Il segreto sta nel lievito

Arriva il vino che... non ubriaca!

Arriva il vino che... non ubriaca!
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È stato sempre un problema, soprattutto del sabato sera, quello di evitare di bere alcool, ovvero vino a cena e poi ancora bevande super ebbre in giro per locali, con il rischio di finire tramortiti per troppo alcool in corpo e, naturalmente, per i suoi effetti collaterali. Entrambi, almeno per quanto concerne il vino, potrebbero avere fine. Presto. Perché un gruppo di ricercatori della Illinois University, negli Stati Uniti, avrebbe scoperto la formula per mettere a punto un elisir di Bacco che non ubriaca. Lo hanno raccontato di recente nella rivista Applied and Environmental Microbiology.

 

 

Il segreto sta... Nel Dna del lievito. E più precisamente nella sua alterazione, finalizzata a due scopi: il primo è quello di ridurre i sottoprodotti tossici, derivanti proprio dal lievito, e responsabili di mal di testa, nausea, vomito e di tutti quei sintomi che si conoscono all’indomani di una gran bella bevuta.  Come? Sfruttando un particolare enzima, quello della nucleasi, per tagliuzzare il Dna e modificare geneticamente, con una precisione sopraffina, i ceppi che intervengono nel processo di fermentazione, impedendo così che venga prodotta la componente alcolica. La strategica scoperta anti-ubriacatura, dicono i ricercatori americani, potrebbe essere clonata e utilizzata dai viticoltori per migliorare la fermentazione malolattica, ovvero il processo secondario che migliora la stabilità biologica del vino ma è responsabile di tutti i elementi tossici  responsabili dei postumi da sbornia.

 

 

Ma c’è anche un secondo vantaggio: questo speciale trattamento della bevanda permetterebbe anche di aumentare la quantità di resveratrolo, un componente tanto discusso ma pare altrettanto salutare, i cui benefici effetti però non possono essere attualmente sfruttati appieno proprio perché legati alle minime quantità di vino che possono essere assunte per non incorrere negli esiti sbronza, appunto. Con il lievito ingegnerizzato, invece, si potrebbero decuplicare i quantitativi del resveratrolo in una determinata varietà di vino. O, ancora, si ipotizza anche di introdurre svariati composti bioattivi provenienti da altri alimenti, come il ginseng ad esempio.

I passi futuri della ricerca. Ora si pensa a utilizzare la metodica per migliorare altri alimenti che richiedono la fermentazione, tra cui la birra e il pane. Inoltre, si spera che con il nuovo vino si potranno ricavare anche prodotti biologici affini da utilizzare nella preparazione di altri cibi, puntando al massimo sulla salute e dimenticando tutti i divieti imposti dalla possibile intossicazione o da pericolosi effetti collaterali.

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