Il museo sull'evoluzione dell'uomo (ospita pure i pulmini dal Senegal)
Racconta la storia della nostra storia, il Musée de l’Homme di Parigi, inaugurato nel lontano 1855. Raccoglie i resti che hanno segnato l’evoluzione della specie umana e gli oggetti che parlano del nostro presente. Dal 2009 aveva chiuso le porte ai visitatori per i lavori di ristrutturazione, che hanno incluso la creazione di nuovi spazi museali e di inediti percorsi espositivi. In sei anni di attività è stato inaugurato un nuovo progetto scientifico-culturale e sono stati aggiunti dei pezzi alla collezione del museo. Ad oggi, si contano 700mila oggetti preistorici classificati, 6mila artefatti che illustrano l'appropriazione della natura da parte delle società umane e più 30mila pezzi tra campioni e riproduzioni del corpo umano. Tra i reperti più preziosi c’è sicuramente la Venere di Lespugue, datata più di 20mila anni prima di Cristo, una piccola statua che riproduce le fattezze di una donna nuda, secondo i caratteri tipici delle veneri preistoriche (genitali, seno e addome sono particolarmente enfatizzati). La sua a-tipicità consiste nel fatto che, secondo alcuni esperti tessili come Elizabeth Wayland Barber, la statua offre anche la prima rappresentazione di un tessuto, dacché, al di sotto dei fianchi della donna, si noterebbe una gonna fatta di fibre elicoidali. Ora le meraviglie contenute nel Museo potranno essere di nuovo osservate e ammirate, poiché il 17 ottobre 2015 il Musée è stato riaperto al pubblico. Trovarlo, per chi si trova a Parigi, è alquanto semplice. Si trova nel cuore della città, in un edificio storico, il Palais de Chaillot, che da solo meriterebbe una visita. La vista, sulla Senna e la Torre Eiffel, è a dir poco spettacolare.
[La Venere di Lespugue]
Le novità del Museo, nel dettaglio. Tra le novità legate alla riapertura ci saranno anche percorsi sensoriali che permetteranno di toccare con mano alcuni artefatti risalenti alla preistoria, per capire meglio e più direttamente il loro uso. L’idea di fondo è quella di avvicinare il visitatore all’oggetto antico. L'edificio si è poi dotato di un Centro per la Ricerca sull’evoluzione dell'uomo e della società, in cui centocinquanta ricercatori esplorano la natura dell'uomo, il suo passato e, probabilmente, il suo futuro. I risultati ottenuti dagli studi dell’équipe verrano poi presentati sul Balcon des Sciences, uno spazio preposto a finalità esclusivamente scientifiche. In occasione della nuova apertura, inoltre, il museo avrà anche una collaborazione italiana, più precisamente con la prestigiosa Galleria Continua, promotrice all’avanguardia dell’arte contemporanea internazionale. La Galleria Continua, nata nel 1990 a San Gimignano, sarà responsabile della presentazione dell’artista Pascale Marthine Tayou, le cui installazioni sono dedicate al tema della globalizzazione e della commistione di culture. Le opere saranno pienamente integrate con la collezione permanente del museo.
Un autobus dal Senegal. Dopo avere passeggiato attorno a una yurta, osservato gli oggetti di uso quotidiano per lapponi e pigmei ed essere rimasti affascinati (o un poco inorriditi) davanti ai teschi di uomini illustri (da Cro-Magnon, a Cartesio e Voltaire), ci si potrebbe trovare davanti un coloratissimo pulmino. «E perché?», vi chiederete voi. In realtà non si tratta di un automezzo qualunque, ma del carrapide del Senegal, in modo particolare di Dakar. È chiamato anche Mille kilo, “mille chili”, come il suo peso presunto, 22 places, 22 posti, cioè la sua capienza “teorica”, dato che i passeggeri normalmente trasportati sono molti di più, ma anche S’en fout la mort, letteralmente “Chi se ne frega della morte”, soprannome da cui si desume l’elevato numero di incidenti provocati dagli autisti. Il carrapide, o come preferite chiamarlo, è fortemente connesso al modo di vivere del Senegal. Fa parte del panorama urbano da circa mezzo secolo, è usato tanto quanto noi usiamo gli autobus, dice molto sulla cultura del Paese, ma rischia di scomparire, ragion per cui è stato inserito nel Museo.
Una storia che la dice lunga. Il carrapide senegalese è il perfetto esempio di riadattamento della tecnologia occidentale alle esigenze africane. Il suo produttore era la società francese Saviem (acronimo di Société anonyme de véhicules industriels et d’équipements mécaniques, Società anonima di veicoli industriali e attrezzature meccaniche). Il modello SG2 (Super Goélette 2) fabbricato dalla casa automobilistica aveva suscitato l’approvazione dei senegalesi, che finalmente avevano trovato un mezzo di trasporto in grado di reggere al dissesto delle strade. Non solo questi pulmini divennero il principale mezzo di trasporto pubblico di Dakar e del Senegal, ma acquisirono anche un carattere tutto locale. I compratori, infatti, provvidero a personalizzarli con i colori più vivaci, soprattutto blu e giallo. Ai disegni e alle tinte aggiunsero anche aforismi umoristici, versetti del Corano, immagini pie e nomi di marabutti (santi musulmani) per proteggere i passeggeri e il veicolo. Dagli anni Sessanta non sono più stati prodotti modelli di SG2, ma i carrapide hanno resistito, per merito dell’abilità di meccanici, carrozzieri e elettricisti. Ai senegalesi piacciono, anche se sono datati, e non ci sarebbe alcuna ragione di sostituirli con nuovi pezzi, così come non ci sarebbe alcuna ragione di fare sparire le gondole a Venezia. Eppure, è stata approvata una legge che vieterebbe la circolazione dei carrapide a partire dal 2018 e già si cominciano a vedere modelli recenti e anonimi, di fabbricazione cinese o indiana. La storia dei coloratissimi pulmini sembrerebbe essere giunta alla fine. Il Musée de l’Homme ha ben pensato di sottrarla all’oblio e di inserirla tra gli oggetti che dicono chi è e chi è stato l’uomo.