Fa pubblicità, non si tocca

Il Telegraph non parla di Swissleaks E il supergiornalista se ne va

Il Telegraph non parla di Swissleaks E il supergiornalista se ne va
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Pochi giorni fa, ci siamo trovati di fronte a un bell’esempio di cosa significhi fare giornalismo: il protagonista della vicenda è stato L’Espresso, il quale ha deciso di non pubblicare l’elenco completo dei nomi coinvolti in Swissleaks, ma di procedere ad un lungo lavoro di scrematura fino a che non siano stati certificati coloro che, effettivamente, depositarono soldi presso la banca HSBC per precisi scopi di evasione fiscale.

Oggi, 18 febbraio, arriva una notizia analoga nella forma, ma ben diversa nella sostanza: anche il quotidiano britannico The Telegraph, letteralmente un’istituzione editoriale al di là della Manica, ha deciso di non pubblicare l’elenco dei nominativi. Anzi, ha fatto molto di più, ha deciso di non occuparsi proprio della vicenda, come testimonia l’assenza sulle pagine del quotidiano, in tutti questi giorni, di alcun tipo di articolo, nota o postilla riguardo alla vicenda. Ma il motivo di questa decisione è tutt’altro che nobile: HSBC, infatti, è uno dei più importanti fornitori di pubblicità (e quindi di fondi) del Telegraph, il quale ha dunque deciso di ignorare del tutto le traversie che l’istituto elvetico sta affrontando di questi tempi, onde evitare di ledere la partnership commerciale. Alla direzione del quotidiano va benissimo così, ad alcuni redattori, invece, per niente. Fra questi spicca Peter Oborne, apprezzato e conosciuto giornalista della testata, che, in seguito alla decisione di chiudere uno, anzi due occhi sulla vicenda, ha convenuto di rassegnare le proprie dimissioni, giustificando la propria scelta attraverso le pagine del famoso sito britannico OpenDemocracy.

 

peteroborne

 

La vicenda. Peter aveva iniziato, in autunno, un lungo lavoro di ricerca sulla banca HSBC, poiché c’erano alcuni dati e alcune voci che proprio non lo convincevano, in merito a presunti buchi di bilancio dell’istituto tenuti ben nascosti e, naturalmente, rispetto alla copertura che HSBC offriva a moltissimi evasori fiscali di tutto il mondo. Dopo settimane di lavoro, ultimò un articolo particolarmente rivelativo in merito alle vicende di HSBC, e lo mandò al suo giornale, il Telegraph appunto, il quale gli fece sapere che non c’era alcun problema per la pubblicazione. Passavano i giorni ma del pezzo, sia sulla carta che online, non c’era traccia, così Oborne chiese lumi alla direzione. Una serie di poco probabili scuse gli vennero appioppate per qualche giorno, finanche strane questioni legate a problemi legali, in breve tempo rivelatesi false. In seguito all’indefessa insistenza del giornalista, un dirigente del testata, finalmente, cominciò a mostrargli la verità dei fatti: «C’è un problema, rispetto ad HSBC».

Da quel momento, Oborne cominciò a indagare su come qualsiasi genere di notizia rispetto ad HSBC venisse trattata all’interno del Telegraph, e ciò che scoprì fu allarmante: un articolo scritto dal corrispondente per questione economiche della testata, Harry Wilson, che trattava di importanti buchi di bilancio dell’istituto svizzero, venne sì pubblicato, ma nel giro di pochi minuti immediatamente rimosso, tanto che, tuttora, qualora si tenti di collegarsi all’articolo tramite il link contenuto in un tweet di Wilson, si finisce... nel nulla. E tante altre storie analoghe.

Oborne a una politica del genere proprio non voleva allinearsi, e allora si è presentato alla corte niente meno che di Murdoch McLannna, CEO del Telegraph Media Group, per presentare le proprie rimostranze. Pressato da Oborne, il manager ha infine ammesso che sì, la linea editoriale del quotidiano era, ed è tuttora, profondamente influenzata dai partner pubblicitari più importanti, e che questa di HSBC non era che l’ultima di una lunga serie di casi del genere. Le conseguenze, per Peter Oborne, sono state pressoché immediate e naturali: le dimissioni.

Il j’accuse di Oborne. Oborne ha voluto comunque dire la sua su tutta quanta la faccenda, affidandosi alle pagine digitali di OpenDemocracy. Il giornalista, oltre ad aver riportato l’intero racconto della vicenda, ha anche lanciato pesanti accuse, come ad esempio il grosso rischio che, oltre alla libertà di stampa, corre la democrazia stessa di un Paese in cui avvengono dinamiche di questo genere. Oborne parla di tradimento della fiducia che i lettori del Telegraph manifestano quotidianamente comprando il giornale, e che ormai si è disposti a sotterrare la verità o a mistificare, se non inventare, le notizie pur di ottenere un pungo di click. La risposta del Telegraph è stata tanto immediata quanto scarna ed asciutta, limitandosi ad affermare l’assoluta indipendenza dell’editoria dagli aspetti pubblicitari, e che non sono accettate illazioni del tipo di quelle di Oborne. In fondo, che altro potevano dire?

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