Morirono in mare 368 persone

Lampedusa, un anno dopo

Lampedusa, un anno dopo
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Esattamente un anno fa, il 3 ottobre 2013, avvenne la tragedia che spinse il governo nazionale (e quello europeo) a prendere in seria considerazione quanto stava avvenendo da ormai parecchi mesi al largo delle coste di Lampedusa: 368 persone morirono in seguito al naufragio di un barcone partito dalla Libia alla volta dell’Italia e di una vita migliore; nessuna di queste due mete venne mai raggiunta. In ricordo di questa tragedia, oggi l’isola si è fermata in un momento di raccoglimento; una preghiera da parte degli abitanti ma anche di coloro che da quel naufragio riuscirono a salvarsi, e che oggi hanno deciso di tornare su quelle spiagge per ricordare il dramma dei migranti e per ribadire che quanto è stato sinora fatto non è ancora sufficiente.

 

scritta maglietta

 

«Proteggete le persone, non i confini»: così recita una scritta presente sulle magliette indossate da tanti tra quelli che partecipano a questa giornata di commemorazione; perché se è vero che del problema dell’immigrazione si è finalmente cominciato a parlare anche nelle sedi istituzionali, sembra che l’argomento venga trattato come una questione politica, su cui “passare palla” appena possibile. E intanto cresce il numero delle persone che ogni giorno perdono la vita in quel tratto di mare: solo da gennaio, sono già 3mila gli uomini, le donne e i bambini che sono morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.

Che cos’è Mare Nostrum. Come noto, proprio in seguito alla tragedia del 3 ottobre scorso, il governo italiano dell’allora Premier Enrico Letta decise di porre in essere un’operazione militare e umanitaria, chiamata Mare Nostrum, con lo scopo di far fronte all’emergenza. Si trattava di un coordinato utilizzo di forze navali ed aeree teso a monitorare il traffico marittimo delle immigrazioni dal Nord Africa all’Italia, con compiti di intervento in caso di emergenza ma anche di intercettazione e sospensione della traversata: un impegno che costa allo Stato 10 milioni di euro al mese. Ma il solo impegno italiano non ha potuto affrontare in maniera adeguata un problema così grande. Le continue tragedie lo dimostrano chiaramente.

Cosa sarà Frontex Plus. Ora, dopo mesi di dialogo, battibecchi internazionali e nessuna decisione, l’Europa ha deciso di intervenire in aiuto delle forze tricolori, progettando l’operazione Frontex Plus. Questo è il nome della missione che partirà da novembre e che, perlomeno all’inizio, si affiancherà, senza sostituirsi, a Mare Nostrum; in sostanza, verrà rafforzata l'azione di pattugliamento delle frontiere meridionali dell'Unione, incorporando ed integrando due missioni europee già esistenti nel Mediterraneo, la Hermes e la Enea. Le navi Ue non si spingeranno però in acque internazionali e avranno un ruolo di solo controllo e non di soccorso umanitario. Inoltre, è stato deciso che le barche usate dai trafficanti saranno distrutte, per evitare così che vengano riutilizzate.

Il punto critico riguarda le risorse: senza l'apporto dei singoli governi, la struttura comunitaria non ha la capacità di farsi carico del problema migratorio. La partecipazione è lasciata alla volontà dei singoli Stati membri che, attraverso un bando, decideranno se e come contribuire. Francia e Germania hanno già garantito il loro sostegno. È un’operazione che, in Italia, ha già sollevato parecchie perplessità, vista la partecipazione a discrezione degli Stati membri e visto lo scopo della Frontex Plus, che da un punto di vista del soccorso umanitario non offrirebbe alcun tipo di sostegno alle forze italiane.

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