A partire dal tweet di Renzi

In che senso la tv è in crisi nera fatte ovviamente le debite eccezioni

In che senso la tv è in crisi nera fatte ovviamente le debite eccezioni
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Fa strano a pensarlo, figuratevi a scriverlo. Però, a quanto pare, è proprio così. La televisione è in crisi nera e, se produttori e registi tv non consultano le sacre muse dell’ispirazione creativa e non si inventano al più presto qualcosa di nuovo, saranno tempi duri anche per chi sta dentro lo schermo. Al momento non sembrano esserci eccezioni, tutte le televisioni arrancano con affanno, mese dopo mese. Magari ci sono programmi che riescono a stare a galla meglio di altri, ma non si sa per quanto tempo potrà durare quest’idillio.

Qualche giorno fa anche il premier Renzi, con un tweet in tarda serata, aveva espresso tutto il suo disappunto per la superficialità di alcuni programmi: «Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri: basta una sera alla Tv e finalmente capisci la crisi dei talk show in Italia». Il suo riferimento era relativo ai temi che più lo riguardano e scegliamo intenzionalmente di tralasciare tutto il battibecco mediatico che ha provocato questo post. Ne condividiamo il giudizio e, con rammarico, lo estendiamo anche ad altre tipologie di programmi che vengono mandati in onda ogni giorno.

 

 

Crisi su tutti i fronti (tranne uno o due). Per esempio, il talent Forte Forte Forte, presentato da Raffaella Carrà su Rai1 è risultato essere un vero e proprio flop di ascolti. Già dopo la prima puntata, i produttori erano corsi ai ripari con diversi cambiamenti nel format del programma. Ma non sono serviti a nulla, dato che ha perso ancora telespettatori, chiudendo la seconda serata con 3 milioni e 84 mila spettatori, cioè il 13.67% di share. La settimana scorsa, invece, la trasmissione di Rai1 aveva fatto registrare 3 milioni 837 mila spettatori con il 15.52% di share. Ma – ricordiamocelo - era la prima puntata. Su questo programma non sono mancati i commenti negativi di alcuni opinionisti. Vittorio Feltri ha scritto sul Giornale: «Bisogna sapere che Forte Forte Forte costa un occhio (oltre 1 milione a puntata) e ottiene risultati debolissimi. E allora c’è da chiedersi: perché non chiuderlo subito, evitando così di gettare al vento altri milioni?». Selvaggia Lucarelli, invece, attacca direttamente la Carrà: «I primi dieci minuti ci mostrano una Carrà che fa il suo ingresso negli studi in minigonna, con gli stivali ad altezza coscia abbinati a un piumino. Nessuno le chiede di vestirsi da Rosy Bindi che scende a dar da mangiare ai gatti, ma forse a 70 anni la stivalata da cubista è un po’ eccessiva».

Ma non è solo la Raffaella Nazionale a dover fare i conti con i telespettatori che mancano. Anche le Invasioni Barbariche di Daria Bignardi iniziano a scricchiolare. Al momento sono andate in onda le prime due puntate della stagione ma sia la prima (3,82% di share) che la seconda (2,55% di share) non sono riuscite a raggiungere neppure il 4%.

 

TV: RAFFA, BONOLIS & CO, 2015 APRE NEL SEGNO DEGLI SHOW

 

Se si vogliono certezze in numero di ascolti bisogna ingaggiare loro: Maria De Filippi e Luciana Littizzetto. La prima, con C’è posta per te, continua a dominare il sabato sera: la scorsa settimana ha incollato allo schermo quasi 6 milioni di spettatori. Invece il programma di Fabio Fazio Che tempo che fa raggiunge il picco di ascolti solo durante gli interventi della Littizzetto. Alle 21:38 di domenica scorsa ha toccato il 16,86% con circa 5,1 milioni di telespettatori.

Sì ma come mai? Ma la crisi della televisione non si può spiegare solo con la mancata qualità dei suoi programmi.  Negli anni d’oro “mamma-televisione” mandava in onda programmi che in tanti definivano “spazzatura”. Il fatto era che la gente, però, se li ingurgitava lo stesso a piene mani. La nostra è indubbiamente un’epoca di passaggio, di transizione e di grandi cambiamenti. La tecnologia digitale è divenuta sempre più a portata di mano e ci permette di fruire ciò che vogliamo nel momento che più desideriamo. Salta quindi la prigione del palinsesto a cui eravamo incatenati negli anni senza internet e smartphone. E così è facile bypassare e dimenticare tante trasmissioni inutili o che non incontrano in alcun modo il nostro gusto. Gli unici programmi che, almeno per il momento, sembrano intramontabili sono gli eventi live, primi fra tutti quelli sportivi. I canali che trasmettono partite di calcio o gare olimpiche sono gli unici che hanno ancor oggi la capacità di aggregare grandi audience. Per questo, lo ribadiamo ancora una volta, o la televisione intera sceglie di sfruttare il cambiamento in corso reinventandosi completamente oppure sarà sempre più difficile guadagnarsi la fedeltà di un consumatore sempre meno disposto a farsi imprigionare da palinsesti, scalette e programmazioni imposte dall’alto.

 

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E non si vendono nemmeno più televisori. C’è però ancora un’ultima notizia che fa tremare i magnati delle televisioni. Come se non bastasse, gli italiani hanno iniziato ad acquistare sempre meno tv. A render nota questa notizia è stato un dipartimento della Confindustria che si occupa proprio di questo tema. Solo nel qualche anno fa, nel 2010 ne erano stati acquistati 7,2 milioni, mentre l’anno scorso gli scontrini che registravano la vendita di televisori si sono fermati a 4,6 milioni. Una discesa in caduta libera. A dispetto di quello che però si potrebbe pensare, questo dato non significa che il Belpaese scelga di spegnere gli schermi e buttar via i telecomandi. È, ancora una volta, il segno di quel cambiamento cui prima si accennava. Anche perché il calo di queste vendite non riguarda solo il nostro Paese, anche in Inghilterra, ad esempio, nel 2014 sono stati venduti circa 500mila dispositivi in meno. Inoltre è interessante notare che il prezzo medio che gli italiani sono disposti a pagare per l’acquisto di un televisore si ferma a 350 euro, contro i 400 euro della Spagna e i 500 euro che rappresenta la media dei paesi europei.

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