Dopo tutto questo

La lettera della catechista Elena: «Ora mi sento nembrese e sono fiera di esserlo»

Arrivata in Val Seriana 19 anni fa da Vicenza, racconta che non è stato per niente facile ambientarsi nella realtà bergamasca. «Dopo l’esperienza della pandemia, mi sento parte integrante della comunità. Questo amore è cresciuto lentamente negli anni»

La lettera della catechista Elena: «Ora mi sento nembrese e sono fiera di esserlo»
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di Elena Conti

Nascere in un paese, passarci l’infanzia e la giovinezza e trascorrere lì la prima parte della propria vita, per poi all'improvviso trasferirsi da un’altra parte. Non è un’esperienza facile. Ci si guarda attorno con smarrimento, ripensando con nostalgia agli amici e ai vecchi colleghi di lavoro. Si esce dalla porta di casa e i vicini non sono gli stessi, si cerca di frequentare i luoghi di aggregazione per stringere legami.

E poi si sa, i bergamaschi non hanno un carattere semplice. Ma hanno un grande cuore e lo hanno dimostrato, ancora una volta, durante la pandemia. A Nembro, soprattutto, la furia del Covid ha avuto l’effetto di avvicinare le persone, che si prendevano cura le une delle altre senza dimenticare nessuno. La comunità non si è arresa, si è mostrata forte, coesa e solidale. Nessuno si è sentito abbandonato. Vogliamo pubblicare la lettera di Elena, 73 anni e nembrese d’adozione, che proprio nel periodo più buio e difficile della sua esperienza di vita a Nembro ha sentito tutto il sostegno e la vicinanza della comunità. Vorrebbe intitolarla “Lettera d’amore per i nembresi” e vuole dedicarla a chi, come lei, ha fatto fatica a inserirsi ma che ora Nembro «non la mollo più».

«Sono arrivata a Nembro alla fine del 1992 per riunirmi con quello che restava della mia famiglia: mia sorella e i suoi familiari. Non è stato facile inserirsi, prima nel mondo del lavoro così diverso da come lo ricordavo nella mia regione di origine: lavora, lavora, lavora. Non era quello che mi preoccupava, c’ero abituata, ma mi mancava il contatto con i colleghi, i capi con i quali ero abituata ad avere un rapporto diverso… più aperto e amichevole. Non che mancassero i problemi o le controversie, però fuori dal lavoro eravamo amici».

«Mi ha salvato l’oratorio, pressoché inesistente nella mia città natale. Ho cominciato a frequentarlo e sono diventata catechista. Sono stati anni bellissimi che ricordo ancora adesso con tanta nostalgia ed emozione. Il contatto con i bambini e i ragazzi, immedesimarmi in loro, usare il loro linguaggio e usare i personaggi di libri (Harry Potter) o film e cartoni per spiegare Gesù e la vita. Quanta emozione e impegno ho messo in quell'incarico!».

«Soddisfazioni… tante, anzi, tantissime. Quelle ore in oratorio mi hanno aiutato a uscire dal mio guscio e a far uscire gli altri catechisti dal loro. Abbiamo imparato ad accettarci nelle nostre diversità di visione della vita e a volerci bene. Piano piano sono arrivati gli amici, preziosi come l’oro, i sorrisi, i saluti, le telefonate, gli incontri… ho cominciato a sentirmi a casa. Quando sono andata in pensione, ho smesso con l’oratorio (anche se un pezzo del mio cuore è rimasto lì), ho iniziato con la Casa di Riposo. Altra esperienza esaltante dove ho conosciuto ospiti che mi hanno insegnato e fatto riflettere tanto».

«Poi, dopo tanti anni, è arrivato il Covid e le luci si sono spente dappertutto. Momenti angoscianti, tristi, rumorosi per le sirene delle autoambulanze e per le campane che suonavano tristemente. Poi il silenzio, totale, assoluto. Ma, come sempre c’è un ma, l’oratorio ha fatto sentire la sua voce forte in streaming. Il nostro sindaco non ci ha abbandonati un giorno con le sue telefonate, il lavoro svolto da tutti i volontari, la catena di aiuto che si era sviluppata e io finalmente, dopo poco più di 19 anni, mi sono sentita nembrese e sono fiera di esserlo anche se non ripudio le mie origini».

«Sono Elena, sono nata e vissuta a Vicenza, sono cresciuta e maturata a Nembro. Grazie Nembro di avermi accolta».

L’articolo completo e altre notizie su Nembro alle pagine 27 e 32 del PrimaBergamo in edicola fino al 30 luglio, oppure sull'edizione digitale QUI.

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