La prima guerra civile europea del XXI secolo

In Ucraina è di nuovo guerra

In Ucraina è di nuovo guerra
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Trenta carri armati russi sono entrati a Donetsk, roccaforte dei ribelli separatisti filorussi. A dare la notizia è l’esercito ucraino. Un gioco di rimbalzi tra Kiev e Mosca, che si accusano reciprocamente, il cui unico risultato è quello di aver fatto precipitare le regioni a est dell’Ucraina in una situazione simile a quella che ha preceduto la tregua del 5 settembre. Da sabato infuriano i combattimenti e gli scontri hanno causato la morte di almeno 200 persone. Anche l’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, ha espresso la sua preoccupazione per l’avvistamento della colonna di carri armati carichi di uomini e artiglieria in movimento all’interno dei territori controllati dai ribelli. Con ogni probabilità si trattava dei blindati filorussi, tuttavia l’Osce non è stata in grado di dire se i mezzi fossero realmente russi, dal momento che non avevano alcun segnale di riconoscimento.

Gli ultimi dati Onu, aggiornati al 31 ottobre, dicono che finora la prima guerra civile europea del XXIesimo secolo ha causato la morte di oltre 4mila persone. Più di 9mila i feriti. Sono sette mesi che i separatisti filorussi e l'esercito di Kiev sono schierati l'uno contro l'altro. Donetsk è una città sotto assedio, la gente è rifugiata nei bunker e le strade sono deserte.

Il reportage. Come scrive il sito Pagina99, uno dei pochi giornali ad aver realizzato un reportage a Donetsk, l’artiglieria ucraina sta cannoneggiando la capitale del Donbass, mentre i separatisti sono asserragliati nella parte settentrionale della città, separati dalla linee ucraine da campi minati e boschi. Di fronte al palazzo del governo sfilano i carri armati e sembra che la città si stia preparando allo scontro finale, per farla tornare sotto il controllo di Kiev. L’Ucraina vuole riconquistare l’aeroporto cittadino, ancora in mano ai combattenti separatisti. Una fuoco che piove sulla città da due giorni al ritmo di un colpo di artiglieria ogni 10 secondi. Tra i miliziani si contano i morti a decine. E pare che l’esercito ucraino sia meglio equipaggiato dei filorussi: sebbene si sentano dimenticati dal governo di Kiev, che non li paga, i soldati sono dotati di occhiali a raggi infrarossi per la notte e droni che rilevano il calore umano. I separatisti combattono con Kalashnikov, bombe a mano e mortai, e le fila dei guerriglieri sono composte anche da volontari di nazionalità russa. A dare man forte ai militari dell’esercito governativo di Kiev, invece, ci sono i paramilitari volontari provenienti dall’estrema destra ultranazionalista.

Tregua violata e scambi di accuse. La tregua firmata a Minsk il 5 settembre, dunque, è a dura prova. Quella di Minsk sembrava essere la prima tregua realmente rispettata da ambo le parti. E se l’Ucraina accusa Mosca di continuare a inviare uomini e armi, dai separatisti arrivano le accuse di violazione della tregua da parte di Kiev. Nella sola giornata di domenica, i militari ucraini hanno violato il cessate il fuoco 16 volte, riferisce il quartier generale della Repubblica popolare di Donetsk. Recentemente, poi, nella regione sono scomparse circa 400 donne di età compresa tra i 18 e i 25 anni, e nella zona dove era dislocato un battaglione dell’esercito ucraino sono stati trovati 286 corpi. Tutte donne che recavano segni di violenza.

Le elezioni nell’est. La scorsa settimana le consultazioni elettorali avevano stabilito che le regioni del Donbass avessero due nuovi parlamenti indipendenti da Kiev. Un risultato che non è piaciuto al presidente ucraino Petro Poroshenko e alla comunità internazionale, che non hanno riconosciuto la formazione delle nuove repubbliche. Il governo di Kiev, dopo il voto separatista, ha isolato ulteriormente le regioni dell’est, imponendo il controllo dei passaporti e minacciando di sospendere il versamento di pensioni e altri contributi.

