col pretesto di una vaccinazione

Kenya, altolà all'Oms che voleva sterilizzare milioni di donne

Kenya, altolà all'Oms che voleva sterilizzare milioni di donne
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La campagna di vaccinazione antitetanica che aveva alimentato il sospetto di un piano di sterilizzazione di massa è stata fermata dal governo kenyota in seguito alle proteste sollevate dai vescovi locali e dall’associazione dei medici cattolici. Un incontro tra vescovi, medici e rappresentanti del governo è riuscito a far chiarezza sulla situazione. La denuncia, partita già ad aprile, era rivolta, oltre al governo, all’Organizzazione Mondiale della Sanità e all’Unicef, finiti sotto accusa per aver finanziato un progetto che interessava complessivamente 2,3 milioni di donne dai 14 ai 49 anni e arrivato finora a vaccinare la metà delle interessate. Erano stati fatti analizzare i campioni di vaccino ed era risultato che contengono la subunità Beta HCG che combinata con il vaccino antitetanico provoca l’aborto. Le dosi da iniettare sono 5 e finora si era arrivati a somministrarne 3. I vescovi, nel frattempo, avevano lanciando una campagna per convincere le donne a rifiutare il vaccino prima di arrivare alla quinta dose. L’HCG è una sostanza che simula un ormone naturale che viene prodotto dalle donne incinte, causando così la produzione di anticorpi contro la stessa sostanza. Quando le donne avrebbero iniziato una gravidanza e prodotto il proprio naturale ormone HCG, questo avrebbe scatenato una risposta anti-corporale che avrebbe procurato un aborto spontaneo. Ma solo con la somministrazione di 5 dosi. L’intervento dei vescovi e dei medici cattolici è riuscito dunque a bloccare la prosecuzione della campagna di vaccinazione prima che fosse troppo tardi.

I sospetti per la campagna silenziosa. A destare sospetto nei vescovi e nei medici cattolici era stato il fatto che la campagna era partita in sordina, a differenza delle altre campagne di vaccinazione che solitamente avevano previsto una serie di incontri a scopo informativo per sensibilizzare la popolazione. A maggior ragione sarebbe stato opportuno coinvolgere i vescovi dal momento che in Kenya la chiesa cattolica gestisce 58 ospedali, 83 centri sanitari, 311 dispensari e 17 scuole mediche e infermieristiche. È il secondo ente, dopo lo Stato, a fornire assistenza medica alla popolazione, ed ha partecipato ad altre campagne di vaccinazione, come quella contro la polio, e in altre occasioni le strutture sanitarie cattoliche avevano dato il loro contributo alle vaccinazioni. Invece questa volta nessuno aveva interpellato le strutture della Chiesa e la campagna di vaccinazione era stata portata avanti quasi con segretezza e senza che il governo avesse preventivamente controllato il contenuto dei vaccini. I pochi medici autorizzati alla somministrazione arrivavano scortati dalla polizia, eseguivano le iniezioni e se ne andavano senza lasciare traccia di quanto iniettato.

Inoltre queste vaccinazioni avevano escluso i maschi e le bambine sotto i 13 anni, che in teoria sono i soggetti più esposti al rischio di danno letale da infezione da tetano. L’attuale campagna prevedeva 5 somministrazioni nell’arco di oltre 2 anni, quando in realtà solitamente le somministrazioni sono 3.

Il portavoce dell’Associazione Medici Cattolici Kenyoti, dottor Muhame Ngare, del Mercy Medical Centre di Nairobi aveva dichiarato che solitamente il vaccino antitetanico viene somministrato a chiunque si rechi in ospedale con ferite aperte, e dopo la prima dose si effettuano un paio di richiami a distanza di due o tre anni. Non era mai successo che si vaccinassero solo le donne in età fertile.

Il tetano neonatale. In Kenya, peraltro, non è in corso un’epidemia di tetano, il Governo stima che ogni anno muoiano 550 bambini per questa causa su oltre 44 milioni di persone. le priorità sanitarie sono ben altre, tra cui la malaria e l’Aids. Pertanto non si spiegava il motivo per cui ci fosse una campagna di vaccinazione di massa contro il tetano. Il sito dell’Unicef che finanzia l’operazione insieme all’Oms, riporta che è in corso una lotta al tetano neonatale. Per i bambini la prassi in Kenya prevede che si aspettino le 6 settimane di vita del bambino prima di vaccinarlo. Sul sito dell’Unicef, che mira a sconfiggere il tetano neonatale nel mondo entro il 2015, si legge che il tetano causa la morte di “un neonato ogni 9 minuti” e che “quasi tutte le vittime appartengono a famiglie povere che vivono nelle aree e nelle comunità più svantaggiate. La malattia, che può facilmente essere prevenuta somministrando un vaccino alla donna in gravidanza, si trasmette al bambino quando il parto avviene in condizioni non igieniche, per esempio quando vengono usati materiali non sterilizzati per tagliare il cordone ombelicale. A questo punto, anche la vita della madre è in pericolo. Con almeno tre dosi di vaccino, dal costo complessivo di soli 2 dollari, una madre il suo bambino restano protetti per 5 anni”. Appunto, tre e non cinque.

 

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Creazione di una commissione d’inchiesta Dopo le pressioni della Chiesa locale il Ministero della Salute kenyota ha istituito una commissione di inchiesta per fare luce su questa controversa campagna nazionale di vaccinazioni, nella quale ci si aspetta che entrino a far parte i rappresentanti della Conferenza Episcopale e dell’associazione di medici cattolici. Tuttavia il governo insisteva nel dire che la campagna era del tutto sicura. Addirittura il ministro della Salute aveva dichiarato che avrebbe consigliato il vaccino a sua moglie e a sua figlia. Finora, però, le due donne non erano ancora state fatte vaccinare.  Stephen Karanja, presidente dell’Associazione dei medici cattolici del Kenya e membro del consiglio esecutivo della commissione Salute della Conferenza episcopale del paese, ha spiegato al sito Tempi.it che di fronte all’evidenza dei risultati scientifici non è stato possibile per il governo fare altro che bloccare la campagna di vaccinazione.

I precedenti. Non era la prima volta che si utilizzava una metodologia simile. Filippine, Nicaragua e Messico sono stati interessati dal fenomeno dal 1993 al 1994 e gli effetti abortivi si sono verificati 3 anni dopo. In Kenya si era già provato a introdurre questo metodo di vaccinazione negli anni ’90, ma il governo venne avvisato per tempo dai medici cattolici e anche quella volta fermò il piano.

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