Difesa di Bossetti, ultimo atto «Va assolto, il Dna non dice nulla»

Ennesima udienza del processo nei confronti di Massimo Bossetti, l'uomo accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio. Il 10 giugno, al Tribunale di Bergamo, hanno parlato ancora una volta gli avvocati difensori dell'imputato, ovvero i legali Claudio Salvagni e Paolo Camporini, che hanno continuato le arringhe iniziate nella precedente udienza. Il loro obiettivo è controbattere, colpo su colpo, a quanto affermato dal pm Letizia Ruggeri nella propria requisitoria, durata ben due udienze per una durata complessiva di 13 ore. In aula erano presenti anche la moglie di Bossetti, Marita Comi, e il fratello di lei, Agostino.
«Bossetti è un testone, ma non mente». La difesa ha ripercorso le varie udienze, sottolineando le testimonianze chiave e, soprattutto, che «nessuno ha mai visto Yara con Bossetti, o Yara salire sul furgone di Bossetti». Camporini ha poi affermato: «Massimo, fin dall’inizio, ha scelto la strada della sincerità: avrebbe potuto dire che si conoscevano e, quindi, che il Dna poteva derivare da un contatto. Invece è un testone, bergamasco, un crucco e ha deciso di non mentire: non l’ha mai vista né conosciuta». L’avvocato ha poi ribaltato la ricostruzione dell’omicidio data dall’accusa, criticando duramente il comandante dei Ris Giampietro Lago, contestando le analisi sui tessuti dei leggins e sugli indumenti di Yara: «Si tratta di un’indagine tutta da riscrivere» ha detto più volte Camporini. «Massimo Bossetti è stato rivoltato come un calzino: mai trovata traccia di sangue di Yara, ma nulla che possa collegarlo alla ragazza». La versione dei legali difensori è lontana da quella fornita dall'accusa: «Non vorrete credere - ha affermato Camporini guardando i giudici della Corte - alla favola che al buio, sotto l’acqua e la neve, nel campo infangato, l’assassino abbia alzato la maglietta per uccidere?». Per gli inquirenti, infatti, lì è morta Yara, di freddo e stenti dopo che l’assassino l’ha colpita in più punti con un coltello sollevandole giubbotto e maglietta. Gli indumenti, infatti, non sono strappati come i leggings. Per i difensori, invece, l’omicidio è stato invece consumato altrove: «I vestiti della ragazza non sono sporchi di fango. Yara è stata spogliata e rivestita in un altro posto, in un altro contesto. È l’ipotesi più credibile. Non ci sono tracce di erba nelle ferite, ma ci sono fibre. Il corpo deve essere stato avvolto in un telo e poi scaricato. La stessa Cattaneo (l’anatomopatologa che ha eseguito l’autopsia, ndr) non ha escluso questa possibilità».
«Indagini totalmente da riscrivere». Camporini ha continuato: «Si tratta di tutt’altra storia: vi è un altro luogo, vi è l’ipotesi della presenza di più persone. Questo comporterebbe tutt’altra indagine». L’avvocato ha fatto rilevare come sull’Iveco Daily di Bossetti «non è stata trovata nessuna traccia di sangue. È una dato molto significativo. Il sangue non si cancella, anche dopo anni. Queste indagini sono completamente da riscrivere». Come spiega il Corriere della Sera, Camporini ha poi parlato di «falsificazione della realtà» in riferimento a uno degli indizi presentati dall’accusa, quello delle fibre e delle sferette trovate su Yara. Per gli inquirenti, le fibre sarebbero frammenti del tessuto che riveste il furgone di Bossetti e il passaggio sarebbe avvenuto per contatto. La difesa ha invece evidenziato come quelle fibre «sono uguali a quelle di 150 mila altri furgoni». «Non ci interessano le somiglianze - attacca Camporini -, ci interessa che siano le fibre del furgone di Bossetti». Quanto alle particelle di metallo, per la difesa non è dimostrato che arrivino dal mezzo del carpentiere.
«L'assassino è un predatore sessuale, non Bossetti». Claudio Salvagni ha poi preso la parola per soffermarsi sulla corrispondenza intrattenuta da Bossetti con un'altra carcerata di Bergamo, lettere in cui, secondo il pm, traspare l'ossessione per il sesso dell'imputato. Salvagni ha fatto notare come l'accusa ne abbia «sottolineato l’aspetto pruriginoso» per «far passare l’idea di un predatore sessuale». Per l’avvocato, invece, in molte di queste lettere traspare un «tono sussiegoso» e compaiono «pensieri di disperazione e sconforto». Insomma, «temi ben lontani dalla violenza» che caratterizza, invece, «un predatore sessuale». Su questo argomenti, Camporini ha poi citato dei testi dell’Fbi recepiti dalla Unità Anti Crimini violenti della polizia, per sostenere che, poiché quello di Yara è stato un omicidio «commesso da un sadico», l’autore non può essere Massimo Bossetti. Il legale ha spiegato come in base a quei testi, chi commette delitti di questo genere abbia un «quoziente intellettivo basso» mentre Bossetti è definito dall'accusa come furbo e scaltro. Chi commette reati di questo genere è «lontano dalla vita reale, è un tipo strano, con abitudini notturne. Bossetti non usciva praticamente di casa e forse ha bevuto una birra in un supermercato: era solo casa e lavoro, quasi fosse ai domiciliari».
