L'attacco della Cgil Bergamo: «La Regione ha scaricato la fase 2 sulle tasche dei cittadini»
Il sindacato critica il continuo rimpallo di responsabilità tra Regione e Governo e denuncia la totale assenza di una strategia da parte del Pirellone

La decisione di concedere ai privati la possibilità di effettuare i test sierologici a pagamento e il rimpallo estenuante di responsabilità gestionali continuano a tenere banco in Lombardia. «Sembra di voler polemizzare a tutti i costi, ma non è possibile che a distanza di mesi dall’esplosione della pandemia ci sia ancora così tanta confusione – sottolinea Gianni Peracchi, segretario generale della Cgil di Bergamo -. Assistiamo da una parte, al tentativo di imputare al Governo quasi tutte le responsabilità del disastro pandemico, dall’altra a scaricarle sui sistemi delle autonomie, dei presidi socio-sanitari e degli operatori nel territorio».
La certezza è che la confusione pare regnare sovrana: se in un primo momento i test sierologici pareva servissero, ora possono essere addirittura controproducenti; per non parlare delle chiusure o le riaperture che, a seconda del momento, sono ritenute eccessive o inadeguate, con la Regione che incolpa il Governo. «Ci teniamo a ribadire che nell’ambito del rimpallo delle responsabilità tra centro e periferia, le competenze in materia di tutela della salute e organizzazione dei servizi e dei presidi sanitari è della Regione – prosegue Peracchi -. E che questo livello di autonomia è stato più volte rivendicato ed enfatizzato in particolare dai livelli di governo lombardi. Il che non esenta il Governo nazionale dalla responsabilità di inadempienze e lacune gestionali».
Il segretario della Cgil di bergamo è particolarmente critico nei confronti nella liberalizzazione da parte del Pirellone degli screening sierologici. «Fino a settimana scorsa erano di fatto vietati in virtù di una sorta di monopolio concesso ad una sola società specializzata. Poi, improvvisamente liberi tutti, con i costi scaricati sulle tasche del privato cittadino o delle aziende. Ma non basta. Come è noto, l’analisi sierologica serve a verificare se si è contratta la malattia ma per avere la certezza che non si è più di contagiosi bisogna fare il tampone. E qui casca l’asino: anche i tamponi, salvo quelli previsti dai protocolli sanitari riservati prioritariamente al settore socio sanitario assistenziale, sono a pagamento, con un costo variabile tra i 90 e i 120 euro».
A ciò si aggiunge l’ulteriore problema causato dalla «mancanza di reagenti necessari per effettuarli. Colpa di Arcuri, osserva qualcuno, ma la competenza degli approvvigionamenti degli strumenti diagnostici è in capo anche alla Regione. È pur vero che ci possono essere difficoltà nel reperire questi materiali, ma allora non si spiega come mai a Bergamo una prestigiosa associazione privata sia riuscita da sola a procurarsi il necessario per poi metterlo, encomiabilmente, a disposizione di Asst Bergamo Est».
Infine se una persona, dopo aver effettuato il sierologico, risultasse positivo «dovrebbe mettersi in quarantena in attesa del tampone, con il rischio di un isolamento lunghissimo, vista la carenza di tamponi, con tutte le conseguenze sul versante dell’attività lavorativa – conclude Peracchi -. Se questa è la strategia lombarda per affrontare la fase 2, scaricata sulle nostre tasche e rimessa alla discrezione delle aziende e dei privati cittadini, c’è di che preoccuparsi».