Primo nelle vendite

IPad, cinque anni di un gioiello (ne hanno venduti 1 miliardo)

IPad, cinque anni di un gioiello (ne hanno venduti 1 miliardo)
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Oggi, ma cinque anni fa, il mondo ebbe modo di conoscere l’allora ultimo gioiello di Apple: l’iPad. Oggi, nel senso di qualche giorno fa, ha raggiunto il miliardo di pezzi venduti. Nelle prossime settimane, ma di cinque anni fa, un certo numero di esperti di computer e notebook si era sintonizzato sul flop prossimo venturo del neonato marchingegno. Ma il 3 marzo dell’anno dopo Sarah Douglas e Andrew M. Goldstein titolavano un loro intervento su Blouin Artinfo: «Who's the Hottest Celebrity at the Armory Show? The iPad». L’Armory Show è una delle più importanti rassegne d’arte americane, e quell’anno il botto non lo avevano fatto un nuovo Picasso o una new entry cinese, ma la tavoletta ormai diventata una celebrity planetaria. Alla domanda circa le tendenze di quell’edizione Neil Wenman, direttore di  Hauser & Wirth, rispose di essere stato colpito dal numero di vendite realizzate in un sol giorno mostrando ai clienti le opere su un iPad: “Sta davvero cambiando il modo in cui le cose vengono fatte."
I fedeli accoliti dei notebook, invece, dovevano registrare uno stop dal quale non si sono ancora ripresi.

 

Sgomitare tra I-Phone e Apple Watch. E probabilmente non si riprenderanno mai perché al termine del 2014 l’ultimo vanto di Steve Jobs ha mostrato qualche segno di cedimento - il primo - nelle vendite, nonostante il modello più recente sia ancora più leggero, ancora più veloce, con uno schermo ancora più brillante dei precedenti. Colpa, si pensa del cugino iPhone che, aumentando quanto basta le proprie dimensioni, si presenta molto più agile e pratico nel rispondere alla maggioranza delle richieste comuni. E tra qualche tempo questo gladiatore del mercato che sembra non temere la pur agguerrita concorrenza coreana dovrà anche rintuzzare l’assalto dell’AppleWatch, che ha fatto capolino da poco sul mercato ma già lascia intendere di voler seguire il suo ancor giovane antenato alla conquista del mondo.

 

https://youtu.be/-LVf4wA9qX4

 

Dai bambini agli anziani. Che l’iPad avrebbe vinto lo si capì, del resto, molto prima dei fuochi d’artificio all’Armory Show. Nella primavera-estate dopo il lancio, non c’era manifestazione ippica o concorso di equitazione, riunione di golfisti o regata di prestigio in cui non si vedessero selve di mani alzate al cielo per tener ferma la tavoletta pronta a scattare foto di grande formato. E quando un prodotto si impone in ambiti del tipo appena descritto o equivalenti, è noto che non tarderà ad espandersi a macchia d’olio anche in ambienti più popolari. E infatti così fu. A far da traino all’arnese furono anche i bambini attratti da app(licazioni) che non solo permettevano loro di divertirsi e di tentare strade fino al momento impensate, ma convinsero anche i genitori delle potenzialità educative contenute nel nuovo mezzo. Che meraviglia! Era semplicissimo da usare e non rischiava di bloccarsi ogni due per tre come i computer usati per scrivere la tesi. Negli anni intercorsi fra l’università e la nascita del primo figlio il tempo aveva fatto registrare un’ulteriore accelerazione e il lessico stesso della tecnologia precedente si era fatto obsoleto. Anzi, ormai se ne poteva addirittura fare a meno, come si poteva tranquillamente dimenticarsi del cavetto USB che già aveva costituito un passo avanti incredibile rispetto alle precedenti attrezzature per la connessione. Anche i nonni potevano giocare sull’iPad coi nipotini, lieti che quella cosa permettesse loro di sentirsi adeguati alla contemporaneità pur avendo saltato a piè pari l’era precedente.

 

 

Le scuole. E venne infine il tempo della scuola, che invece di tenere a rigorosa distanza l’invenzione - come aveva fatto con l’informatica tradizionale - pensò che avrebbe potuto giovarsene non si dice grandemente, ma almeno utilmente. Iniziative pubbliche sul genere di Impara Digitale (nata a due anni di distanza dall’apparire di iPad) furono accolte con notevole attenzione anche dalle istituzioni in forza dell’estrema flessibilità e, soprattutto, della mobilità che lo strumento consentiva, così gradevole rispetto alla immobilità che i vecchi computer imponevano. La casa di Cupertino, d’altro canto, provvide a supportare la didattica con iniziative mondiali di grande impatto emotivo, ma non solo: a quel punto ogni scuola che non avesse voluto uscire dalla storia capì che doveva sostituire al più presto i vecchi cavi con la leggerezza del wi-fi e le biblioteche scolastiche con quelle virtuali. Che avevano fra l’altro il vantaggio di non subire furti. La partita era vinta.

 

 

Hard disk e nuvole. Se anche tra un paio d’anni nessun iPad dovesse essere venduto sulla terra nessuno avrebbe di che rammaricarsi: tutto quel che è stato prodotto nel frattempo sarà stato salvato nel Cloud, la Nuvola che ha sostituito i vecchi Hard Disk interni ed esterni e le chiavette d’ogni genere e tipo: con quale strumento ci dedicheremo a immettervi o a tirarne giù la nostra pioggia di dati non interessa più a nessuno (salvo le case produttrici). Sappiamo che ci vorranno al massimo due o tre giorni per imparare ad usarlo, che ci sarà sempre un amico disposto - perfino interessato - a svelarcene le magie, che saremo ancor più sorpresi della sua leggerezza, potenza e stabilità. Che altro potremo allora desiderare dalla vita? Forse che ci venga data la possibilità di inventare qualcosa anche noi, qualcosa che, però, non saremmo nemmeno in grado di pensare che potremmo inventare, perché questa appunto è stata la rivoluzione portata da iPad: la scoperta che c’era qualcuno che non solo progettava uno strumento in grado di soddisfare i desideri di un miliardo di persone, ma che li conosceva - quei desideri - prima ancora che venissero formulati nella testa degli interessati. Ha qualcosa di dantesco tutto ciò, di comunicazione tra spiriti del Paradiso. Dovremmo pensarci.

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