Don Thomas Schwartz

Il parroco della Baviera che nei giorni del Covid ha raccolto 32 mila euro per Bergamo

Nella Settimana Santa, la chiesa di Mering - un paese vicino a Monaco - è stata illuminata con i colori della bandiera italiana. «Non ci credete, ma noi tedeschi vi ammiriamo»

Il parroco della Baviera che nei giorni del Covid ha raccolto 32 mila euro per Bergamo
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di Paolo Aresi

«Ho sempre voluto bene a Bergamo, ogni anno vengo per la Summer School dell’università e mi fermo per tre o quattro settimane. Arrivavano notizie terribili in marzo e pensavo che dovevo fare qualcosa. Un mio amico mi ha dato la forza di provare una sottoscrizione nella mia parrocchia. Temevo di fare un buco nell’acqua, puntavo all’obiettivo di raccogliere 10 mila euro. Invece ne sono arrivati 32 mila e io sono felice di questa cosa. Li abbiamo versati alla Fondazione della Comunità Bergamasca».

Thomas Schwartz è il parroco cattolico di Mering, un paese vicino a Monaco di Baviera. Da cinque anni è docente nella nostra Summer School perché don Thomas non è soltanto un prete, è anche un professore di Etica dell’Economia all’università di Augsburg.

Lei è legato alla nostra città.

«Sì, molto. Amo venire a Bergamo a ogni estate. Vede, tutti noi tedeschi amiamo l’Italia e forse questo in Italia non lo si comprende. Amiamo l’Italia, non soltanto il fatto di venire a fare le vacanze, non è soltanto per via del Garda o della Riviera Alto Adriatica. No, noi siamo affascinati dal modo di essere degli italiani. Per noi, oltre il Trentino si apre un mondo diverso dal nostro, e ci piace molto. Per me Bergamo è una città straordinaria, davvero. Ho amici preti e non solo preti, vengo alloggiato nel Seminario vescovile dove mi trovo benissimo...».

Lei fa il parroco.

«Sì, la mia comunità è abbastanza grande, settemila e cinquecento abitanti. Siamo legati a Bergamo anche perché il nostro centro pastorale si chiama Papa Giovanni XXIII. I tedeschi lo amano molto il Papa Buono. So che in Italia questo “buono” a un certo punto è diventato un aggettivo persino negativo, trasformato in “buonista”. Ma non è così. Papa Buono significa Papa comprensivo, costruttore di ponti, di unione, umanità. Un uomo di straordinaria cultura e intelligenza».

È in contatto con qualche bergamasco?

«Certo, e quando è scoppiata la pandemia telefonavo ogni settimana ai miei confratelli del Seminario, mi aggiornavo continuamente. Sono stati giorni di angoscia anche per me. Volevo fare qualcosa di concreto per Bergamo».

Ha pensato alla sottoscrizione.

«No, l’idea me l’ha data un mio amico che insegna in università, Erik Lehmann, è lui che organizza la Summer School. Lui mi ha detto di lanciare la sottoscrizione e ha aggiunto che mi avrebbe dato duemila euro. E così ho preso coraggio e sono partito con l’iniziativa “Aiutiamo Bergamo”. C’è stata subito una grande adesione, alla fine sono arrivati 32 mila euro. Davvero non pensavo. Ogni giorno sul nostro sito Internet lanciavo messaggi. Anche durante la Messa della notte della Pasqua, l’ho celebrata attraverso Internet perché anche noi eravamo tutti chiusi nelle case. Hanno seguito la Messa duemila fedeli. Questa epidemia ha cambiato qualcosa, ha risvegliato il senso religioso».

Ha percepito solidarietà verso Bergamo?

«Certo, non soltanto per via delle tante offerte. Arrivavano messaggi, domande. Durante la Settimana Santa ho illuminato la nostra chiesa con i colori della bandiera italiana».

È bellissimo. E sappiamo che quarantasette bergamaschi gravemente ammalati di Covid sono stati curati nei vostri ospedali.

«È vero. Il fatto è che i tedeschi vogliono bene agli italiani. Noi vi ammiriamo».

In effetti, per noi è una sorpresa, di solito i tedeschi ammoniscono gli italiani, soprattutto per l’economia.

«Magari sì, da un punto di vista tecnico, ma io le assicuro che i tedeschi vogliono bene agli italiani. E non pensiate che i tedeschi siano egoisti, non è vero. Questa sottoscrizione lo dimostra. I tedeschi sono fieri della loro capacità organizzativa, del loro Stato che funziona come una macchina ben registrata. Ma sanno anche bene che non è la vita meccanizzata che rende felici. Per noi venire in Italia vuole dire aprire il cuore, perché la gente sta insieme, gesticola, si abbraccia, esprime la gioia di vivere. E noi abbiamo nostalgia di questo grande valore».

Avete fatto anche voi il lockdown, ma la Germania non ha avuto gravi conseguenze per l’epidemia.

«Voi ci avete salvati. Noi abbiamo visto il vostro esempio, ci siamo resi conto di quanto grave potesse diventare la situazione e vi abbiamo imitati, abbiamo chiuso tutto anche se l’epidemia non era ancora partita. I vostri morti sono stati per noi un monito (...)».

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