Il Papa, quelli di Medjugorje e il cristianesimo senza Cristo

Lo scriviamo con timore e tremore, però l’impressione è che questa storia di Medjugorje ci metta di fronte a qualcosa di realmente terribile.
Diamo per conosciuta la vicenda delle apparizioni che dal lontano 1981 si verificano in quel remoto paesino della Bosnia-Erzegovina. Il povero Brosio ha fatto la sua parte e continua a farla. Altri stimati mariologi anche. Di recente però - sull’aereo al ritorno da Sarajevo - papa Francesco ha promesso ai giornalisti che entro breve tempo si sarebbe pronunciato sui fatti connessi all’intera vicenda che, come noto, implica la presenza di alcuni veggenti coi quali la Madonna sarebbe in contatto più o meno fisso e continuato. Una sorta di veggenti di ruolo. Ha precisato - papa Francesco - che una commissione apposita nominata da Benedetto XVI prima delle dimissioni aveva consegnato i risultati dell’inchiesta al cardinal Ruini e che questi - più di tre anni fa - l’aveva fatta pervenire nelle sue mani. Il Papa attuale ha dunque avuto tutto il tempo per guardarsela e per fare tutte le domande che voleva ai relatori.
Ma papa Francesco è un caso anomalo nella storia della comunicazione. La mattina, come noto, dice messa in Santa Marta e le omelie che pronuncia a braccio nell’occasione vengono riportate e diffuse in tutto il mondo dalla sala stampa vaticana in modo ufficiale e da altre fonti variamente informate. In uno di questi interventi - che, di per sé, non costituiscono materia dottrinale in senso stretto - ha tenuto a far sapere che un certo modo di vivere e di pensare il cristianesimo non ha nulla a che fare col cristianesimo vero e proprio. Chi siano coloro che praticano quel tipo di cristianesimo non è stato precisato, però tutti hanno pensato che alludesse al tipo medjugorjno. Frasi come «Lo spirito di curiosità genera confusione e ci allontana dallo spirito della sapienza che, invece, ci dà pace»; o un’altra, che parla di personaggi che sembrano assimilare la Madonna a «un capoufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni», se pure non sono riferite in maniera esclusiva ai veggenti bosniaci, presentano tuttavia, al momento, scarse alternative.
La più terribile di queste allusioni è però ancora un’altra: «C’è un altro gruppo di cristiani senza Cristo: quelli che cercano cose un po’ rare, un po’ speciali, che vanno dietro a delle rivelazioni private». Corroborata, quest’ultima, da un passaggio tagliente come un rasoio in cui si fa riferimento alla voglia che tanti mostrano di assistere «allo spettacolo della rivelazione, a sentire delle cose nuove». Sembra l’eco di un famoso passo di Cicerone in cui espressioni come «persone desiderose di sentire sempre cose nuove» o «che seguono appassionatamente le novità più recenti» stanno a indicare coloro che cooperano a rovesciare l’ordine pubblico.
I veggenti di Medjugorje non sono stati indicati con nome e cognome, ma se l’allusione fosse indirizzata proprio a loro significherebbe che, secondo il papa, stanno facendo una gran confusione, fino a mettere in pericolo la fede delle persone. «Il Regno di Dio è in mezzo a noi» da quando Gesù Cristo è morto e risorto, ha ribadito il papa, e dunque continuare a «cercare cose strane» non fa bene a nessuno.
A questo punto, quale che sia il giudizio sulla vicenda, il nostro pensiero non si sposterebbe di una virgola. Santa Romana Chiesa non ha mai richiesto a nessuno di credere ai miracoli, tanto meno alle apparizioni. In genere siamo adulti e vaccinati. Che ciascuno faccia dunque la sua scelta. Abbiamo il Padre Nostro, abbiamo il Credo (in due forme) e due dogmi (l’Immacolata concezione di Maria; la sua assunzione in cielo). Tanto deve bastare alla nostra fede.
Quel che piuttosto dovrebbe spingerci a riflettere nelle parole del Papa è l’accenno a quello che chiama «il cristianesimo senza Cristo», ossia al fatto che ci sarebbe in giro un sacco di gente convintissima di agire in modo cristiano, che è sicurissima di compiere gesti cristiani, che passa la sua vita da un pellegrinaggio all’altro, ma - pare - mancando del fondamento stesso della questione. Come a dire che a forza di andare da Roma a Gerusalemme, da Lourdes a Santiago di Compostela, o di far penitenza a pane e acqua il venerdì anche non di Quaresima sono, in realtà, diventati estranei alla persona per la quale, nella quale e in forza della quale vive l’universo intero e dovrebbe vivere l’anima loro individuale. Non sono bruscolini un giudizio come questo. Ricorda un passo del vangelo di Matteo in cui Gesù di Nazareth avverte: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità».
“In quel giorno”, cioè quando ci presenteremo di fronte a lui, non vorremmo davvero fare la figura dei richiamati in questo passo: gente “strana”, gente che ha partecipato da protagonista allo "spettacolo della rivelazione”, che ha fatto addirittura miracoli “in Suo nome”. Niente da fare: fuori dai piedi «voi operatori di iniquità» (sic!)
Ora, per chiunque di noi è facile pensare che «operare l’iniquità» sia roba da mafia capitale, da acido sulla faccia delle ex, da assassinio a mente fredda. Non è così, dice il Signore. Anche guarire gli ammalati nel corpo e nella mente “in nome di Cristo”, anche far arrivare camionate di viveri e generi di conforto dove ce n’è più bisogno, anche predicare in modo che la gente resti lì col cuore palpitante per ore può essere «opera di iniquità», se. Se, in tutto ciò, quello di Cristo resta soltanto un nome a piè di lista, un pensiero dietro le quinte, una specie di evento collaterale, come una band di sconosciuti utile a introdurre meglio lo spettacolo clou della serata.
Ce n’è in giro di gente così. Per meglio dire: ce ne siamo in tanti. Perché la questione non si risolve una volta per tutte: è in ogni gesto, è nel senso che diamo ad ogni nostra iniziativa, nelle ragioni che portiamo a favore di un impegno anche buono e caritatevole, nel punto su cui facciamo leva per tirarci su dal letto al mattino che la cosa si dichiara. E quindi, se anche il Papa dicesse che in Bosnia-Erzegovina la Madonna appare tutti i giorni, che tutti i miracoli che si sono verificati in questi anni sono veri miracoli, che i veggenti hanno detto sempre la verità, il problema di fondo resta inalterato: tutta questa gente, nel dire “Signore, Signore”, nell’invitare il mondo alla conversione, nell’indire giornate di preghiera su per le montagne o nelle pianure del nuovo mondo, che cosa stava facendo realmente? Dov’era, per loro, il Signore, in quei momenti? Cos’era Cristo. Terribile domanda.