L’antefatto della guerra civile. Tutto è iniziato un anno fa, quando il 21 novembre 2013 non viene firmato l’accordo di associazione con l’Ue. Seguono proteste, con morti e feriti, fino alla destituzione del presidente Yanukovich, accusato di alto tradimento perchè aveva rilanciato le relazioni con Mosca. Non va dimenticato che nei mesi precedenti la Russia aveva usato il prezzo del gas come arma di ricatto e aveva bloccato l’importazione di prodotti dall’Ucraina. Nasce il movimento Euromaidan, dal nome dei manifestanti che hanno piantato le tende in piazza Maidan a Kiev. L’8 dicembre scendono in piazza oltre 300 mila persone, i manifestanti occupano il municipio di Kiev e abbattono una statua di Lenin. Un Paese che sta sprofondando nel caos, con il parlamento che stringe accordi con Mosca, la quale promette di investire 15 miliardi di dollari in titoli ucraini e ridurre di un terzo il prezzo del gas che vende a Kiev.

A gennaio viene approvata una legge che punisce severamente le manifestazioni di piazza: per protesta la gente scende di nuovo in piazza e gli scontri con la polizia provocano i primi morti. Vengono presi d’assalto i palazzi governativi e i manifestanti ottengono l’abrogazione delle leggi anti protesta, con il rilascio dei prigionieri arrestati durante gli scontri con la polizia. Viene firmata una tregua per porre fine alle violenze, ma il sangue continua a essere versato nelle strade di Kiev. A febbraio il presidente Yanukovich accusa la presenza del colpo di Stato, viene deposto e a suo carico viene spiccato un mandato di cattura internazionale con l’accusa di strage. Nel frattempo torna in libertà l’ex primo ministro Yulia Timoschenko, in prigione dal 2011 per aver esercitato pressioni su un accordo per la fornitura di gas con Putin. Vengono indette le elezioni per il 25 maggio, e ad interim nasce un nuovo governo con premier è Arseni Yatseniuk, capogruppo del partito “Patria” di Yulia Timoshenko.

La tensione, intanto, cresce in Crimea: soffiano i primi venti separatisti, viene occupato il parlamento e issata la bandiera russa. La nuova Ucraina accusa Putin di sobillare gli animi e voler provocare un conflitto. Migliaia di militari russi vengono inviati in Crimea, di fatto tornando a controllare la zona. Entra in campo la comunità internazionale, preoccupata per l’evoluzione della situazione, e il Pentagono sospende le attività di cooperazione militare tra Washington e Mosca. L’11 marzo la Crimea dichiara l’indipendenza da Kiev, segue un referendum che ottiene il 97% dei consensi. Stati Uniti ed Europa rispondono all’indipendenza con le sanzioni nei confronti di personalità russe dell'entourage di Putin ed esponenti ucraini filo-Mosca e la Russia viene espulsa dal G8.

La tensione inizia però a salire nelle altre regioni del sud est ucraino, più vicine alla Russia per lingua e cultura. Chiedono la creazione di uno stato federale o l’annessione a Mosca. A Donetsk e nelle altre città vengono occupati i palazzi del potere. Kiev risponde con l’invio di militari dell’esercito per riportare la clama e per impedire che le istanze secessioniste abbiano il sopravvento. Inizia così la guerra civile che è arrivata fino a oggi e che non accenna a placarsi. In mezzo le elezioni in Ucraina e la vittoria di Proshenko, e l’abbattimento di un aereo civile malese che causa la morte di 298 persone. Sullo sfondo il debito che l’Ucraina deve pagare alla Russia per la fornitura del gas che, al di là dell’accordo raggiunto a fine ottobre, rimane e va saldato entro la fine di quest’anno.

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