La guerra in Libia e i timori italiani

«Da qui partiamo per Roma» Minaccia dell'Isis in fuga da Sirte

«Da qui partiamo per Roma» Minaccia dell'Isis in fuga da Sirte
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«Sirte porto per Roma». Tradotto suona più o meno così la minacciosa scritta apparsa, in arabo, su alcuni muri alle porte di Sirte all’indomani del giorno in cui la città è stata quasi del tutto liberata dal giogo dell’Isis da parte delle milizie libiche fedeli al governo di Al Serraj. Una scritta che i miliziani hanno fotografato e affidato ai social network. Pare inoltre che i miliziani in fuga da Sirte cerchino la fuga per mare, il che ha messo non poco in allarme l’Italia, data la vicinanza con le coste libiche. Per il timore che sulle spiagge italiane approdino jihadisti, il comando generale della Guardia costiera ha chiesto alle autorità portuali di innalzare il livello di sicurezza da 1 a 2 su una scala di 3.

Che il nuovo scenario venutosi a creare in Libia possa comportare rischi per il nostro Paese lo ha confermato anche il presidente del Copasir, il parlamentare bergamasco Giacomo Stucchi, secondo il quale «cresce oggettivamente» il pericolo che militanti jihadisti possano fuggire in Europa anche via mare «cresce. In un'intervista all'agenzia Agi, Stucchi ha dichiarato che se «a lungo è stato altamente improbabile, se non impossibile che Daesh facesse viaggiare suoi affiliati sui barconi, esponendo ai rischi oggettivamente alti della traversata uomini su cui aveva investito in tempo e soldi», oggi si è «in pieno caos, e nella fuga dalla Libia quelli che non sono diretti verso sud potrebbero anche decidere di tentare la carta del viaggio in mare verso l’Europa. Sono cani sciolti, gente allo sbando, che scappa, poi si tratta di capire quali intenzioni ha chi dovesse davvero arrivare in questo modo: semplicemente far perdere le proprie tracce oppure voler continuare a “combattere” in nome della propria causa?».

Isis sconfitto quasi definitivamente. L’Isis a Sirte è stato quasi del tutto sconfitto, le milizie lealiste, soprattutto quelle di Misurata, con la collaborazione degli europei e grazie ai bombardamenti americani, hanno preso il controllo del quartier generale degli islamisti a Ouagadougou. L’Isis è accerchiato su tutti i fronti, di terra e di mare, come ha affermato al sito Alwasat il portavoce delle milizie governative, generale Mohamed al Ghasri, che ha anche aggiunto: «Il contingente si è ridotto sensibilmente, gli jihadisti sono al collasso».

Libia: ammainate bandiere Isis in aree conquistate a Sirte
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Libia: ammainate bandiere Isis in aree conquistate a Sirte
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Libia: ammainate bandiere Isis in aree conquistate a Sirte
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Libia:milizie,Isis accerchiato a Sirte,è al collasso
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Situazione per niente tranquilla. Anche se a Sirte, quindi, rimangono pochissimi islamisti, arroccati in alcuni palazzi, la situazione è tutt’altro che tranquilla, almeno per quanto riguarda il futuro. L’inviato Onu per la Libia, Martin Kobler, ha dichiarato al giornale svizzero Neue Zercher Zeitung che «I raid aerei americani a Sirte non possono sconfiggere l'Isis. La lotta deve essere condotta dai libici e realizzata con truppe di terra». E anche ammesso che si sconfigga definitivamente l’Isis, rimane da fare i conti con le altre sacche di estremismo radicate da anni nel Paese, tra le quali spicca Ansar al Sharia, considerata tra i gruppi più radicali. Nella sua intervista, Kobler confida le sue perplessità sulla tenuta del governo di unità nazionale (Gna) che «impone difficilmente la sua autorità in un Paese con profonde rivalità politiche e militari e la moltiplicazione dei blackout e la svalutazione della moneta locale penalizza le importazioni di beni di prima necessità».

Guerra su tre fronti. Il caos libico, infatti, è assai intricato poiché vede contrapposti tre differenti fronti (il governo di unità nazionale di AL Serraj, riconosciuto dalla comunità internazionale, quello “di Tobruk” il cui braccio armato è rappresentato del generale Khalifa Haftar, e l’Isis). In questo contesto bellico nel Paese regna una forte frammentazione che sfugge a ogni controllo: si stima siano oltre 130 le milizie tribali che vogliono controllare dai pozzi petroliferi alle risorse idriche.

 

Libia:milizie,Isis accerchiato a Sirte,è al collasso

 

Il ruolo italiano. Fin dalla nascita del nuovo governo, l'Italia ha sempre affermato che un intervento militare in Libia, ex colonia, sarebbe stato possibile solo se il premier Al Serraj ne avesse fatto richiesta. Quando la scorsa settimana gli Stati Uniti hanno deciso di intervenire, Roma non ha escluso la disponibilità a concedere le basi aeree per il decollo dei droni armati. E più volte si è parlato della presenza di militari italiani nel Paese, ufficialmente per proteggere i terminal petroliferi delle aziende italiane. Quello che realmente il premier Al Serraj ha chiesto all’Italia, però, lo ha riportato qualche giorno fa il Corriere della Sera: non servono truppe, bensì aiuti umanitari e ospedali da campo. Serraj ha inoltre chiesto a Roma «di trattare e curare nei suoi ospedali i nostri feriti di guerra», poiché «I nostri uomini possono fare da soli un volta ottenuta la copertura dall’aria: ho chiesto solo l’intervento con attacchi aerei Usa che devono essere molto chirurgici e limitati».

Chi sono gli italiani presenti. È notizia ufficiale che le forze speciali italiane siano già sul suolo libico con la funzione di scorta e di addestramento. Anche se già nel recente passato è stata registrata la presenza degli incursori del Comsubin della Marina, del 9° reggimento Col Moschin dell’Esercito, del 17° stormo incursori dell’Aeronautica e del Gis dei Carabinieri, impegnati tra Tripoli, Bengasi e Misurata. Il loro ruolo sarebbe stato quello di addestramento, soprattutto per lo sminamento dei terreni e per carpire informazioni di intelligence. Dal 10 agosto, però, si rende necessaria anche la presenza dei carabinieri del Tuscania, che hanno il ruolo di difendere l’Ambasciata italiana che potrebbe essere riaperta a breve con la nomina di un nuovo ambasciatore, Giuseppe Perrone, molto gradito agli Stati Uniti.

 

Libia:milizie,Isis accerchiato a Sirte,è al collasso

 

La polemica. Sulla presenza degli italiani in Libia è montata un’accesa polemica, con gli esponenti del Movimento 5 Stelle che hanno accusato il governo di «tenere nascosta la verità al Paese». Ma un decreto firmato lo scorso febbraio dal premier Renzi prevede che il governo possa inviare truppe appartenenti ai corpi speciali sotto il comando dell’Aise, cioè dei Servizi Segreti, che rispondono direttamente al presidente del Consiglio. Nei giorni scorsi erano circolate indiscrezioni di stampa su un dossier definito “segreto” consegnato al Copasir, che tuttavia erano state definite inesatte sia dal presidente Giacomo Stucchi sia dal generale Al Ghasri delle milizie libiche impegnate a Sirte. Al momento, quindi, sembra che il governo abbia deciso di intraprendere un intervento militare contrassegnato dal “basso profilo”, che si noti il meno possibile, almeno nei proclami.