e i camion che vanno; i turisti che bloccano il traffico per guardare il capannone; la passerella; l'opera di Christo. Il prefetto ha bisogno di più documenti. I giorni passano veloci.

Se gli aveste fatto visita, lo avreste trovato nella zona della reception al secondo piano. I giornalisti entrano ed escono. Christo è stanco, ma i suoi occhi sono luminosi e la stretta di mano è ferma.

Sentireste l'odore di quel profumo e la musica, e ormai sapreste che il ​​profumo era quello di Jeanne-Claude. "Angel", di Thierry Mugler. Christo lo spruzza ogni giorno, al piano di sopra e da basso. E la musica è quella di Mozart che lei amava, il "Concerto per pianoforte n ° 27". Lui lo mette in loop, basso, come una magia da evocare e tenere per sé.

Poi un'altra cena in centro.

«A tre chilometri», dice Christo. «220mila cubi di polietilene. Le Rolls-Royce dei cubi. 90mila metri quadrati di tessuto sui moli e nelle strade».

Sta costruendo dei moli di grissini ora, ponendo prima la lunga fila da Sulzano a Peschiera Maraglio, quindi gli angoli da Montisola a Isola di San Paolo. La piccola isola è circondata da grissini rotti con attenzione. Il modello viene mangiato quando arriva la cena.

Un paio di gamberi. Un boccone di insalata. Mezzo bicchiere di vino rosso. «Mangia», dice Jonathan.

«Abbiamo venduto alla grande»

«Quanto?»

«Un milione e due»

«Uno punto due?»

«Sì»

Ora una fetta di torta alla vaniglia. E panna montata fresca.

 

***

 

Christo-Jeanne-Claude_The-Gates-Central-Park-New-York-City-1979-2005_ph.-Wolfgang-Woltz_c-Christo-2005-1000x600

 

L'arte non è un antidoto alla perdita. Solo una risposta. Come il dipinto di una donna al lago. Come camminare sull'acqua per due settimane. Anni di temeraria ingegneria e fatica inutile per qualcosa di così effimero. Farà un altro viaggio in Italia. Poi di nuovo a New York. Poi Abu Dhabi. Poi New York. Poi l'Italia. Altri show. Altre gallerie. Altri musei. Forse il Colorado. Forse Abu Dhabi. Può essere.

Questa sera torna di corsa a casa. Deve lavorare fino a tardi.

«C'è una marea di cose da fare!»

Una così intensa e breve complicazione. E gli artisti non si ritirano.

Seguici sui nostri canali