Un fascicolo lungo 1300 pagine

La nuova bufera scommesse Di cosa si parla questa volta

La nuova bufera scommesse Di cosa si parla questa volta
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Parla di 50 arresti, 76 indagati e 28 partite truccate del campionato in corso il bilancio ancora provvisorio della maxi-operazione sul Calcioscommesse guidata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. L’inchiesta, denominata Dirty Soccer e documentata da un fascicolo di oltre 1300 pagine, ha preso piede nella notte portando ad arresti e perquisizioni in 21 province italiane. Sono 33 le squadre coinvolte in quella che, il procuratore federale Stefano Palazzi, ha definito «un’operazione per disinquinare il mondo del calcio».

Associazione a delinquere e 'ndrangheta. Andrea Grassi, con i suoi uomini del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, ha fermato circa cinquanta persone tra dirigenti, ex-dirigenti, allenatori e calciatori, che ora rischiano fino a 9 anni di carcere. Il capo d’accusa è associazione a delinquere, finalizzata alla frode sportiva, aggravata all’associazione mafiosa, e per alcuni indagati si aggiunge l’accusa di estorsione aggravata, sequestro di persona e minacce. Inoltre non mancano riferimenti alla ‘ndrangheta dietro a questo nuovo scandalo. Il questore di Catanzaro Giuseppe Racca infatti ha dichiarato che «una stabile organizzazione criminale grazie a calciatori, dirigenti e tesserati e non, ha messo in atto condotte finalizzate ad alterare i risultati di varie partite».

Le due associazioni criminali. Il provvedimento parla esplicitamente di «direttori sportivi infedeli alla loro funzione i quali, facendo leva sul loro ruolo all’interno delle società e sulla rete di relazioni e conoscenze che ne segue, alterano le gare di campionato, procurando e promettendo denaro o altre utilità ad allenatori e calciatori militanti nelle squadre partecipanti alle competizioni perché falsino le loro prestazioni alterando i risultati delle gare». Sono due le associazioni criminali dalle quali si articola tutta l’inchiesta.

La cosca Iannazzo e la serie D. Il primo gruppo criminale ruota attorno al Neapolis, squadra militante nel girone I della serie D, al suo presidente Mario Moxedano, al direttore sportivo Antonio Ciccarone e a Pietro Iannazzo. Quest’ultimo, dalle cui intercettazioni è partita tutta l’inchiesta, è un boss della ‘ndrangheta calabrese che la scorsa settimana è stato arrestato assieme a 43 membri della sua cosca, tra i quali l’imprenditore Franco Perri, vice presidente del Vigor Lamezia, squadra di media classifica della Lega Pro (Il direttore del Servizio centrale operativo ha parlato di «esorbitanti ramificazioni della ‘ndrangheta nel mondo dello sport»). Con lo scopo principale di «procurare la vittoria del campionato al Neapolis», i tre soggetti organizzavano frodi fondate su match falsati, sfruttando la rete di amicizie createsi con gli altri dirigenti delle squadre della lega.

Il ruolo degli slavi. Cittadini slavi svolgevano il ruolo di intermediari e cofinanziatori per le combine calcistiche, avvalendosi a volte di metodi mafiosi («capacità di intimidazione e assoggettamento»). Il sistema però ha investito anche altri gironi della serie D: venivano effettuate scommesse su gare falsate per lucrare su facili vincite, offrendo soffiate agli scommetitori (tra i quali si registrano anche calciatori). Moxedano e Ciccarone, venuti a conoscenza di un sistema speculare al loro di combine di partite, ordito per permettere al Brindisi Calcio di vincere il campionato (girone H), decidono di partecipare ad «un patto reciproco di mutua assistenza», ampliando così ancor più la rete criminale. Da queste intercettazioni gli inquirenti riescono a risalire ad un’associazione che riceve finanziamenti da Serbia, Malta e Russia.

Fabio Di Lauro e la Lega Pro. Si arriva così a Fabio Di Lauro, ex calciatore, che, come si legge dagli atti, ha come «campo di pertinenza la Lega Pro». Di Lauro faceva da intermediario tra i capitali degli scommessitori dell’est Europa e i dirigenti delle squadre di Lega Pro che, come accadeva in serie D, compivano frodi sulle partite. Dal Brindisi si passa alla Pro Patria, dove Mauro Ulizio (ex dg del Monza e “amico” di Di Lauro) sfruttava il fatto che il figlio giocasse nella prima squadra per “combinare” le gare, per poi allargarsi a gran parte della Lega Pro, cercando addirittura di arrivare alla serie A. Le intercettazioni documentano il tentativo fallito di combine anche su un match di Coppa Italia tra Pescara e Sassuolo (si parla di cifre come 100mila/150mila euro per finanziare la combina della partita). «Tramavano per estendere le combine al campionato di serie B e a gare più importanti», ha detto il procuratore della Repubblica di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo.

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