Promessi altri attentati

In fiamme per vendetta l'aeroporto di Karachi

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Domenica 8 maggio il Karachi Jinnah International Airport – il più importante del Pakistan – è stato teatro di un grave attentato condotto da un commando appartenente al movimento Tehreek-e-Taliban Pakistan (le unità talebane del Pakistan, TTP). Verso le 23.30 ore locali (20.30 in Italia), una decina di militanti – stranieri, secondo alcune fonti: probabilmente uzbeki – ha fatto irruzione nella zona cargo dell'aeroporto mentre due kamikaze si facevano esplodere.

Ne è seguito uno scontro a fuoco con armi automatiche e lancio di granate che hanno innescato diversi incendi. I voli sono stati immediatamente sospesi e le forze di sicurezza hanno isolato l’area dello scalo, che è rimasto chiuso per tutta la notte.
Non è ancora chiaro come i terroristi siano riusciti a raggiungere la pista: secondo BBC news alcuni avrebbero fatto uso di documenti falsi per superare i controlli mentre altri avrebbero semplicemente tagliato la rete di recinzione.
La sparatoria ha fatto registrare almeno 24 vittime: oltre agli attaccanti, nove membri delle forze di sicurezza e due civili. Solo nella mattinata di lunedì la polizia è riuscita a riprendere il pieno controllo dell'aeroporto e Rizwan Akhtar, capo delle forze paramilitari cui è stata affidata la sicurezza dell’aeroporto, ha comunicato che tutti i 10 «terroristi» che hanno preso parte all’attacco sono stati uccisi.

All’inizio dell’attentato si trovavano in aeroporto circa 700 passeggeri che sono stati evacuati senza problemi. Per tutta la notte le tv pachistane hanno mandato in onda immagini provenienti dalla pista: fiamme che rompevano il buio e colonne di fumo alte fino al cielo.

Diversi aerei (fra cui due delle compagnie Pia e Airblue) fatti segno a colpi d’armi da fuoco e alcuni edifici amministrativi resi inagibili dagli incendi non consentono ancora una stima precisa dei danni materiali e delle perdite subite fra i civili.

Il portavoce dei Talebani, Shahidullah Shahid, ha fatto sapere che l’attacco è stato deciso per vendicare la morte di Hakimullah Mesud, il comandante rimasto ucciso, assieme ad altre persone, nel corso di un raid governativo condotto con droni, gli aerei privi di pilota.

Lo stesso ha annunciato che tutti gli attacchi già pianificati saranno portati a termine prima dell’avvio dei colloqui di pace. Altri ancora sono in fare di progettazione.

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