Il grasso ha un suo gusto specifico Ma, credeteci, non è un granché

Il grasso, quello fisico, legato cioè alla pura ciccia e alla battaglia con la bilancia, lo conosciamo tutti. Visivamente parlando, si intende. Eppure il grasso pare che oltre ad una specifica ‘consistenza’ abbia anche un sapore ben definito. Non propriamente buono, tutt’altro, ma che comunque ci piace e anche molto. È quanto emerso da una ricerca della Purdue University, negli Stati Uniti, e supportata dal Department of Agriculture di Grant Hatch, e pubblicata sulla rivista Chemical Senses.
La scoperta. Cinque gusti + 1. Recentissimo, insolito e strano e per lo più ancora irriconoscibile al palato: è il sapore del "grasso" che va ad unirsi ai cinque altri confratelli, i tradizionali e ben noti sapori del dolce, agro, salato, amaro e umami, quello tipico del glutammato cioè di tutti gli alimenti che contengono molte proteine come carne e formaggio. Scientificamente lo hanno chiamato ‘oleogusto’, da una parola di derivazione latina, e pare che il nostro palato (a dire la verità ancora di pochi) sia capace di riconoscerlo e di distinguerlo dagli altri. Almeno secondo quando hanno sperimentato alcuni ricercatori ricercatori americani che hanno messo alla prova assaggio 54 volontari, invitandoli a testare svariate miscele simili ma con gusti diversi. Tutti hanno riconosciuto, come è ovvio e senza difficoltà, dolce, salato e acido. Non è stato così invece per i gusti amaro, umami (che è stato scoperto nel Novecento e oggi viene largamente impiegato nell’industria alimentare) e grasso che i ricercatori hanno raggruppato in un insieme definito “nebulous bucket”, ovvero scomparto indistinto, appunto, vista la poca sensibilità palatale verso questi ultimi. Ma 28 partecipanti, nonostante tutto, ci sono riusciti e poiché il palato potrebbe ingannare, gli scienziati hanno rimosso consistenza e odore ‘grassi’ per togliere ogni indizio ‘gustativo’. Ed è successo che il 64 percento dei partecipanti all’esperimento poteva distinguere un campione di acido grasso dagli altri gusti.
Il grasso, di cosa sa? Insomma il grasso, alla fine, che sapore ha? Cattivo, non c’è dubbio. Ma solo se ‘isolato’, almeno pare. La maggior parte del grasso che ingeriamo è nella forma di trigliceridi i quali però danno ai cibi soltanto alcune consistenze caratteristiche, come la cremosità, mentre a determinare il gusto sono gli acidi grassi, divisi dai triglicerdi durante la masticazione. Ma qualunque sia il processo gustoso, o la molecola responsabile del sapore, il risultato è uno solo: che il grasso risulta molto sgradevole al palato, tanto da poter provocare una sensazione di vomito. È lecito chiedersi allora come mai piaccia. È perché il grasso, furbo, riesce a mescolarsi alla perfezione agli altri sapori, addirittura esaltandoli, come fanno l'amaro nel caffè o nella cioccolata, e migliorandoli.
Quali sviluppi. I fini della scoperta non sono però solo gustativi. Avrebbero un ché anche di terapeutico. Infatti i ricercatori pensano che l’"oleogusto" possa avere un impatto su quanto scientificamente già si conosce in merito a come i recettori del nostro corpo percepiscono i grassi. In buona sostanza può essere utile per aiutare coloro che sono a dieta e diminuire le calorie ingerite. O ancora, essere impiegato dalle industrie alimentari per dare una migliore e più precisa identificazione al gusto, sviluppando prodotti ancora più gradevoli al palato. Ma, per noi, meglio sarebbe se la scoperta fosse utilizzata per dare determinate caratteristiche agli alimenti, controllandone la componente grassa. Meno ‘trigliceridi’ significa prevenire alcune importanti malattie correlate all’eccessivo introito di questa componente alimentare. E, diciamolo, non sarebbe proprio male.