«Sul Dna ci hanno preso in giro». Nel pomeriggio è stato Claudio Salvagni a portare al centro della discussione la "prova principe", secondo l'accusa, della colpevolezza di Bossetti: il suo Dna rinvenuto sul corpo di Yara. L'avvocato è stato durissimo: «Siamo stati presi in giro sul dna: le anomalie sono evidenti e nessuno ha però mai detto che si è sbagliato». Salvagni ha spiegato che sul corpo di Yara «sono stati trovati dieci profili genetici diversi» e ha contestato anche l’affidabilità dei test di laboratorio, ventilando l’ipotesi che sia stato utilizzato materiale non idoneo e parlando di «possibili contaminazioni nei laboratori». È stato poi aggiunto: «In questo processo è stato chiesto l’ergastolo, non dimentichiamolo. Ma ci troviamo di a fronte a un puzzle in cui alcune tessere non entrano al posto giusto, vengono incastrate a piacimento. Tutto si basa su un Dna sul quale la difesa non ha potuto interloquire. Un atto di fede così non lo facciamo».
«Bossetti va assolto». Proprio sul Dna arriva l'attacco più duro della difesa all'accusa. Camporini ha dichiarato: «Con quello che è emerso in questo processo, a livello di diritto Bossetti va assolto. Per condannare una persona gli indizi devono essere gravi, precisi e concordanti. Qui è tutto incerto: movente, luogo della morte e come Yara è stata uccisa. Anche l’indizio ritenuto più grave dall’accusa, cioè il Dna, è impreciso». Poi è stato Salvagni a continuare: «Questa indagine non è utilizzabile contro Massimo Bossetti, perché c’è un mezzo Dna, per altro inquinato. La scienza deve dare certezze granitiche, mentre questo è il processo delle anomalie». L’avvocato le elenca: la natura non precisata della traccia da cui è stato estratto il Dna di Ignoto 1, il fatto che si parli di tracce miste «anche quando non lo sono», il mitocondriale «sparito» e la «contaminazione». Quando sono stati eseguiti i test su Ignoto 1, riferisce Salvagni, l’esame ha dato per tre volte lo stesso risultato, «ma nel controllo negativo (cioè la controprova che si effettua per togliere ogni dubbio, ndr) c’è qualcosa di anomalo, dei picchi che indicano che ci sono state contaminazioni». E poi: «Si è detto forse troppe volte sottovoce, ma qui c’è un altro Dna mitocondriale, che non è quello di Bossetti». Per i consulenti della procura si tratta di una sottotraccia non interpretabile, che non cambia il valore di Ignoto 1. Per la difesa un ulteriore «tallone d’Achille».
«Non c'è mai stata pedopornografia». L’avvocato Paolo Camporini, parlando delle ricerche trovate nei computer del muratore di Mapello, ha invece chiesto che «sparisca la parola pedopornografia da questo processo». Il legale ha sottolineato che nessuna delle ricerche trovate ha tema pedopornografico ma che si tratta invece di «ricerche che si possono trovare nei computer di tutti gli adulti». Le ricerche sarebbero rare, ma soprattutto «successive» alla sparizione e al ritrovamento del cadavere della 13enne di Brembate Sopra. Sarebbero tre o quattro in tutto il periodo preso in considerazione.
«Non ha accusato il collega, si stava solo difendendo». Nel tardo pomeriggio, come riporta L'Eco di Bergamo, l’avvocato Paolo Camporini ha parlato anche dell’accusa di calunnia nei confronti di Bossetti, il quale dopo l’arresto aveva indirizzato gli inquirenti verso il collega Maggioni. «Bossetti in quelle ore era in uno stato di incapacità di intendere e di volere, dovuto a una condizione di stress emotivo in seguito all’arresto e alla campagna denigratoria che stava distruggendo lui e i suoi affetti. Si stava difendendo, cercava di assecondare gli inquirenti fornendo un’ipotesi alternativa, e ha accusato il collega senza volerlo». E comunque «non lo ha accusato di aver commesso l’omicidio» ha evidenziato Camporini.
Nella prossima udienza, fissata per il 17 giugno, ci saranno le repliche delle parti. Poi, l'1 luglio, la Corte d'Assise presieduta dal giudice Antonella Bertoja si riunirà in camera di consiglio per emettera la sentenza di primo grado. Come hanno però annunciato Salvagni e Camporini, prima, molto probabilmente, Bossetti vorrà fare una dichiarazione spontanea proprio ai giudici, per rimarcare una volta in più la propria innocenza.