La speranza

Incidente di Miami, ore di angoscia per Kevin Drago: il racconto del papà

Giancarlo Drago gestisce l'Encanto di viale Rimembranze, a Urgnano: «Eravamo qui al bar quando mia figlia ha ricevuto una chiamata dalla polizia di Miami»

Incidente di Miami, ore di angoscia per Kevin Drago: il racconto del papà
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In alto, Giuseppe Ghidotti (a sinistra) con Kevin Drago (foto dal profilo Facebook della sorella Syria)

Sono ore di angoscia quelle che stanno vivendo i familiari di Kevin Drago, gravissimo al Jackson Memorial Hospital di Miami, dopo la conferma arrivata dal console italiano a Miami circa il decesso di Giuseppe Ghidotti, avvenuto in un incidente nella metropoli della Florida (Usa) il giorno di Pasquetta.

La telefonata della polizia e l'attesa

Uno schianto in moto il giorno di Pasquetta in una delle mete turistiche più ambite del mondo, Miami. Per Giuseppe, 28 anni, non c’è stato nulla da fare, gravissimo invece l’amico Kevin, 31. Ore infernali quelle che le due famiglie hanno vissuto dopo l’improvvisa e nefasta telefonata che ha gelato loro il sangue lunedì sera. Quella che nessun genitore vorrebbe mai ricevere, quella che ha rivelato che nella città delle Florida, negli Stati Uniti d’America, era avvenuto un incidente stradale nel quale erano rimasti coinvolti i due ragazzi di Urgnano. Giovani che avevano deciso di vivere all’estero, lavorando in Spagna e negli Usa.

«Eravamo qui al bar quando mia figlia ha ricevuto una chiamata dalla polizia di Miami - ha spiegato il papà la mattina dopo, martedì 2 aprile, Giancarlo Drago, gestore del locale di viale Rimembranze “Encanto” -; la mamma sta preparando il passaporto, mia figlia lo ritira giovedì e poi partiamo tutti e tre. Il poliziotto ci ha avvertito che Kevin aveva avuto un incidente, che era cosciente e aveva detto loro di chiamare Syria, sua sorella e così hanno fatto, ritrovando il numero sul suo cellulare. Una doccia fredda».

I familiari, increduli e angosciati, hanno contattato l’amico Giuseppe e a rispondere è stata sempre la polizia statunitense.

«Ci hanno detto che Kevin era gravissimo in ospedale e che Beppe non ce l’aveva fatta - ha concluso il padre - Con mio figlio ci sentivamo, mi raccontava quello che stava facendo, con Beppe erano amici d’infanzia. Ora siamo in attesa di una conferma, non sappiamo nulla di più».

«Era da anni che viveva all’estero - ha spiegato un cugino - è molto grave, stanotte ha già subito un intervento chirurgico».

«Lavorava a Barcellona, si era spostato in California per fare il raccoglitore e poi in Florida - ha affermato la moglie del padre - lì doveva restare due o tre mesi e poi sarebbe tornato in Spagna».

I genitori di Kevin si sono recati dai Ghidotti, che non sapevano nulla e hanno contattato il parroco.

«La famiglia mi ha chiamato intorno alle 20.30, li conosco bene - ha raccontato sempre l’indomani mattina il parroco don Stefano Bonazzi - Ho sentito per telefono un amico cubano che si trova a Miami, mi ha detto che Beppe è mancato ma si è recato in ospedale e non glielo hanno fatto vedere. Alle 22 abbiamo telefonato alla Farnesina che ci ha fornito il contatto del Consolato italiano: inviata una e-mail l’addetto ci ha risposto una decina di minuti dopo, ha fatto qualche telefonata ma non è riuscito a darci notizie e ci ha chiesto di fornire i dati dei due ragazzi, dicendo che avrebbe richiamato per informarci».

«Giovani all'avventura»

Il sacerdote ha parlato di Ghidotti con affetto. Il ragazzo aveva frequentato l’Itc "Belotti" a Bergamo e trovato un’occupazione in paese, ma poi aveva lasciato tutto.

«Un ragazzo tranquillo, buono, tifoso atalantino che lavorava alla “Imequadri Duestelle SpA”- ha raccontato - ma il lavoro fisso gli stava stretto, ha deciso di cambiare vita e di andare all’avventura: prima ha fatto l’aiutante di un pizzaiolo e poi è partito per la Spagna, a Barcellona, dove ha incontrato l’altro ragazzo che già lavorava lì. Insieme poi si sono spostati negli Usa, prima in California per la raccolta dei funghi e poi in Florida. Anche lì facevano lavori saltuari. Siamo in disperata attesa, non si sa nulla di più».

In paese è partito subito un tam tam, ore di attesa estenuanti per tutta la comunità. Attesa che è finita nel tardo pomeriggio, nel peggiore dei modi.

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