Pure la briciola Scelta Civica si è divisa

Italia, il Paese dei mille partitini Quante sigle tra Camera e Senato

Italia, il Paese dei mille partitini Quante sigle tra Camera e Senato
Pubblicato:
Aggiornato:

L’Italia, fin dall’inizio della sua storia repubblicana, è sempre stato un Paese politicamente molto sfaccettato: per quanto in tanti abbiano auspicato nel corso degli anni la nascita di un bipolarismo dominante, con due grandi forze rispettivamente di destra e di sinistra a sfidarsi alle elezioni, la proliferazione di un cospicuo numero di partiti a vocazione più o meno maggioritaria è sempre stata una costante ineluttabile. Pur sempre in un contesto, comunque, reso politicamente sostenibile dalla possibilità di unirsi in coalizioni. Ma oggi il limite del comprensibile si può pure dire che sia stato superato: al momento, infatti, in Italia è incalcolabile il numero di sigle, partiti e gruppi parlamentari esistenti, basti pensare che solo nel corso dell’attuale legislatura, cominciata nel febbraio del 2013, hanno vista la luce ben 30 nuove formazioni politiche. Al di là del lato ironico se non addirittura grottesco della cosa, una situazione del genere è indice, al fondo, di una cosa sola: l’identità politica, in questo momento, non esiste.

 

 

Partiti come fossero funghi. Cronologicamente parlando, l’ultimo bebè politico venuto al mondo è quello messo in piedi da Denis Verdini, fuggiasco da Forza Italia per dissapori con la leadership, dicono quelli buoni, o per dare una mano ai traballanti numeri di Renzi al Senato (e stavolta sono i maliziosi a parlare). Questo nuovo soggetto dovrebbe chiamarsi Azione liberale (o Azione liberale per le autonomie), e il suo credo ispiratore non è ancora del tutto chiaro, e chissà se mai lo sarà. Rimanendo a destra, notizia degli ultimi giorni è la rinascita di un qualcosa che dovrebbe assomigliare molto all’An di un tempo, quella di Gianfranco Fini: e grazie al cielo che a qualcuno è venuta l’idea di mettersi assieme, perché si tratta di una sigla che dovrebbe riunire 24 mini partiti già esistenti.

 

 

Rotondi, 7 partiti. Uno a cui da sempre piace fondare nuovi partiti e Gianfranco Rotondi, che vanta sul proprio curriculum l’appartenenza (si fa per dire) a Dc, Ppi, Cdu, Udc, Dc per le autonomie, Forza Italia, Pdl. L’ultimo statuto firmato da Rotondi è quello che ha ufficializzato la nascita del Movimento Rivoluzione Cristiana, che sembra un po’ Paolo VI e un po’ Francesco: vedremo se riuscirà nell’intento di coalizzare i cattolici in Parlamento. Come non citare, inoltre, Conservatori e Riformisti (già il nome lascia piuttosto spiazzati) di Raffaele Fitto, il dissidente numero uno di Forza Italia, così come Italia del Fare/Popolo del Fare/Fare! (il nome è in fase di votazione online) dell’anch’egli dissidente, ma sta volta leghista, Flavio Tosi. Spostandosi un poco più al centro, dove Scelta Civica, sempre più destinata all’oblio politico dopo aver assistito alla fuga della propria frangia popolare guidata da Mario Mauro, cerca nuovi simboli e nuovi nomi. Anche perché Lorenzo Dellai, un altro che ha voltato le spalle a Monti, ha già messo in piedi Democrazia Solidale.

 

 

Pure a sinistra non si scherza. A sinistra non è possibile assistere ad una straordinaria fecondità come nel centrodestra, ma le statistiche demografiche sono comunque nettamente in rialzo. Gli scontenti del nuovo corso renziano del Pd non intendono stare con le mani in mano, e allora ecco che Pippo Civati, galvanizzato dal travolgente successo di Podemos in Spagna, ha dato vita a Possibile (un trionfo di fantasia non indifferente), mentre Stefano Fassina non è ancora stato avvistato dalle parti dell’anagrafe parlamentare, ma c’è chi giura che è un appuntamento solo rimandato. Maurizio Landini ha lanciato Coalizione sociale, che non vuole essere né un partito né un movimento, ma una sorta di mobilitazione permanente (chiaro, no?). E poi largo a Grandi autonomie e libertà, un gran calderone che raccoglie ex dipietristi, ex socialisti, ex verdi, membri di Grande Sud, di Vittime della giustizia e del fisco, nonché i due leocorni. Chiudono il cerchio i vari gruppi/partiti nati da tutti coloro che se la son data a gambe levate dal M5S, come Alternativa libera o Gruppo azione e partecipazione popolare.

 

 

Più che partiti, occorrono identità chiare. Come detto all’inizio, al di là delle ironie, ciò che evidenzia questo proliferare di nuove formazioni è l’assenza di chiare e definite identità politiche. Tanti di questi nuovi partiti nascono per essere stampella di qualcun altro, per ripicca nei confronti di chissà chi, o semplicemente perché non si sa dove andare: si capisce benissimo come progetti di questo tipo non possano avere alcun tipo di futuro politico. Gli stessi grandi partiti dovrebbero interrogarsi su questo fenomeno, poiché vedono i propri gruppi in perenne emorragia di parlamentari per causa di questioni personali, mancati riconoscimenti e altre varie ed eventuali ragioni; e questo perché le stesse grandi formazioni non possiedono un’identità forte, definita e calamitante che permetta ai propri componenti di andare oltre il semplice calcolo personale in forza di un ideale condiviso. Chi oggi sarebbe in grado di dire cos’è il Pd? O cos’è Forza Italia? O cosa rappresentano davvero, al di là delle battaglie su singole questioni come euro o immigrazione, Lega Nord e M5S? È su questo, forse, che la politica dovrebbe riflettere prima di qualsiasi altra cosa.

Seguici sui nostri canali