L'annuncio: si vedranno il 12 febbraio

La «meraviglia» di padre Scalfi per l'incontro tra Francesco e Kirill

La «meraviglia» di padre Scalfi per l'incontro tra Francesco e Kirill
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Per padre Romano Scalfi il prossimo incontro tra papa Francesco e il patriarca Kirill «lo può spiegare più la Provvidenza che un ragionamento logico». Ieri Santa Sede e patriarcato di Mosca hanno emesso un comunicato congiunto, in cui davano notizia di quanto avverrà il prossimo 12 febbraio all’aeroporto José Martí di Cuba, quando appunto il Pontefice vedrà il patriarca di tutte le Russie, in un avvenimento di portata storica mai avvenuto prima d’ora. E la sorpresa per questo annuncio è stata grande anche qui, a Seriate, dove vive il fondatore di Russia Cristiana: l'associazione, che oggi ha sede nella bergamasca, è nata negli anni Cinquanta con lo scopo di far conoscere in Italia e in Europa la profondità spirituale dell’ortodossia russa. «La nostra attività ha sempre avuto come scopo fondamentale l’avvicinamento sostanziale e vero tra cattolici e ortodossi».

 

p.scalfi

 

Padre, cosa ha provato lei ieri nell’apprendere la notizia del prossimo incontro tra Papa Francesco e il patriarca Kirill?

«Il primo sentimento è stato di meraviglia, perché nessuno si aspettava così, all’improvviso, l’incontro fra il patriarca Kirill e il Papa. Ne nasce una speranza che credo abbia buoni fondamenti, perché questo Papa ha già avuto straordinari risultati nella sua visita a Cuba nel settembre scorso. Crediamo che questo potrà ripetersi anche nei rapporti tra Chiesa cattolica e ortodossa».

L’incontro avrà un’indubbia valenza storica e diplomatica. Quali conseguenze potrà avere, invece, in termini ecumenici?

«In termini ecumenici non sarà che positivo, perché il Papa desidera certamente l’avvicinamento agli ortodossi, e io credo che anche il Patriarca Kirill abbia la stessa volontà. Anche se la situazione non è oggi delle migliori, infatti l’esplodere del nazionalismo in Russia ha portato come conseguenza un clima di sospetto e disistima verso l’Occidente, e nell’Occidente rientra anche la Chiesa cattolica. Negli ultimi tempi si sono sentite diverse espressioni ostili all’indirizzo della Chiesa cattolica, certo dettate più dal nazionalismo che da una posizione antiecumenica. La base ecclesiale, viceversa, è costituita da gente disponibile a lavorare con i cattolici, praticando un’amicizia concreta che non si ferma alle dichiarazioni di principio. Noi stessi abbiamo sempre cercato un’amicizia concreta e viva con gli ortodossi, infatti a Mosca abbiamo un Centro culturale dove quotidianamente si incontrano cattolici e ortodossi per dialogare su tutto. E non troviamo mai motivi di contrasto».

 

Scalfi Omelia  Ser.98

 

Nel comunicato congiunto emesso da Vaticano e patriarcato di Mosca si parla di una lunga fase preparatoria dietro questo appuntamento. Perché si è arrivati proprio adesso all’incontro? Come ha visto strutturarsi e intessersi i rapporti durante questo periodo?

«Paradossalmente si è arrivati all’incontro proprio nel momento meno adatto, per il clima di sospetto esistente, clima che nasce da una posizione antioccidentale ispirata dalla politica governativa. Dunque, che si sia arrivati all’incontro proprio adesso lo può spiegare più la Provvidenza che un ragionamento logico. Ma il fatto che ci si sia giunti giustifica la speranza che di qui possa nascere una più grande amicizia. Non contano i proclami, ce ne sono stati tanti in questi ultimi anni. Occorre invece che questa amicizia venga consolidata da un rapporto reale, vivo, familiare. Al nostro centro culturale a Mosca, su una ventina di dipendenti solo due o tre sono cattolici, e tutti gli altri ortodossi: si lavora insieme in grande armonia e comprensione. È questa amicizia dal basso che bisogna consolidare, senza aspettare che i grandi teologi dicano la loro. Oggi abbiamo più che mai bisogno di una concreta amicizia tra cattolici e ortodossi. Qualcuno pensa che dietro all’incontro ci sia la volontà del governo russo di riavvicinarsi all’Occidente dopo la dura contrapposizione. Io non credo che dipenda tutto da una preoccupazione politica, ma che l’incontro tra il patriarca e il Papa nasca da un grande desiderio di amicizia e dalla volontà di riavvicinamento».

Abbiamo chiaro, in Italia, la spinta che vive il Papa per incontrare gli altri, così come il suo desiderio di avere una «Chiesa in uscita». Quali sono, invece, gli interessi della Chiesa ortodossa nel favorire un simile incontro?

«Se dobbiamo parlare della mentalità dominante in Russia, piuttosto antioccidentale, credo proprio che sia stata almeno in parte scalfita dalla volontà cordiale del Papa. Non so dirle se e quali calcoli qualcuno abbia fatto dentro la Chiesa ortodossa, ma quel che conta è che l’incontro viene dalla volontà cordiale del Pontefice di unire ciò che Cristo aveva sin dall’inizio unito, e che questo interesse è presente anche nella Chiesa ortodossa. Negli ultimi tempi si nota un crescente desiderio, tra molti intellettuali e semplici credenti, che la Chiesa non si preoccupi tanto della grandezza della Russia, ma di fare quello che le è veramente necessario, come mi ha detto un giorno un sacerdote ortodosso: che ciascuno di noi, cattolici e ortodossi, sia più profondamente se stesso, e Cristo ci unirà. Io credo che l’unità fra i cristiani sia impedita proprio dalle divisioni interne che ogni Chiesa si porta dentro; se c’è un desiderio e un’esperienza di unità nella propria Chiesa è impossibile non sentire il desiderio di essere in unità anche con l’altra Chiesa. C’è da sperare che questo incontro tra i due primati favorisca proprio l’amicizia concreta dal basso fra la gente».

 

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Come valuta la scelta di far avvenire l’incontro a Cuba? Perché è tanto importante per i due vedersi lontano dall’Europa dove si consumò la frizione tra le due Chiese?

«Cuba in quanto America latina e come ex Paese socialista è curiosamente vicina a entrambe le Chiese. Papa Francesco ci è già stato in visita e mi sembra che abbia ottenuto grandi cose, gettando dei ponti che non esistevano più. Del resto, al di là della superficie politica, la scelta di questo luogo esprime un movimento profondo che c’è sempre al cuore della Chiesa russa; i fatti di oggi dimostrano che non è difficile andare d’accordo con gli ortodossi quando c’è una passione comune per Cristo».

Per quale motivo anche nella Chiesa di Mosca trova grande considerazione il tema delle persecuzioni dei cristiani, tanto da aver spinto il patriarcato a favorire l’incontro in programma?

«A ben guardare l’attenzione per la persecuzione dei cristiani nella Chiesa russa ultimamente è stata un po’ contraddittoria. Da una parte si venerano i nuovi martiri del XX secolo, dall’altra la politica governativa, nella linea nazionalista che ha assunto attualmente, continua a riproporre l’esperienza sovietica come fonte di grandezza per la Russia. Ma nell’esperienza sovietica era presente massicciamente la persecuzione contro i cristiani, e dimenticare questo fatto contraddice gravemente la visione del martirio. Anche da questo punto di vista, penso che l’incontro di Cuba possa aiutare la Chiesa ortodossa a guardare il martirio come momento di distruzione, ma anche come autentica fonte di salvezza per il Paese».

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