il caso

Indagate le attiviste che bruciarono le foto di Meloni, Piantedosi e Vannacci a Bergamo

Appartengono al movimento transfemminista "Non una di meno" e sono state accusate di vilipendio per i fatti accaduti durante la manifestazione dell'8 marzo

Indagate le attiviste che bruciarono le foto di Meloni, Piantedosi e Vannacci a Bergamo
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Foto in apertura da Facebook, di Giovanna Camilla de Rosa

Prosegue l'indagine a carico delle attiviste del movimento transfemminista "Non una di meno", accusate di vilipendio delle istituzioni dopo la manifestazione dell'8 marzo scorso a Bergamo. L'episodio al centro dell'inchiesta riguarda il rogo di alcune immagini raffiguranti la premier Giorgia Meloni, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e l'europarlamentare Roberto Vannacci durante il corteo organizzato per la Giornata internazionale della donna.

Le ultime

La Procura di Bergamo ha confermato che sono tre le persone attualmente indagate, mentre secondo il movimento sarebbero quattro le attiviste coinvolte nell'indagine. Il fatto contestato è avvenuto in via Paglia, area recentemente classificata come "zona rossa" ad alto rischio criminalità: lì delle manifestanti hanno dato fuoco alle foto utilizzando un fumogeno.

Le attiviste, attraverso un comunicato diffuso sui social, hanno spiegato che l'intento era quello di «bruciare le parole d'odio, di intolleranza e di violenza» espresse dai tre esponenti politici, le cui dichiarazioni erano riportate sui volantini accanto alle loro immagini. In particolare, hanno criticato Meloni per aver «affermato di non aver mai creduto nelle politiche per la parità di genere», Vannacci per sostenere che «il patriarcato non esiste» e Piantedosi per le sue posizioni definite «piene di odio verso le minoranze».

La contestazione si inserisce anche nel dibattito sulla recente istituzione delle "zone rosse" in città e sull'approvazione del Ddl Sicurezza a livello nazionale, misure che secondo il movimento «stigmatizzano intere comunità e criminalizzano qualsiasi movimento di resistenza e dissenso».

La risposta di Fratelli d'Italia

L'episodio aveva già suscitato forti reazioni politiche nei giorni immediatamente successivi, con Fratelli d'Italia Bergamo che aveva definito l'accaduto un «atto ignobile e vergognoso», chiedendo pubblicamente una presa di posizione da parte dell'Amministrazione comunale.

Va ricordato che la manifestazione dell'8 marzo era stata caratterizzata da tensioni già prima del suo svolgimento, con la Rete bergamasca contro la violenza di genere che aveva deciso di dissociarsi dall'evento, contraria alla partecipazione di persone con il volto coperto da passamontagna e all'esclusione degli uomini eterosessuali dagli interventi pubblici.

Le indagini proseguono, mentre il movimento "Non una di meno" denuncia quella che considera una criminalizzazione del dissenso: «Davvero la priorità della politica è ordinare alla Questura di Bergamo di indagare su alcune attiviste invece di preoccuparsi per le disuguaglianze che affliggono la comunità?», si chiedono le attiviste, promettendo di continuare a «lottare per servizi educativi e di inclusione sociale, per soluzioni abitative per tutte, per la libertà e i diritti».

Commenti
fulvio

aggiungiamoci anche il travisamento

Alessandro

Da quando in occidente si bruciano le foto di qualcuno in piazza per manifestare controqualcuno? Mi sembra che queste cose si facessero nei paesi islamici.. ma non hanno vergogna?? Ma andate in Iran o in qualche altro posto simile e vedrete come starete bene. Andate andate!

Matteo

Ma l'esclusione degli uomini eterosessuali non è una violenza di genere?

Stefano

...e come sempre, per la sinistra, la democrazia vale solo quando vincono loro...se vincono gli altri è sempre una "pericolosa deriva della destra". Non vi dico dove dovete andare, lo sapete già! ;)

Mariano Giusti

Con questa dittatura del politicamente corretto non si può piu dire niente

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