Basta regali agli estremisti

La chiusura di Trump agli islamici mette a rischio i cristiani d'oriente

La chiusura di Trump agli islamici mette a rischio i cristiani d'oriente
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Lo ha subito detto il ministro iraniano degli esteri Mohammad Javad Zarif appena si è diffusa la notizia del blocco dei visti di ingresso negli USA per i cittadini di sette paesi a maggioranza musulmana. Trump ha affermato di averlo fatto per “proteggere” gli Stati Uniti dai terroristi islamici. E di fronte al putiferio che si è scatenato ha twittato che "molti cristiani sono morti nel Medio Oriente. Non possiamo permettere a questo terrore di proseguire”.

Negli States questa affermazione ha trovato molti sostenitori fra i suoi elettori che avendo frequentato le scuole americane ignorano innocentemente la realtà delle altre culture in giro per il mondo. Ricordano i militari mandati in Iraq con scarsissime nozioni geo-etnografiche sui luoghi in cui avrebbero operato che, intervistati da una giornalista embedded, parlavano del tutto ingenuamente dei loro progetti per l’estate che sarebbe arrivata nel giro di pochi mesi. A noi europei sembravano assolutamente inconsapevoli della situazione in cui si erano cacciati.

 

 

Giovedì 2 febbraio il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Sako, ha condannato il provvedimento di Trump perché ha diffuso molto timore fra i cristiani in Medio Oriente che faticano già a difendersi dall’accusa di essere protetti dagli occidentali. Da quel felice giorno del 2001 in cui George W. Bush chiamò “crociata” la guerra contro l’Afghanistan dopo che i kamikaze sauditi attaccarono le Torri gemelle. Il patriarca Sako ha deprecato la discriminazione di rifugiati in base alla religione perché non può che portare violenza e vendette contro i cristiani che vivono in Medio Oriente, fomentando l’idea che sia in atto una guerra dell’Occidente contro l’Islam.

Anche padre Georges Massouh, del centro islamo-cristiano dell’Università di Balamand in Libano, ha affermato che facilitare i cristiani da parte dell’America “non è sicuramente un servizio per le comunità dei fedeli del Medio Oriente”. Egli, che ha appesa dietro la sua scrivania un’icona di San Giovanni Damasceno con un meraviglioso turbante, di un santo che parlava e scriveva in arabo oltre che in greco, lavora da anni sotto la sua protezione per mettere insieme la tradizione della Chiesa di Antiochia, l’identità nazionale libanese e quella araba.

 

 

“Si tratta di una decisione a forte propensione razzista che non mancherà di esacerbare l’odio e l’estremismo”, ha affermato Massouh in una intervista ad un giornale di Beirut. E non saranno i cristiani rigorosi e per bene del Nord America a farne le spese ma quelli dell’Oriente, riproducendo la situazione di quando le potenze occidentali si coalizzarono contro l’Impero ottomano con la scusa di difendere le minoranze.

Già Barack Obama aveva appoggiato le primavere arabe con il risultato di trovarsi a sostenere i Fratelli musulmani che in Egitto attaccarono chiese e cristiani in tutto il Paese. Come spiega molto bene padre Bernardo Cervellera: ”La continuità fra presidenti repubblicani e democratici sta nel fomentare e sostenere una guerra fra l’Occidente (americano) e il mondo islamico, senza curarsi che il terrorismo estremista poi si vendichi sui cristiani”.

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